Confindustria: «Il mondo rischia una stagnazione secolare»

L'allarme del Centro studi degli industriali: serve un mix di politiche per far ripartire il pianeta

Il mondo rischia una «stagnazione secolare». Il Centro studi di Confindustria lancia l’allarme crescita facendo appello ai governi dei Paesi più avanzati a varare un «mix di politiche» per sostenere la domanda, favorire la spesa in ricerca e sviluppo, completare le riforme strutturali e puntare sul manifatturiero, motore dello sviluppo. Un messaggio evidentemente riferito anche e soprattutto al governo italiano. Partendo dalle ultime previsioni di crescita globale riviste dal Fmi per il periodo 2016-2020 – oggi siamo al +3,9%, nel 2011 si pensa a un 4,8% (per il 2015 si è passato dal +4% al 3,3%), il CsC sottolinea l’impatto delle frenata soprattutto sulle economie emergenti, a partire dalla Cina che già prima del crollo delle scorse settimane aveva registrato -1,9% rispetto alle previsioni più ottimistiche (7%).

DEMOGRAFIA E CONSUMI. Il fattore più decisivo per la frenata globale è l’evoluzione demografica che «spiega metà del rallentamento»: la minore crescita (sarà circa zero a fine secolo, era +2% negli anni Sessanta) e l’invecchiamento conseguente della popolazione riducono la popolazione attiva. L’altra metà della stagnazione è da imputare a vari fattori: crollo della domanda (consumi), «caduta degli investimenti» (erano pari al 22,8% nei Paesi avanzati negli anni 2000-2007, da noi erano il 16,9% l’anno scorso), i minori guadagni di produttività,

SOLUZIONI. «Occorre proseguire con gli stimoli monetari non convenzionali, dati i tassi di interesse nominali già ai minimi, e attuare significativi interventi di bilancio pubblico, soprattutto con spesa in investimenti e infrastrutture», è l’invito all’Europa da parte del Centro studi di Confindustria. Mentre «è nececessario favorire la spesa in R&S e puntare sulla qualità dell’istruzione, sul collegamento tra scuola e lavoro e sulla formazione permanente. E costruire una seria politica industriale per rafforzare il manifatturiero, settore ad alta dinamica della produttività e innovazione, con ricadute positive verso il resto dell’economia. In generale, occorre accelerare lungo la strada delle riforme strutturali, per favorire un’efficiente riallocazione delle risorse e cogliere così le opportunità di crescita, là dove queste si presenteranno».

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