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Brexit potrebbe costare fino a 1,7 miliardi di export in meno per l’Italia

Se la Gran Bretagna uscisse dall’Ue, l’export tricolore verso il Paese si contrarrebbe di 1-2 punti percentuali nel 2016 e di 3-7 punti percentuali nel 2017. A rischio soprattutto la meccanica strumentale e il trasporto pubblico

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L’esito del referendum inglese sulla Brexit avrà delle ripercussioni sull’economia italiana? La risposta è sì. Stando al report realizzato dalla società Sace, qualora dovesse vincere il fronte favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, l’Italia potrebbe perdere fino a 1,7 miliardi di euro in export nel 2017. In particolare, nel report si legge che «se vincessero i ‘leave’, la minore crescita per l’export italiano sarebbe di circa 1-2 punti percentuali nel 2016, pari a 200-500 milioni di euro rispetto alle previsioni del Rapporto Export 2016. Nel 2017 invece l’impatto per i prodotti italiani sarebbe maggiore, coerentemente con lo scenario macroeconomico sottostante». In questo caso la contrazione prevista dell’export italiano sarebbe del 3-7% verso il Regno Unito, e potrebbe attestarsi tra i 600 milioni e 1,7 miliardi di euro in meno. A oggi l’esportazione di prodotti italiani in Gran Bretagna è abbastanza vivace: nel 2015 l’interscambio commerciale è stato pari a 33,1 miliardi di euro (+5,9% rispetto al 2014) con un saldo positivo per l’Italia pari a 11,9 miliardi di euro. Le esportazioni italiane in Uk sono cresciute del +7,4% nel 2015, toccando quota 22,5 miliardi. Il trend si conferma nei primi quattro mesi del 2016: l’export è cresciuto dell’1,1% in termini tendenziali.

I SETTORI A RISCHIO. Ad accusare maggiormente l’eventuale calo delle esportazioni sarebbero soprattutto i settori della meccanica strumentale e del trasporto pubblico. Per quest’ultimi la contrazione potrebbe anche superare il 10% nel 2017: la stima è di un calo tra il 10% e il 18% per la meccanica strumentale nel 2017, e di un calo tra il 10% e il 16% per i mezzi di trasporto. «Diversi settori rilevanti per il made in Italy, come tessile e abbigliamento e alimentari e bevande, non subirebbero invece una variazione negativa», si legge nel report.

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