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Cerved: in 6 mesi in Italia persi 81 mila posti di lavoro

Dopo 18 mesi di calo, nel secondo trimestre crescono i fallimenti e le liquidazioni in bonis delle imprese italiane. Soffrono le ditte individuali e le Pmi, penalizzate dalla scarsa liquidità. In fumo oltre 1 miliardo di euro di valore aggiunto

Cerved: in 6 mesi in Italia persi 81 mila posti di lavoro Credits: Naypong/istockPhoto

Tra fallimenti e liquidazioni volontarie, nei primi sei mesi del 2023 in Italia sono andati persi 81 mila posti di lavoro e oltre 1 miliardo di euro di valore aggiunto (oltre a 2,5 miliardi di debiti finanziari e 1,8 di debiti commerciali). Per la prima volta dopo un anno e mezzo in continua decrescita, nel secondo trimestre 2023 sono tornati ad aumentare i fallimenti delle imprese italiane (+1,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, 2.070 contro 2.039), mentre le liquidazioni volontarie hanno visto un’impennata (+26,1%, 10.446 contro 8.282). Numeri che emergono dallo studio Le chiusure di impresa nel 2q 2023 e gli impatti sull’economia reale realizzato da Cerved, società italiana di consulenza e gestione del rischio.

Pmi italiane sempre più in difficoltà

In particolare, sono fallite le imprese piccole e medie (ma non le piccolissime), che si rivelano sempre più in difficoltà, come già evidenziato nel 2022 dalla crisi di liquidità e dall’allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori, che spesso sfocia in ritardi e mancati pagamenti.

A guidare i fallimenti sono soprattutto le ditte individuali (+27,7%). Le società di capitali fanno registrare nel complesso un lieve aumento (+0.3%), trainato in particolare dalla fascia di aziende tra i 2 e i 10 milioni di euro di fatturato (+44,8%). I comparti più colpiti sono l’industria (+5,2%) e i servizi (+1%), in particolare prodotti da forno (+84,6%), alberghi (+50,0%) e ingrosso costruzioni (+36%), che già nel 2022 avevano registrato livelli elevati di indebitamento e un peggioramento delle abitudini di pagamento. Nel Nord-Est (+12,1%) e al Centro (+11,6%) la crescita maggiore.

“Nel triennio 2020-22, gli effetti delle crisi e del rallentamento congiunturale non si sono tradotti in un aumento delle uscite dal mercato e delle chiusure di impresa, che hanno registrato sei trimestri consecutivi di riduzione mantenendosi su livelli ampiamente inferiori al pre-Covid”, ha commentato l’a.d. di Cerved, Andrea Mignanelli. “Tuttavia, i dati del 2023 fanno emergere una chiara inversione di tendenza: l’impennata dell’inflazione e il conseguente forte rialzo dei tassi di interesse, si è manifestata in modo asimmetrico sulle imprese. Intercettare tempestivamente segnali di allarme e gestire situazioni di crisi, avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, è sempre più fondamentale”.

I dati sulle liquidazioni volontarie (in bonis)

A differenza dei fallimenti, il risultato di un processo di deterioramento dei fondamentali finanziari che avviene nel corso del tempo e quasi sempre è anticipato da una riduzione del giro d’affari dell’impresa, le liquidazioni volontarie (in bonis) riflettono invece in maniera più istantanea il peggioramento delle aspettative imprenditoriali, dal momento che la chiusura in bonis è in genere legata a margini attesi non sufficienti a proseguire l’attività imprenditoriale.

Al contrario dei fallimenti, a guidare il fenomeno delle liquidazioni volontarie sono le società di capitale e in particolare le pmi con fatturato tra 2 e 10 milioni di euro (+71%), le stesse che l’anno precedente hanno peggiorato nettamente le abitudini di pagamento.

I maggiori incrementi riguardano le costruzioni (+33%), con le pessime previsioni dettate dalla fine degli incentivi, seguite da servizi (+26.2%) e industria (+22,8%). Entrando nello specifico dei comparti, la punta più alta si registra nei metalli (+128.6%), negli alberghi (+57,9%) e nei prodotti all’ingrosso per le costruzioni (+50%). Seguono: edilizia (+42,2%), commercio al dettaglio specializzato (+41,1%), prodotti da forno (39,5%), spedizionieri (+37,6%), concessionarie e agenzie di pubblicità (36,2%), distribuzione alimentare moderna (+33,9%), servizi informatici e software (+29%).