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Decreto dignità: ecco che cosa cambia davvero

Aumento dell’indennizzo sui licenziamenti senza giusta causa, divieto di pubblicità sul gioco, stretta sui contributi pubblici: sono alcune delle novità

Dopo giorni di critiche, annunci, dietro-front, arriva finalmente il primo provvedimento del governo giallo-verde. Si tratta del decreto dignità, fortemente voluto dal vice premier Luigi Di Maio, che ha più volte dichiarato di voler annullare il Jobs Act approvato dall’amministrazione Renzi. La prima bozza contemplava una stretta sui contratti a termine, con la riduzione del numero dei rinnovi, il ritorno alle causali, il contributo aggiuntivo dal secondo contratto in poi. Non solo. Era prevista anche l’abolizione dello staff leasing, misura che però è stata tolta dalle stesure successive. L’ultima novità riguarda l’aumento del 50% dell’indennizzo sui licenziamenti senza giusta causa: si dovrebbe dunque passare dagli attuali due mesi di stipendio per anno di servizio, con un minimo di quattro e un massimo di 24 mesi, a un importo compreso fra sei e 36 mesi di retribuzione.

Il decreto dignità interviene anche su contributi pubblici e gioco

Il decreto dignità affronta anche la questione contributi pubblici per le aziende che spostano gli stabilimenti fuori dall’Italia. Nella prima bozza si ipotizzava di recuperare i contributi statali con interessi maggiorati e sanzioni pari da due a quattro volte gli importi erogati dallo Stato. La bozza finale mantiene le stesse cifre, ma riduce da dieci a cinque anni il periodo entro il quale l’azienda non può lasciare l’Italia. Per quanto riguarda il gioco, rimane il divieto assoluto di pubblicità su qualsiasi forma di gioco e scommessa che preveda vincite in denaro. L’ultima bozza però salva i contratti che, all’entrata in vigore del decreto, sono in corso di esecuzione, come la lotteria Italia. Infine, sulla semplificazione del fisco per le imprese non cambia molto: spesometro e studi di settore, infatti, di fatto sono già superati. Si cambia semplicemente qualche scadenza e si introduce l’esclusione per i professionisti dallo split payment.

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© Franco Origlia/Getty Images