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Sostenibilità

Un orizzonte di coraggiosa follia

Dal sostegno nei sottopassaggi della Stazione Termini di Roma ai servizi di assistenza a livello internazionale. Il lavoro a 360° dell’associazione guidata da Chiara Amirante, alle cui origini c’è un che di miracoloso

Settantotto centri residenziali di accoglienza, reinserimento e formazione; 973 equipe di servizio; 75 famiglie aperte all’ospitalità; 57 centri di ascolto di prevenzione e di servizio; cinque Cittadelle Cielo nel mondo e 500 mila Cavalieri della Luce. Sono i numeri realizzati, in poco più di 25 anni, dall’associazione internazionale non profit Nuovi Orizzonti, fondata nel 1991 a Roma e riconosciuta nel 2010 dal Vaticano come associazione privata internazionale di fedeli. Tuttavia, prima ancora che la mole di opere realizzate, a sorprendere è il fatto che dietro al successo di tale associazione ci sia una persona sola: Chiara Amirante, oggi nota scrittrice nonché consultrice in due Pontifici consigli della Santa Sede. Tutto infatti è nato da lei, o meglio dalla sua idea di frequentare i sottopassaggi della stazione Termini per incontrare le persone bisognose e testimoniare loro le gioie della fede. All’epoca Amirante aveva solo 21 anni, non era di certo famosa e soffriva di una grave malattia che l’avrebbe portata, di lì a poco, alla cecità. Eppure, è voluta scendere in strada e questa sua coraggiosa follia è diventata il motore dell’associazione, la cui mission è aiutare le persone bisognose e affette da dipendenze, fornendo loro aiuto sia dal punto di vista clinico e psicologico, sia esistenziale.

Com’è finita, esattamente, nei sottopassaggi della stazione Termini?È una storia lunga e complessa che ho racchiuso nel libro Solo l’amore resta. Il momento decisivo è stato durante una grave malattia diagnosticata incurabile. Sapevo che andare in stazione, di notte, sarebbe stato pericoloso, e le mie condizioni fisiche non me lo avrebbero permesso. Così ho pronunciato una semplice preghiera: «Signore, se questo desiderio così folle di andare di notte in strada sei Tu a mettermelo nel cuore, mettimi Tu nelle condizioni di poterlo realizzare! A Te niente è impossibile! Io desidero solo la Tua volontà!». La risposta è stata immediata e al di là di ogni immaginazione: la mattina seguente ero completamente guarita. Ero passata da una quasi cecità di meno otto decimi a una vista superiore alla norma: più undici decimi! E dire che la mia cartella clinica era stata studiata dai più grandi luminari europei e americani, e tutti erano concordi nell’affermare che sarei diventata cieca. Per me la guarigione è stata la risposta di Dio alla chiamata ricevuta.

Qual è l’iter che proponete per raggiungere un “nuovo orizzonte” di vita?Le problematiche più palesi sono solo la punta dell’iceberg di un disagio più profondo e diffuso. Si può chiamare alcolismo, tossicodipendenza, sesso dipendenza, ludopatia, shopping compulsivo… ma sotto c’è sempre un bisogno più grande, inascoltato o mal soddisfatto: quello di amare ed essere amati. Tutti cerchiamo la felicità: il problema è quali risposte troviamo o ci diamo per essere felici. Non a caso il percorso proposto si chiama “Arte di amare. Corso di conoscenza di sé e guarigione del cuore”. È basato sul Vangelo perché solo colui che fascia le «piaghe dei cuori spezzati» può guarire le ferite profonde del cuore. Pertanto si punta a smascherare tutti gli atteggiamenti non sani e le cause che ci hanno portato a sbagliare, ma soprattutto a riscoprire la “meraviglia stupenda” che siamo, prendendo contatto con l’io ideale costruito per difenderci dal dolore, l’io reale e il sé spirituale che ci caratterizza. A sua volta il percorso formativo viene declinato in modo diverso se si tratta di viverlo in un centro residenziale (nel caso di patologie specifiche) o attraverso gruppi esterni (abbiamo 200 formatori su tutto il territorio nazionale).

Bisogna, dunque, sfatare il luogo comune secondo il quale la fede sarebbe incompatibile con psicologia e scienza?Per secoli scienza e spiritualità sono andate di pari passo e ora direi che stiamo tornando a una riconciliazione. Nel campo della psicologia esiste un modello che trovo particolarmente illuminato: la logoterpia del neurologo e psichiatra Viktor Frankl, secondo il quale la dimensione spirituale è ciò che più caratterizza l’uomo e il suo bisogno fondamentale è quello di dare un senso alla propria vita. Sono infatti convinta che serva un approccio unitario e multidisciplinare, ossia sicuramente specializzato e scientifico, ma mai ideologico o settoriale. Dostoevskij scriveva: «L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa (…) se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchierà davanti a un idolo. Noi siamo tutti idolatri e non atei».

Sul sito istituzionale nuoviorizzonti.org è possibile inviare richieste di aiuto e visionare l’intera offerta dei servizi. Chi invece è interessato a unirsi all’equipe di servizio o a frequentare il percorso “Arte di amare”, trova le informazioni relative alla propria regione sul sito informa.me.

Coprite un raggio molto ampio di disagi sociali, fornendo i più disparati servizi: tale approccio non rischia di risultare, in ultima istanza, dispersivo?Più che dispersivo, lo definirei diversificato. D’altronde negli ultimi tempi il disagio sociale è fortemente aumentato. Certo, le dipendenze sono sempre esistite ma prima era fenomeni circoscritti a persone “sfortunate”, cresciute in una borgata o in zone difficili. Oggi il problema è diventato trasversale: tocca persone di qualsiasi ceto e professione, in qualsiasi città o paesino.

Anche all’estero il vostro servizio è altrettanto diversificato?Sì. Per esempio in Brasile, oltre a tutto quello che facciamo, abbiamo anche i centri di accoglienza dei bambini di strada, vittime della prostituzione e schiavitù, mentre in Bosnia Erzegovina abbiamo attivato aiuti umanitari per anziani e nuclei familiari poveri, conseguenza drammatica della guerra fratricida che si è consumata nei Balcani. Ma il vero sogno diventato realtà sono le Cittadelle Cielo: piccoli villaggi di accoglienza e di formazione, che diventano dei moltiplicatori di bene non solo permettendo a tanti di sentirsi accolti, sostenuti e amati, ma anche di formarsi sul campo e incidere nel proprio territorio.

Come scegliete le persone del vostro staff?Molti sono volontari, molte sono persone “recuperate” che decidono di dedicarsi a chi, come loro, sta vivendo un inferno, altri ancora sono “vocazioni” in diversi stati di vita come laici consacrati, sposi, religiosi oppure persone di buona volontà. Naturalmente, per alcuni settori ci sono persone specializzate e figure professionali specifiche come, ad esempio, psicologi o educatori.

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Quando iniziò a frequentare i sottopassaggi della stazione Termini per aiutare le persone bisognose, Chiara Amirante aveva 21 anni e una grave malattia che avrebbe dovuto portarla alla cecità