Connettiti con noi

Business

Fine della recessione per i Pigs? Non ancora

Il recupero di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna poggerebbe su gravi squilibri interni, che impedirebbero una ripresa di lungo periodo

architecture-alternativo

Per i Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) è presto per cantare vittoria. Stando infatti a un’intervista rilasciata da Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma a Il Sole 24 ore, la crescita del Pil e il contestuale calo della disoccupazione non sarebbero sufficienti per parlare di ripresa nei questi quattro Paesi. Anzi. All’orizzonte ci sarebbero nuovi segnali di allarme. Il recupero economico dei Pigs poggerebbe infatti su forti squilibri interni e la prova risiederebbe in alcuni parametri finanziari che al momento non vengono considerati dai mercati, come per esempio il saldo delle partite correnti in rapporto al Pil, ossia l’indice che indica la posizione di un Paese con l’estero in relazione allo scambio di beni e servizi, e la posizione finanziaria netta sull’estero (negativa per il controvalore del Pil, cioè al 100% del Pil) che non deve distanziarsi troppo dal tetto, pari al -30%, fissato dai parametri europei sugli squilibri.

Ebbene, la Spagna, che tra il 2011 e il 2013 si è distinta per le esportazioni e per la capacità di svalutazione interna, avrebbe entrambi i parametri negativi. «Ne consegue che se oggi la Spagna volesse riportarsi a -30% dovrebbe effettuare un’ulteriore forte svalutazione interna. E a quel punto chissà dove salirebbe il tasso di disoccupazione e dove scenderebbero i consumi, in quanto penalizzati da una nuova scure sui salari», spiega De Nardis. «Questi altri parametri un po’ più nascosti del classico e un po’ abusato debito/Pil, indicano che la ripresa spagnola non è così sana come possa sembrare in prima battuta». Analoga situazione in Portogallo, dove la posizione finanziaria netta con l’estero è del -120% e il saldo delle partite correnti a -1,6%. In Grecia, la profonda deflazione porta con sé una grande difficoltà di ripagare il debito, che ha superato il 180% rispetto al Pil. Contestualmente, si è aggravata la differenza tra la crescita del Pil e i tassi pagati per finanziare il debito (il tasso nominale sui titoli a 10 anni è superiore al 10%), e a settembre la produzione industriale è scesa ulteriormente del 5,1% anno su anno a settembre. La ripresa, insomma, sarà difficilmente strutturale. Va meglio invece in Irlanda, anche se il Paese resta ancora fragile proprio per via dei parametri relativi alla posizione finanziaria netta con l’estero (oltre il 100% del Pil) e il debito privato (179% del Pil).