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Lavoro

Lavoro: chi cambia azienda spesso ritorna (o vorrebbe farlo)

Il 69% di chi si è licenziato è poi tornato dagli ex datori di lavoro o prenderebbe in considerazione l’idea di farlo

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Cambiare lavoro raramente è una decisione facile e non è semplice fare ipotesi sui motivi che spingono le persone a farlo. Per ogni professionista che decide di cambiare perché infelice, ce ne sono altri che non hanno alcun problema con i loro attuali colleghi o con il proprio capo, ma vedono la nuova opportunità come un mezzo per portare la propria carriera a un livello superiore. Ma spesso non si tratta di un vero addio. Sono infatti numerosi coloro che decidono di tornare sui propri passi o vorrebbero poterlo fare. A indagare sul fenomeno una ricerca di PageGroup tra oltre 5.400 candidati in tutta Europa secondo la quale solo una minoranza degli intervistati ritiene che tornare indietro sia un errore mentre, per addirittura il 38%, potrebbe essere vantaggioso.

Cambiare lavoro: quanti lo fanno e perché

Scorrendo i risultati dell’indagine, si scopre che più di sette intervistati su 10 (il 73%) hanno dichiarato di aver volontariamente cambiato lavoro almeno una volta nella loro vita per fare carriera, per accrescere la propria retribuzione o i benefit. In particolare, il 41% ha dichiarato di voler acquisire maggiori responsabilità e dare una spinta alla propria carriera, il 36% per andare a ricoprire un nuovo ruolo o per lavorare in un nuovo ambito/settore, il 20%, invece, per ragioni economiche, per avere benefit più vantaggiosi, per motivi personali o per un disallineamento tra i propri valori e quelli dell’azienda. La ripartizione per genere è interessante: il desiderio di maggiori responsabilità è emerso con una più alta frequenza negli uomini rispetto alle donne (45% contro 37%). Dall’altro lato, però, le donne che decidono di cambiare lavoro per motivi personali sono più numerose degli uomini (25% contro 17%).

Aspettative deluse e relazioni personali: i motivi del pentimento

Più di un intervistato su quattro (28%) ha dichiarato di aver cambiato un lavoro e di essersene poi pentito. Di questi il 51% ha spiegato che la nuova azienda non era quella che si aspettava o sperava di trovare, mentre il 18% ha sentito la mancanza dei propri ex colleghi. Gli intervistati più giovani sono quelli che tengono di più ai rapporti con i propri ex colleghi: un intervistato su tre (33%), infatti, lo cita come il fattore principale. Chi ha più anni di esperienza, invece, la pensa diversamente: la metà (51%) degli intervistati di età superiore ai 49 anni ha indicato il mancato rispetto delle aspettative da parte del nuovo datore di lavoro come la ragione principale del proprio rimpianto.

Programmi di rientro, questi sconosciuti

Ben il 69% degli intervistati ha dichiarato di essere tornato presso uno dei propri ex datori di lavoro o che prenderebbe in considerazione l’idea di farlo se si presentasse l’opportunità. Viene da chiedersi, a questo punto, se le aziende stiano facendo abbastanza per promuovere i loro programmi di rientro e incoraggiare questi ex dipendenti a rientrare: quasi otto intervistati su dieci (il 79%) hanno infatti dichiarato di non aver mai sentito parlare di questi programmi. Le aziende devono impegnarsi per rendere più visibili queste iniziative, ma anche rivedere e migliorare continuamente la cultura organizzativa, visto che il 69% degli intervistati concorda sul fatto che si tratta di un fattore critico nella decisione di un dipendente di tornare. Solo una minoranza degli intervistati ritiene che tornare da un precedente datore di lavoro sia un errore; il 42% degli intervistati non è d’accordo con l’affermazione che i candidati non dovrebbero mai tornare, il 43% rimane neutrale, mentre, come anticipato, il 38% pensa che questa possa essere una scelta vantaggiosa, sia per le imprese sia per gli ex dipendenti.

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