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Caro bollette: aumenta il rischio default per le imprese non finanziarie

L’analisi di Cerved Rating Agency sull’attuale congiuntura negativa, che potrebbe far salire la rischiosità delle aziende italiane

Il forte aumento del costo di elettricità e gas, i problemi di approvvigionamento di numerose materie prime e l’inflazione potrebbero arrestare il lento miglioramento della rischiosità delle aziende italiane, seguito alla crisi pandemica. In questo scenario tutt’altro che roseo, Cerved Rating Agency, l’agenzia di rating del gruppo Cerved, nel suo Credit Outlook 2022 stima che le probabilità di default (PD) delle imprese non-finanziarie italiane potrebbe risalire a fine anno al 6,12%, contro il 5,71% di dicembre 2021.

Qualora, viceversa, gli elementi di crisi venissero riassorbiti già all’inizio del secondo semestre e la situazione sanitaria migliorasse sensibilmente, anche grazie all’assenza di nuove varianti Covid, la ripresa economica sostenuta dalla domanda interna, da una solida base di risparmio privato e dall’utilizzo delle risorse del Pnrr potrebbe abbassare la rischiosità complessiva: nello scenario base la probabilità di default media si attesterebbe a fine 2022 al 5,35%, in calo del 6% rispetto al dato attuale (5,7%) ma comunque ancora al di sopra dei livelli pre-pandemici (4,45% a fine del 2019).

Evoluzione della probabilità di default delle imprese“Grazie alla ripresa economica e all’espansione dei consumi privati e degli investimenti”, commenta Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency, “prevediamo un miglioramento dei fondamentali delle imprese, ma con diversi elementi di incertezza. Se da un lato la copertura vaccinale ha contenuto gli effetti della quarta ondata, l’incognita di nuove varianti resta sullo sfondo. Altro tema centrale è quello legato all’andamento dei prezzi delle commodities e dell’energia. Nel 2021 il Pun (Prezzo unico nazionale dell’energia elettrica) ha segnato un incremento del 400%, andando a erodere i margini operativi delle imprese per arrivare, in alcuni casi, a determinare la discontinuità dei cicli produttivi, in particolare nei settori più energivori. Questa situazione non migliorerà prima della seconda metà dell’anno, quando le difficoltà di approvvigionamento potrebbero attenuarsi. Gli shortage minacciano seriamente il raggiungimento dei volumi produttivi e commerciali economicamente ragionevoli, ripercuotendosi negativamente sui flussi di cassa”.

La situazione per area geografica nello scenario baseConsiderando lo scenario base, o più ottimistico, le probabilità di default sono diverse per area geografica, con previsioni più confortanti per le regioni del Nord: il dato medio di PD per i prossimi 12 mesi nel Nord-Ovest si attesterebbe al 5,2% a fine 2022, mentre nel Nord-Est scenderebbe addirittura al 4,5%. Al Centro-Sud del Paese, invece, i valori di PD sarebbero pari al 6,3% al Centro e al 6,2% al Sud.

Andamento della PD nello scenario base, per dimensione, macro-settore e area geograficaIn termini di dimensione aziendale, le probabilità di default più alte nello scenario base riguardano le micro e le piccole imprese, con stime rispettivamente del 9% e del 6,9%. Il miglioramento più significativo si avrebbe nelle grandi imprese, dal 2,7% al 2,3% nel 2022, mentre per le medie si andrebbe dal 4,8% al 4,5%.

Probabilità di default per settori nello scenario baseIl Credit Outlook 2022 di CRA stima che i livelli di rischio, nello scenario più positivo, saranno differenti per settore merceologico: il farmaceutico e le utilities si confermano, in assoluto, i segmenti con le probabilità di default più basse, ma la situazione dovrebbe migliorare sensibilmente anche per il turismo e le attività ricettive, favorite da un’attenuazione delle misure anti-Covid, e per le costruzioni, grazie agli interventi economici promossi dal Governo e agli investimenti in infrastrutture veicolati dal Pnrr. Tuttavia, le probabilità di default di questi settori resteranno ancora superiori alla media di portafoglio.

Diverso il discorso per le imprese energivore, che devono far fronte all’aumento dei costi dell’energia: se da un lato le aziende che dominano la catena di distribuzione riusciranno a trasferire in buona parte gli incrementi di costo, preservando la marginalità operativa, per le piccole e medie realtà con meno potere negoziale l’aggravio dei costi determinerà una consistente compressione dei margini, minacciandone la sopravvivenza.

In aggiunta alle variabili già citate, l’Agenzia ha considerato la diversa esposizione alla transizione green dei settori analizzati: attraverso un’analisi del transitional risk, del contributo dato dai fondi Pnrr, del livello di investimenti necessari e delle generali capacità di autofinanziamento delle imprese, è stato elaborato un mapping del fattore di rischio specifico, successivamente utilizzato per calcolare adjusted risk. Malgrado l’impatto di questo fenomeno sulle probabilità di default sia estremamente limitato nell’orizzonte temporale osservato, emerge chiaramente come le imprese che operano nei combustibili, nei trasporti, in agricoltura e nell’automotive presentino il più alto livello del fattore del rischio adjusted, quindi con una maggiore incidenza sulla probabilità di default.

Al contrario, settori come farmaceutico, attività professionali e informazione & comunicazioni, che presentano una contenuta esposizione al transitional risk e possono contare su una capacità di autofinanziamento maggiore, mostrano una correzione del livello di rischio adjusted più contenuto.

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Photo by fanjianhua