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La pressione fiscale sui cittadini onesti grava per il 50,2%

In Italia c’è un settore che non sente la crisi: è quello dell’economia sommersa, fatta di lavoro nero, contrabbando, droga e prostituzione. E che arriva a toccare quote pari al 12,9% del Pil del nostro Paese, gravando però sulle tasche dei contribuenti onesti.

ECONOMIA SOMMERSA IN CRESCITA. Tra il 2011 e il 2013 le attività criminali hanno fruttato introiti per 207,3 miliardi, aumentando di 4,85 miliardi, quando invece l’economia pulita vedeva i suoi ricavi calare inesorabilmente al di sotto dei 1.400 miliardi. Secondo le proiezioni della Cgia di Mestre, il mercato nero ha “contribuito” al Pil per 211 miliardi di euro. Tali cifre hanno effetti importanti sulla tassazione in Italia: chi paga le tasse deve subire una pressione fiscale pari al 43,7%, che però arriva a raggiungere, nei fatti, un peso complessivo almeno del 50,2%.

PRESSIONE FISCALE. Infatti, la pressione fiscale si basa sul rapporto tra il prelievo in tasse a lavoratori e imprese e il Prodotto interno lordo, che però non è composto solo dei redditi ottenuti legalmente, ma tiene anche in considerazione la ricchezza che deriva dall’economia sommersa, che risulta di fatto invisibile al fisco (in particolare il lavoro nero), e dalle attività illegali quali, ad esempio, lo sfruttamento della prostituzione e il traffico di stupefacenti. Secondo Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre, una pressione fiscale di tale portata è tra i maggiori ostacoli per «ridare fiato all’economia del Paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta».

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