Fallimenti, oltre 10 mila imprese chiuse nel 2015

In calo le dichiarazioni (-7%). Settori come l’industria (-12% di fallimenti) e l’edilizia (-7%) registrano segnali incoraggianti, mentre il commercio è stazionario. Lombardia, Lazio e Campania le regioni più colpite

Migliora la situazione dei fallimenti in Italia. Sono 797 in meno le imprese chiuse dall’inizio dell’anno: sono 10.306 i fallimenti dichiarati da gennaio contro gli 11.103 dell’anno passato. Sono i risultati dell’Analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata al terzo trimestre 2015, realizzata da Cribis D&B, la società del Gruppo Crif specializzata nella business information.

Stazionaria la situazione nel terzo trimestre: 3.013 contro 3.002. Il trend resta dunque positivo con una riduzione del 7,2%. Nel terzo trimestre del 2015, sono dunque fallite in media 46 imprese al giorno: un numero certo considerevole ma inferiore a quello del secondo trimestre, 54 ogni giorno. Il 2014 si era chiuso con la cifra record di 15.605 fallimenti. Dal 2009 a oggi invece si contano circa 85.481 imprese che hanno portato i libri in tribunale.

PAGAMENTI PIU’ VELOCI. «I dati relativi al terzo trimestre del 2015 mostrano finalmente alcuni spiragli di ripresa per le nostre imprese», commenta Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&B. «Abbiamo registrato infatti a fine 2014 un record negativo di fallimenti, mentre nel 2015 i numeri del nostro osservatorio ci fanno ben sperare, anche perché anche i dati sui pagamenti, la fotografia più aggiornata e “fresca” dello stato di salute delle aziende, mostrano una riduzione dei ritardi gravi rispetto allo stesso periodo dello stesso anno».

«Questo miglioramento non deve però fare abbassare la guardia», sottolinea Preti, «In questi anni le aziende che hanno performato meglio e che si sono difese efficacemente da fallimenti, insoluti e ritardi nei pagamenti sono quelle che hanno investito in procedure e strumenti per migliorare la propria gestione del credito e il proprio cash management. Un patrimonio di competenze che permetterà oggi alle aziende di continuare a proteggersi dai rischi e soprattutto di individuare i clienti e partner migliori su cui puntare per intercettare le nuove opportunità»

LE REGIONI. La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del Paese. La Lombardia si conferma la regione d’Italia in cui si registra il maggior numero di fallimenti, con 2.153 casi nei primi 9 mesi del 2015, un’incidenza del 20,7% sul totale Italia. Dal 2009 ad oggi si contano 18.731 imprese lombarde fallite. La seconda regione più colpita è il Lazio, con 1.195 imprese chiuse nel 2015 e un’incidenza sul totale Italia del 12,4%. Segue il Veneto con 939 casi e relativa incidenza dell’8,6%.

Poi, in ordine, per completare le prime dieci posizioni troviamo la Campania con 915 fallimenti, l’Emilia Romagna (780), la Toscana (771), il Piemonte (707), la Sicilia (584), la Puglia (467) e le Marche (329). All’ultimo posto della classifica c’è la Valle d’Aosta con solo 11 fallimenti, 87 in totale dal 2009 e un’incidenza sul totale Italia di appena lo 0,1%.

I PRODOTTI. Anche i settori merceologici registrano una positiva inversione di tendenza. Aree fortemente colpite dalla crisi, come l’industria e l’edilizia, mostrano segnali incoraggianti: -12,1 e -7,4% rispetto ai primi nove mesi del 2014, più specificamente 2.089 fallimenti nell’industria nel terzo trimestre 2015 contro i 2.377 dello stesso periodo dell’anno precedente, 2.192 nell’edilizia contro 2.368.

Stazionaria la situazione del commercio, che ha una flessione minima dello 0,1% (3.297 contro 3.301), mentre continua la crescita nei servizi vari (+6,8%, 1.510 fallimenti contro 1.414). Certamente si è ben lontani dai livelli del 2009 in tutti i settori merceologici, ma il trend lascia ben sperare.

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