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Orologi: attenti alla bolla?

Non è mai stato così difficile acquistare un nuovo segnatempo d’alta gamma tra liste d’attesa, sovralistino e reseller. Così gli acquirenti hanno paura che l’idillio finisca e di ritrovarsi con un pugno di mosche. Non sarà così…

Nell’anno 1988 chi vi scrive era un “giovane apprendista” in una delle prime riviste di orologeria italiane e non solo. A Basilea avevano appena presentato il Rolex Daytona con movimento a carica automatica, quello che oggi i collezionisti chiamano con il soprannome di Daytona “Zenith” a indicare il movimento El Primero che ne era il motore. Tanta era l’eccitazione per questo nuovo modello, enfatizzata da un nascente mercato collezionistico, che in pochissimo tempo i primi pezzi consegnati vennero venduti, lasciando vuote le vetrine dei concessionari.

Si creò immediatamente un effetto volano, dove alla scarsità dell’offerta immediatamente corrispose il moltiplicarsi della richiesta. Il risultato fu duplice: da una parte i concessionari furono costretti a stilare delle liste d’attesa, dall’altra i primi fortunati possessori intuirono di avere tra le mani un bene estremamente prezioso e iniziarono a rimettere in vendita i Daytona a prezzo maggiorato. Dopo qualche mese, un paio di “esperti del settore” che frequentavano la redazione dissero: «è una follia del momento, una bolla che fra qualche settimana esploderà e quei crono torneranno al loro valore iniziale, se non di meno».

La profezia si è avverata? Assolutamente no. È da quel lontano 1988 che per l’acquisto di questo cronografo è indispensabile pazientare all’interno di una lista d’attesa, meglio conosciuta oggi come “manifestazione d’interesse”. Ma non solo. Nessuna bolla è scoppiata, anzi le quotazioni dei modelli vintage negli ultimi 30 anni sono aumentate in maniera esponenziale, raggiungendo cifre anche a sette zeri. Per quanto riguarda la produzione contemporanea, nel secondo polso si arriva addirittura sfiorare prezzi di vendita di tre volte il listino, come è accaduto quando Phillips a Ginevra ha battuto un Daytona acciaio del 2019 con referenza 116500LN alla cifra record di 40.320 franchi Svizzeri, pari a circa 37 mila euro.

Il mondo è impazzito? No, si stanno seguendo le più semplici leggi legate all’offerta e alla richiesta: a un allargamento esponenziale del mercato mondiale, con l’arrivo di un numero elevatissimo di nuovi acquirenti orientali, non è corrisposto un aumento della produzione. Il motivo è semplice: realizzare un orologio è complicato. Risultato? Ad esempio la Rolex si stima che producesse circa 800 mila pezzi all’anno alla fine degli anni ’90 (non ci sono numeri certi in quanto si tratta di una società indipendente, non quotata in Borsa e, quindi, con nessun obbligo di comunicare i suoi dati produttivi e i suoi bilanci) e sembra che produca lo stesso numero ancora oggi. Lo stesso vale per Patek Philippe, ma con numeri di produzione sensibilmente inferiori, il cui Nautilus è divenuto oggetto di culto da parte dei collezionisti e degli investitori di tutto il mondo, con quotazioni nel secondo polso che arrivano anche a cinque volte il prezzo di listino. In generale, ci sono alcuni modelli per i quali l’esiguo numero dei pezzi prodotti amplifica l’interesse e il valore, lasciando a bocca asciutta tanti acquirenti.

Quello che i concessionari stanno facendo è indirizzare il più possibile le vendite dei pochi pezzi disponibili ai clienti abituali, dai quali non ci si aspetta una visione speculativa, limitando al massimo le vendite alla cieca. Il risultato è una sorta di onda di malumore che si sta diffondendo tra chi vorrebbe acquistare un modello blasonato, ma proprio non ci riesce. Si grida all’inciucio tra concessionari e reseller, si mettono in mezzo speculazioni mondiali del marketing del lusso, si tira in ballo la volontà di penalizzare i piccoli appassionati. L’apice si tocca, infine, quando il sapiente di turno ritira fuori il discorso della “bolla che scoppierà presto”, novello profeta di sventura che ammonisce tutti coloro i quali si apprestano ad acquistare un modello tra i più richiesti.

L’esperienza ci racconta che non c’è nessuna bolla, che il mercato si è assestato su di un connubio produzione/distribuzione dove l’offerta è sempre inferiore alla richiesta, mentre alle case orologiere resta il compito di non approfittare troppo della situazione, evitando di alzare i listini. Gli acquirenti prima o poi si abitueranno e si metteranno gioiosamente in lista d’attesa come fanno da decenni le acquirenti di alcune borse Chanel o Hermès, che della prospettiva del futuro possesso hanno fatto un motivo di orgoglio.

Articolo pubblicato su Business People, giugno 2021

Credits Images:

Patek Philippe calendario perpetuo ref. 5236P con visualizzazione in linea brevettata del giorno, data e mese. Cassa in platino da 41,3 mm. Costa 115.060 €