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Hi-Tech

Futuro e limiti della stampa 3D

Mentre calano i costi e si ampliano a dismisura le possibilità offerte dai macchinari 3D, solo aziende e professionisti hanno le competenze per sfruttare davvero questa tecnologia. Dalla prototipazione alla gestione di lotti sempre più piccoli, il futuro è nella creazione di prodotti da fantascienza e “tailor made”

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L’impatto socio-economico della stampa 3D non sarà immediato, diciamolo subito, ma i primi segnali della portata di questa innovazione sono già chiaramente tangibili. I numeri rappresentano l’indicatore più credibile e meno opinabile. Secondo le stime di Gartner, nel 2015 si sono vendute 244 mila stampanti a estrusione, ma questo numero è destinato a raddoppiare nell’anno in corso. Un balzo che segna il definitivo decollo della tecnologia poiché, stando agli analisti, arriveremo a 5,6 milioni di unità entro il 2019.

«La rapida introduzione di novità e avanzamenti nella qualità e nelle prestazioni in tutte le tecnologie per stampanti 3D alimenta la domanda tanto a livello consumer che a livello enterprise: per questo prevediamo tassi di crescita così significativi», sostiene Pete Basiliere, Research Vice President di Gartner. «Quello delle stampanti 3D prosegue la sua trasformazione da prodotto di nicchia a mercato globale, con un’ampia base di utenti tra imprese e consumatori».

Tradotto in soldoni, questo significa che oggi il mercato della stampa 3D vale 5,2 miliardi di dollari, che diventeranno 20,2 nel 2019. Queste cifre, calcolate da Canalys, tengono conto non solo dell’hardware, ma anche dei materiali di consumo e dei servizi correlati. Messi in questa maniera, i dati lasciano trasparire un futuro roseo per il comparto industriale, ma non è un eldorado. L’entusiasmo registrato solo qualche anno fa all’alba del fenomeno 3D si è affievolito: i sensazionalisti avevano immaginato che tutti, dall’oggi al domani, avrebbero iniziato a stampare qualsiasi cosa in tre dimensioni, a casa e in ufficio. Non è stato così. MakerBot, l’azienda americana nata nel 2009 che per prima ha lanciato sul mercato modelli domestici, ha recentemente tagliato il 20% dei dipendenti e chiuso i tre negozi fisici aperti di recente, tra cui il flagship store di Manhattan. Non solo, a Wall Street le azioni di due tra le principali aziende del mercato, Stratasys e 3D Print, hanno subìto una costante e rilevante svalutazione dopo aver raggiunto il loro valore più alto nel gennaio del 2014.

L’UNIVERSO DELLA STAMPA TRIDIMENSIONALE

MIRACOLO Che cosa sta succedendo? Problemi di gioventù. Come tutti i contesti in divenire, anche quello della stampa 3D non professionale si sta misurando con il mercato e con una domanda ancora poco definita, oltre a scontare gli effetti della crisi economica. I limiti principali registrati finora riguardano essenzialmente due elementi: la lentezza delle stampanti e il costo elevato dei materiali. Uscendo dalla “sperimentazione” degli ultimi anni, questi problemi hanno iniziato ad avere una certa rilevanza specialmente negli ambienti consumer che lasciavano supporre un boom immediato. Se da una parte il costo di una 3D printer domestica è calato in modo importante – passando da 1.500 euro a meno di 500 in un lustro – le prestazioni – risultano ancora poco esaltanti. Per produrre un oggetto di pochi centimetri occorrono ore, e i materiali non sono a buon mercato: si va dai 20 agli 80 euro a rocchetto. Accanto a questi limiti, in molti si domandano ancora a cosa serva realmente una stampante 3D. La risposta non è quella che prevede la realizzazione di statuine, piccoli oggetti da scrivania o della custodia dell’iPhone. Per capire le reali potenzialità della stampa 3D, bisogna guardare nella giusta direzione. Sono le applicazioni industriali che hanno e avranno il peso più rilevante, la cosiddetta manifattura additiva. Per stampare dei modelli è necessario, infatti, avere delle buone ragioni e soprattutto delle adeguate competenze. Competenze che attualmente si trovano solo nelle aziende e tra alcune categorie di professionisti.

LA STRADA GIUSTA«Il mercato consumer non esiste, almeno per il momento», dice a Business People Matteo Abbiati, responsabile marketing di Sharebot, azienda italiana leader nella stampa 3D. «I professionisti e le aziende sono le classi di utenza più interessate a questa innovazione perché sono i soli capaci di disegnare il prodotto in formato digitale, pronto per essere stampato in tre dimensioni. Gli utenti domestici non hanno ancora sufficienti competenze e neppure specifiche necessità per stampare a casa», continua il manager. Il discorso cambia quando si entra nelle aziende che producono qualcosa di concreto, in modo particolare quelle meccaniche, ma anche quelle che realizzano componentistica, gioielli o alcuni prodotti medicali. «In questi settori abbiamo riscontrato una forte domanda, anche in Italia, e lo sviluppo delle nostre stampanti sta andando proprio nella direzione di offrire prodotti sempre più performanti e accessibili», sottolinea ancora Abbiati. Rappresentano il target di riferimento tutti coloro che a livello industriale sviluppano prodotti attraverso la modellazione tridimensionale, così come i professionisti che si occupano di prototipazione. L’elemento di svolta in questi campi, infatti, è rappresentato da costi produttivi sempre più competitivi. La stampa 3D a livello industriale esiste dagli anni ’80, ma la barriera d’accesso a questa tecnologia è sempre stata un limite. Ora i costi si stanno riducendo in modo significativo, e al tempo stesso l’evoluzione tecnologica consente di utilizzare una varietà sempre più ampia di materiali: non solo plastici ma anche metallici, legnosi e perfino organici. Nelle imprese italiane, a fine 2014, erano in esercizio circa 5 mila stampanti professionali (con un valore unitario medio superiore ai 5 mila euro), equivalenti a circa il 4% di quelle installate a livello globale. Per intenderci, l’Italia è al livello di Gran Bretagna e Francia, sopra la Spagna e poco sotto la Germania (che vanta una quota di mercato del 9% ed è capofila nel mondo nella manifattura di metalli).

LA DIGITAL FABRICATIONL’impatto di questo progressivo calo dei prezzi e l’aumento delle prestazioni dei dispositivi professionali si sta trasformando in un’adozione importante delle stampanti 3D, specialmente nelle piccole e medie aziende che ora possono usare questa risorsa internamente invece di esternalizzare il servizio. Questo significa rendere più efficiente il processo di prototipazione, che di solito anticipa la produzione a volume: ovvero, tempi ridotti per raggiungere il modello finale a costi contenuti. Non solo, ma in alcuni casi le stampanti 3D consentono anche di gestire in totale autonomia la produzione di piccoli lotti, con evidenti economie di processo e un time-to-market quasi immediato. «Sono molti i settori nei quali la tecnologia 3D è in questo momento utilizzata e sta contribuendo a ottimizzare i processi e i costi di produzione», dice Antonio Relaño, responsabile del dipartimento 3D di Bq, azienda spagnola in forte crescita a livello europeo. «Pensiamo al settore sanitario o agli studi di architettura e design, ambiti in cui la stampa 3D ha già dimostrato la propria utilità nell’agevolare fortemente i processi, permettendo di ottenere in maniera rapida modelli e prototipi di ciascun progetto». Non deve sorprendere, quindi, il successo mondiale di aziende votate a questo business come la vicentina Digital Wax Systems, leader nella vendita di stampanti destinate all’utenza professionale nei settori medicali, design e oreficeria con un fatturato che nel 2014 era superiore a sette milioni di euro. L’azienda del Nord-Est è tra le prime al mondo specializzatesi nella stampa di protesi dentali, grazie a una macchina che permette di creare denti artificiali in 17 minuti direttamente nello studio odontoiatrico, mentre il paziente attende sul lettino. Per molte società l’utilizzo della stampa 3D è diventato già un asset fondamentale. È il caso della modenese Ci-Esse, fornitore di Formula 1, che dal 2011 produce numerosi articoli anche in altri settori come l’aerospaziale e la difesa. Un caso di successo è anche quello della britannica Empire Cycles, la prima al mondo capace di realizzare telai in titanio stampati in 3D, robusti e leggeri.L’utilizzo di macchine professionali per la prototipazione tridimensionale rappresenta anche un’interessante opportunità per lo sviluppo di servizi ausiliari, come dimostra il caso dell’azienda milanese Vectorialism. Questo service consente ai clienti di stampare qualsiasi oggetto, anche in un solo pezzo, usando un evoluto sistema di ecommerce: la piattaforma online permette di ottenere un preventivo su misura in 24 ore, semplicemente caricando un file vettoriale. E l’utente paga solo i minuti-macchina utilizzati e il materiale scelto. Durante il suo discorso al Ted, la Cofounder e Ceo di Digital Forming, Lisa Harouni, sosteneva che le stampanti 3D possono essere definite come “the next generation of customization”, la prossima generazione della personalizzazione. Per l’Harouni, tale sistema diventerà un laboratorio virtuale attraverso il quale le persone realizzeranno prodotti personalizzati in completa autonomia. L’idea del “pezzo unico”, del “tailor made” non è nuova nel mondo industriale, soprattutto quello manifatturiero, ma competenze settoriali e macchinari professionali ne hanno sempre limitato lo sviluppo. La stampa 3D si propone di superare queste limitazioni offrendo la possibilità di personalizzare qualsiasi oggetto, anche una casa. Villa Asserbo in Danimarca, a 60 chilometri da Copenaghen, è stata per esempio creata partendo da 820 fogli di legno multistrato in appena quattro settimane. Ovviamente si tratta di un caso limite, ma le potenzialità per la personalizzazione di massa stimolano la discussione in molti ambiti.

IN OGNI CASA?A questo punto è lecito chiedersi se ci siano le basi per una reale diffusione futura nel mercato consumer. «È proprio in questa direzione che ci stiamo muovendo», sostiene ancora Antonio Relaño. «Siamo convinti che entrerà gradualmente a far parte della sfera domestica ». L’orizzonte di questo scenario non sembra comunque dietro l’angolo, anche se alcuni settori potrebbero accelerarne l’adozione. L’ambito educational è quello più promettente. Se non è facile fare previsioni sulla diffusione in ogni casa, è già più semplice stimare che la stampa 3D approdi in quasi tutte le scuole di ogni ordine e grado. Gli esempi pionieristici non mancano neppure in Italia. Sharebot ha avviato una sperimentazione nella scuola elementare Stoppani di Milano, mentre a Ferrara gli studenti del liceo scientifico Roiti se la sono comprata con una colletta. Nel Lazio, grazie ai fondi sociali europei, saranno distribuiti quest’anno kit 3D a circa 250 scuole, ma siamo ancora lontani dai numeri macinati Oltreoceano, dove solo il progetto MakerBot Academy ha portato questi dispositivi in quasi 10 mila istituti. La stampa 3D rimane comunque un’opportunità da esplorare anche nel settore domestico, tanto che molte aziende di elettronica di consumo, come Hp, Toshiba e perfino Olivetti, hanno avviato nuove divisioni. La prossima potrebbe essere addirittura Apple, che ha recentemente depositato un brevetto per un dispositivo in grado di stampare oggetti e colorarli. Di sicuro nel prossimo futuro assisteremo a una diffusione massiccia in molti ambiti. Quelli industriali sono, ovviamente, i più promettenti dal punto di vista del business, ma non mancheranno applicazioni di nicchia altrettanto interessanti. In ambito medicale e farmacologico si stanno svolgendo test che lasciano intuire sbocchi quasi fantascientifici. Tecniche di bio printing hanno già permesso all’equipe dell’Università di Sydney di stampare dei vasi sanguigni, mentre, secondo le stime del team di ricerca dell’Università gallese di Swansea, entro tre anni si potranno stampare organi e tessuti sintetici. Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma non troppo (una decina di anni, forse meno), perché si possa ricevere il vaccino dell’influenza via email per poi stamparselo a casa. L’idea, tutt’altro che campata in aria, viene direttamente dal blog del famoso genetista americano Craig Venter, che ha dichiarato di aver iniziato a realizzare una stampante tridimensionale capace di produrre Dna. Il prototipo, già funzionante presso il Venter Institute a Rockville in Maryland, è un convertitore biologico digitale. Questo tipo di soluzione, sostiene il genetista, potrebbe rappresentare una straordinaria risorsa per contenere le prossime possibili pandemie. Il tempestivo invio del vaccino, a domicilio, consentirebbe di salvare milioni di vite. Seguendo un principio simile, ma con finalità diverse, la stampa 3D potrebbe essere usata anche per produrre cibo. La società americana Modern Meadow sta già mettendo a punto una stampante per produrre bistecche artificiali. Stamperemo anche abiti, mobili, circuiti elettrici e pezzi di ricambio per ogni necessità. Siamo agli inizi della quarta rivoluzione industriale.

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Un esempio di stampante 3D per professionisti. La Dws Xfab è uno dei modelli più evoluti sul mercato, dai costi ridotti e in grado di gestire un’ampia gamma di materiali, dalla plastica alla ceramica, dalla gomma all’acrilico