Fondi Ue, l’Italia rischia di perdere 9,3 miliardi di euro

I dati della Cgia di Mestre sul programma dell’Unione europea: le regioni del Sud dimostrano di essere le “meno interessate” all’utilizzo dei fondi. E ancora: gli italiani danno più a Bruxelles di quello che ricevono, ma…

L’Italia rischia di perdere ben 9,3 miliardi di euro di fondi Ue. È l’allarme lanciato dalla Cgia di Mestre, la cui analisi si basa sull’elaborazione dei dati Open Coesione e RGS. Su una dotazione complessiva di ben 46,4 miliardi di euro, riferiti al programma 2007-2013, la spesa certificata al 31 dicembre 2015 (data entro la quale bisognava far ricorso a questi contributi) si è attestata a 37,1 miliardi (il 79.9%) del totale. Dei 9,3 miliardi in finanziamenti europei non certificati, 6,6 sono in capo alle Regioni e 2,7 miliardi di competenza dello Stato centrale. L’Ufficio studi della Cgia ricorda che le Regioni hanno comunque tempo fino al 31 marzo 2017 per presentare le pezze giustificative delle spese sostenute, anche se queste ultime devono essere state sostenute entro e non oltre la fine dello scorso anno.

Fondi Ue: la spesa, Regione per Regione

AL SUD POCO INTERESSE. A eccezione della Puglia, fino ad ora le Regioni del Sud hanno dimostrato, evidenzia la Cgia, di essere le meno “interessate” all’utilizzo dei fondi europei. Oltre il 54% delle risorse messe a disposizione delle Regioni e non ancora certificate al 31 dicembre 2015 sono riconducibili alla Sicilia (1,9 miliardi di euro) e alla Campania (1,6 miliardi). In queste due realtà l’incidenza percentuale della spesa certificata sul totale delle risorse europee assegnate ammonta rispettivamente al 66,4 e al 69%. Niente a che vedere con quanto avvenuto al Nord: la Liguria, ad esempio, ha utilizzato il 94,7% della dotazione complessiva, il Friuli Venezia Giulia il 94,1%, la provincia di Trento il 94%, le Marche il 93% e il Veneto il 92,9%. Sorprendente il risultato ottenuto dalla Puglia: della dotazione totale, l’incidenza percentuale della spesa certificata al 31 dicembre scorso ha toccato quota 93.

Il rapporto dare-avere con l’Ue: la differenza tra Italia e gli altri Paesi

DIAMO PIÙ DI QUELLO CHE RIVECIAMO, MA… L’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia è proseguita analizzando il rapporto dare-avere tra l’Italia e l’Unione europea. Ebbene, negli ultimi 15 anni il nostro Paese è risultato essere un contribuente netto, ovvero gli italiani hanno versato di più di quanto hanno ricevuto. Tra il 2000 e il 2014 l’Italia ha dato all’Unione europea 210,5 miliardi. Sempre nello stesso periodo ci sono stati “restituiti” 151,6 miliardi di euro di fondi, agevolazioni e contributi vari. Il saldo è stato positivo e pari a 58,9 miliardi di euro che in termini pro capite valgono 970 euro. Dalla Cgia, infine, ricordano che nel 2014 l’Italia ha versato come contribuente netto all’Ue 173 euro al secondo, 10.355 euro ogni minuto, 621.292 euro all’ora e 14.910.999 euro al giorno. Se, come dicevamo più sopra, negli ultimi 15 anni abbiamo registrato un saldo positivo di 58,9 miliardi di euro, nel 2014 il nostro contributo netto è stato di 5,4 miliardi, nel 2013 era di 4,7 miliardi, nel 2012 di 5,7 miliardi e nel 2011 di 6,6 miliardi di euro. “Pur essendo dei contribuenti netti”, fa notare il segretario della Cgia Renato Mason, “scontiamo un forte gap rispetto ai principali Paesi Ue. Se in questi ultimi 15 anni ciascun italiano ha registrato un saldo positivo di 970 euro verso Bruxelles, quello olandese è stato pari a 3.690 euro pro capite, quello belga di 3.018, quello svedese di 2.430, quello tedesco di 2.011 e quello danese a 1.977 euro. Non è da escludere che se in i paesi del Nord hanno un peso specifico sulle decisioni prese a Bruxelles molto superiore a quello dei paesi mediterranei, ciò sia riconducibile al fatto che, nei confronti dell’Ue, sono dei contribuenti con un livello di generosità nettamente superiore a tutti gli altri”.

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