L’Italia sotto la lente dell’Ue: bene i conti, ora misure per la crescita

La Commissione europea mette nero su bianco una lista di raccomandazioni nei confronti dei Paesi dall’area euro, tra cui l’Italia. Per il nostro Paese la strada è quella giusta, ma non basta: servono riforme strutturali entro ottobre per occupazione, salario e credito alle Pmi

La strada è quella giusta, ma non c’è tempo per rilassarsi: già perché il livello del debito pubblico italiano sfiorerà il 120% del Pil nel 2011 e bisognerà essere pronti a intervenire, se necessario, con manovre correttive e sfruttare qualsiasi occasione per accelerare il ritmo di riduzione di deficit e debito. È quanto richiesto all’Italia dalla Commissione europea che, dopo la crisi, cerca un rafforzamento della propria governance economica e, per la prima volta, ha messo nero su bianco una lista di raccomandazioni per dare vita a un inedito coordinamento delle politiche economiche nazionali per ridurre gli squilibri interni tra i Paesi dell’Eurozona. Parte delle numerose raccomandazioni riguardano anche l’Italia. L’Europa giudica sì “credibile” il piano di consolidamento dei conti pubblici, ma solo fino al 2012: entro ottobre il nostro Paese deve varare nuovi interventi per il biennio 2013-2014. Inoltre, servono al più presto riforme strutturali per ridare slancio alla crescita, da troppi anni al di sotto della media europea, e utilizzare meglio i fondi Ue. Ma l’Unione chiede all’Italia di fissare tetti “vincolanti” alla spesa pubblica, rafforzando il controllo sulla pubblica amministrazione. Tra le “debolezze strutturali” evidenziate dall’Ue si segnala il divario Nord-Sud, che da molto tempo caratterizzano la nostra economia e che la crisi ha ulteriormente evidenziato. Per Bruxelles la priorità sono le riforme legate al mercato del lavoro che deve essere reso più flessibile, favorendo l’occupazione dei giovani e delle donne e combattendo il fenomeno del lavoro nero. Ma anche intervenendo sul fronte della contrattazione aziendale poiché, si legge nel documento, “bisogna assicurare che la crescita dei salari sia legata non solo alla produttività ma anche alle condizioni locali e delle aziende”. Bisogna poi agevolare le Pmi favorendo l’accesso al credito e ad altre forme di sostegno, nonché rimuovendo gli ostacoli burocratici.

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