Tecnologia, dati e contenuto sono il futuro della pubblicità

L'analisi di Martin Sorrell, Ceo di Wpp, all'advertising week di Londra

«Il nostro business è cambiato dai tempi di Don Draper»: è cominciato con una citazione dalla serie Tv sul mondo dei pubblicitari Mad Men, l’intervento di Martin Sorrell all’Advertising Week di Londra. A colloquio con il business presenter di Sky News, Ian King, il Ceo di Wpp ha tracciato il quadro del difficile momento vissuto dal settore in un contesto di bassa crescita mondiale: una “nuova normalità” fatta di investimenti ridotti delle aziende, assetti societari sempre più labili e costi in discesa per la disruption tecnologica. «Ma questo non significa che non ci sono opportunità», ha spiegato Sorrell, «se il prodotto interno lordo a livello globale sale del 3,5%, vuol dire che ci sono settori che registrano +6% e altri fermi a zero. Il problema è scegliere quei Paesi e comparti dove vediamo la crescita». Proprio come ha fatto il suo gruppo negli ultimi anni, puntando anche su Cina, Cuba e prossimamente Iran.

A consolare gli operatori è una considerazione di Sir Martin, che emerge dall’analisi dei dati interni: «I brand che investono nella pubblicità vinceranno», ha garantito il Chief Executive Officer del gigante Wpp sottolineando il ruolo dell’Adv nella crescita dei marchi più importanti. È tutto il settore, però, che deve cambiare, puntando su tre parole chiave: tecnologia, dati e contenuto: «Dobbiamo investire in operazioni in aree di rottura», come YouTube, Google e Facebook. Le ragioni di una tale virata sono evidenti analizzando le nuove abitudini di consumo, cui non è seguito un cambiamento radicale nel marketing mix: nel 2014, la stampa tradizionale ha occupato il 4% del tempo dei consumatori ottenendo ben il 18% degli investimenti e la Tv lineare il 37% a fronte del 41% della torta Adv. Coerente la crescita anche per il Web (24% del tempo, 23% di introiti), ma la vera sproporzione si è registrata nel mobile: 24% dell’interesse degli utenti a fronte di un ridottissimo 8% del budget pubblicitario globale. Con un concorso di colpa degli operatori di mercato: «I device mobili non sono un mezzo con il quale le agenzie si trovano a proprio agio», è la sentenza di Martin Sorrell, «non li abbiamo contestualizzato come avremmo dovuto, non abbiamo targettizzato il loro pubblico a dovere e non siamo stati creativi come avrebbero richiesto questi mezzi. Ma ci stiamo attrezzando».

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