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Fiera di Roma, uno scandalo tutto italiano. Da 355 milioni

Debiti per 200 milioni, una struttura che cade a pezzi a meno di dieci anni dall’inaugurazione e la zavorra dei terreni della vecchia struttura. L’inchiesta de “il Fatto quotidiano”

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Un sogno da 344 milioni di euro: tanto è costata la nuova Fiera di Roma che doveva sfidare i maggiori poli europe e che oggi invece cade a pezzi sotto 200 milioni di debiti (70 solo di interessi verso Unicredit) e una procedura prefallimentare aperta a meno di dieci anni dall’inaugurazione del progetto di Walter Veltroni: «Se entro luglio non troviamo i soldi per pagare i fornitori, falliamo», racconta Mauro Mannocchi, amministratore unico di Fiera, a il Fatto quotidiano che denuncia lo spreco e paventa il possibile licenziamento di 23 dipendenti su 76.

A PEZZI. Nata tra la città e Fiumicino e costruita dalla famiglia Toti, la Fiera di Roma occupa 390 mila metri quadri e vanta 14 padiglioni espositivi. A comporre la holding Investimenti Spa erano stati come soci la Camera di Commercio di Roma (58,5%), il Comune di Roma (21,7%) e la Regione Lazio (9,8%). Alla base del crack c’è la mancata vendita della vecchia Fiera, ormai abbandonata, che doveva pagare parte dei lavori. L’ultima proposta prevede di aumentare le cubature da 44 mila e 75 mila mq per renderla appetibile, ma i residenti della zona non ci stanno.

CHI PAGA? Intanto, già quattro padiglioni della nuova struttura sono diventati inagibili: crepe profonde nei muri, pavimenti dissestati, percorsi pedonali diroccati, e porte scardinate. Problemi sorti quasi subito, «dalla consegna del cantiere», spiega Mannocchi. Servirebbero già altri 100 milioni. Secondo l’amministratore unico dovrebbe essere la Lamaro Costruzioni a pagare per i lavori non eseguiti bene, mentre la dittà si è cautelata aprendo un contenzioso con la Investimenti spa per non pagare le manutezioni. Ma chi doveva sorvegliare i lavori? Stefano Perotti, arrestato nel frattempo dalla Procura di Firenze per corruzione nell’ambito dell’inchiesta “Sistema”.

GIRANDOLA DI NOMI. Il resto è storia di malagestione. Nel 2009 si dimise l’a.d. Luigi Mastrobuono, sostituito solo a gennaio scorso da Carlo Paris. A sceglierlo era stato il sindaco Ignazio Marino che ora ne chiede le dimissioni. «Fiera è a un passo dal fallimento», la sua ultima dichiarazione recente. «Il tribunale fallimentare», conclude l’amministratore unico, «ci ha concesso il concordato preventivo e se entro luglio non ripianiamo i conti, andiamo tutti a casa».

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La nuova Fiera di Roma, inaugurata nel 2006 e già da buttare