Connettiti con noi

Business

Chi guadagna (e chi perde) con lo smart working

Se il lavoro agile diventerà strutturale, ci saranno effetti indubbiamente positivi, non solo economici. A rischio, però, 21 mila attività tra negozi, ristoranti e hotel

Se lo smart working in Itala diventasse strutturale, saremmo di fronte a una rivoluzione. E, come tutte le rivoluzioni, non tutti gli effetti sarebbero positivi. Il lavoro agile potrebbe coinvolgere una platea di 6,2 milioni di lavoratori, che potrebbero fare a meno del tragitto quotidiano casa-lavoro-casa. Assisteremmo a una netta riduzione del traffico e dello smog, perché avremmo circa 4,9 milioni di passeggeri di mezzi privati o pubblici in meno al giorno (con un notevole risparmio anche sui costi del carburante o dei biglietti), e il sistema imprenditoriale italiano potrebbe arrivare a risparmiare 12,5 miliardi di euro l’anno.

C’è, però, il rovescio della medaglia. Le imprese della ristorazione, del commercio, del turismo e dei trasporti potrebbero perdere circa 25 miliardi di euro di fatturato, soprattutto nei capoluoghi e nei grandi centri urbani. Sono questi i dati principali e le stime del dossier Confesercenti Cambia il lavoro, cambiano le città, incentrato sugli effetti dello smart working su imprese, famiglie e società. Ecco, in dettaglio, alcuni dati di Confesercenti:

Smart working e consumi delle famiglie

Lo smart working influisce sulle abitudini di consumo e sulla tipologia di spesa per la famiglia. Chi lavora da remoto spende di più per la tecnologia per lavorare da casa; di meno per la cura della persona e per l’abbigliamento; inoltre, consuma un minor numero di pasti fuori, utilizza meno i trasporti e le attività ricettive ma allo stesso tempo aumenta la spesa per prodotti alimentari e utenze domestiche. Il bilancio tra maggiori e minori consumi, però è negativo: se diventasse strutturale, lo smart working porterebbe le famiglie a spendere -9,8 miliardi di euro l’anno rispetto ai livelli pre-pandemia.

Gli effetti del lavoro agile sulle imprese

La riduzione di personale in presenza può portare un sensibile risparmio per le imprese, dai costi sostenuti per l’acquisto e gli affitti dei locali a quelli del consumo di energia elettrica e gas, di trasporto e spostamento e tutto l’insieme dei costi indiretti. Come accennato, si tratterebbe di un risparmio per il sistema imprenditoriale di circa 12,5 miliardi di euro l’anno. Pesanti però, come detto, i cali di fatturato (-25 miliardi), soprattutto per le imprese di turismo, ristorazione e trasporti. A crescere invece (+4,3 miliardi) il fatturato nel commercio alimentare. Nel complesso, si quantifica una perdita netta per il sistema delle imprese di -8,2 miliardi di euro di fatturato. Il quadro descritto avrà un impatto negativo, con la chiusura di quasi 21 mila attività e la perdita di oltre 93 mila occupati, in particolare nei pubblici esercizi e nella ricettività.

Città e traffico nell’era dello smart working

La grande parte della riduzione di spesa si concentrerebbe nelle grandi città, che hanno attività di terziario avanzato. Per questi centri si potrebbe assistere a una ripresa del turismo vacanziero ma a una flessione strutturale dei flussi di tipo lavorativo: sono proprio le città più densamente abitate ad avere più attività che possono essere svolte da remoto (circa il 45%), mentre nelle città minori tale percentuale si attesta intorno al 20%. Complessivamente, in un regime di smart working strutturale, mediamente, circa 4,9 milioni di lavoratori al giorno non si sposterebbero più da casa. Di questi 1 milione che utilizzano un mezzo di trasporto pubblico.

Credits Images:

Una strada trafficata di Milano. Secondo Confesercenti, uno smart working strutturale toglierebbe quotidianamente 4,9 milioni di lavoratori dalle strade (Foto © Getty Images)