Le quote rosa sono legge

Dal 2012 un quinto dei cda delle aziende quotate dovrà essere composto da donne, dal 2015 un terzo. Esultano (forse) le donne

438 sì, 27 no e 64 astenuti, è con questi numeri che la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulle quote rosa. Dal 2012 i consigli di amministrazione delle aziende quotate in Borsa, o a partecipazione pubblica, dovranno essere composti almeno per un quinto da donne. Dal 2015, dopo il periodo di transizione, le quote rosa entreranno a pieno regime, allora il 30% dei cda dovrà essere rosa. In caso di inadempienza, si prevede una diffida della Consob a riequilibrare le quote entro quattro mesi, scaduti i quali scatterà, in caso di ulteriore inadempienze una nuova diffida. A questo punto, i cda avranno tre mesi di tempo, dopo dei quali ci sarà il decadimento. Previste anche forti sanzioni pecuniarie: da 100 mila a un milione di euro per i cda e da 20 mila a 200 mila euro per i collegi sindacali.

Il tormentato iter del disegno di legge

Un iter lungo e complesso quello del disegno di legge per le quote rosa, che ha profondamente modificato il testo originario firmato da Lella Golfo e Alessia Mosca. Inizialmente infatti era previsto «il rispetto del criterio di riparto tra i generi in caso di sostituzione di uno o più amministratori e/o sindaci prima della scadenza del termine», ovvero in caso di dimissioni o sostituzione di un consigliere donna, si era costretti a eleggere un’altra donna. Un emendamento ha però cancellato il punto, offrendo alle aziende la possibilità di aggirare la norma delle quote attraverso la sostituzione dei consiglieri (donne) dopo l’elezione. Non solo, nella prima bozza del ddl il decadimento del cda, in caso di mancato rispetto delle quote, era immediato, nel testo emendato invece si è introdotto un sistema di diffide e sanzioni.

Le reazioni

In ogni caso l’introduzione delle quote rosa, seppur ammorbidite, viene accolta con entusiasmo dalle parlamentari bipartisan. Per Lella Golfo (Pdl) è «una svolta epocale», secondo Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, è il primo passo «per portare più donne anche in Parlamento». Per il ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna «l’approvazione della legge è un successo di tutto il Paese. Un passo in avanti sulla strada della valorizzazione del talento e delle energie femminili». Non mancano le voci contrarie, come quella della radicale Emma Bonino «non posso pensare a una società per quote, soprattutto in un Paese, come il nostro, che non riconosce il merito».

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