Distretti industriali, una carta vincente sulla quale l’Italia deve puntare

Per anni i motori portanti dietro la crescita economica del Paese, questi agglomerati di aziende sono ancora in grado di fare la differenza

Sono stati per anni uno dei motori più importanti dietro la nostra crescita economica. Sono i distretti industriali, provati negli ultimi anni dalla crisi, spesso anche dalla concorrenza sleale (vedi il distretto tessile di Prato e i laboratori cinesi) eppure ancora vivi e capaci di ridare slancio all’economia italiana.

Cosa sono i distretti industriali e cos’hanno di particolare

Quando si parla di distretti industriali, ci si riferisce ad agglomerati di aziende geograficamente molto concentrate, di piccole o medie dimensioni, e specializzate in parti diverse di uno stesso processo produttivo, al quale contribuiscono insieme, sviluppando così reti di relazioni che sono economiche ma anche sociali, essendo radicate nello stesso territorio.

Quello dei distretti è stato un modello industriale che è diventato molto importante negli anni ‘70, quando quello precedente, caratterizzato dalla forte espansione di alcune aziende di punta, si era concluso ed era diventato irripetibile. La necessità di ripensare i processi produttivi e decentralizzare diede propulsione ai distretti, i quali sfruttavano tradizioni e abilità manifatturiere particolari, nel senso di fortemente tipizzate.

Storicamente, l’Italia è stata sempre molto forte nei settori delle 4 A, cioè arredamento, automazione, agroalimentare e arredamento. Col tempo, però, il Paese ha conquistato una certa credibilità anche in settori a più alto contenuto tecnologico, come la cantieristica, l’aerospaziale e l’energetico.

Il report di Intesa Sanpaolo sui distretti industriali

Secondo Intesa Sanpaolo, che ogni anno dedica uno studio ai 147 industriali del Paese (l’ultimo è stato pubblicato lo scorso dicembre e potete consultarlo a questo link), tra il 2015 e il 2016 le aziende dei nostri distretti hanno visto il loro fatturato crescere di 1,4% e questo nonostante la stagnazione dei prezzi. L’Ebitda margin è salito del 7,6% e, più in generale, fatturato e margini unitari hanno superato i livelli pre-crisi. Lo stesso non si può dire delle aziende non integrate in nessun distretto.

Sono diversi i fattori che spiegano questa differenza nelle performance economiche delle imprese inserite in un distretto e per il 2017-2018, la direzione Studi e ricerche della banca prevede una crescita del fatturato cumulativo ancora più convinta, del 4,3%, “trainata nuovamente dai mercati esteri e sostenuta dalla domanda interna”.

Tre, in particolare, sono i distretti meglio valutati dall’istituto, tutti al nord: il distretto del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, l’occhialeria di Belluno e quello vitivinicolo dei colli fiorentini e senesi.

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