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Protagonisti

Marcello Mancini e il (suo) magazzino delle idee

Affiancare le aziende, ispirando i loro manager, quadri e dipendenti, diventando un vero e proprio ecosistema della formazione. È l’ambizione di Roi Group, società a capo di Performance Strategies, nelle parole del suo fondatore e Ceo, Marcello Mancini

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Forse uno dei complimenti più gratificanti rivolti a Marcello Mancini è arrivato da parte di un a.d. a capo di grandissima realtà italiana: «Voi per me siete il magazzino delle idee». Questa frase racchiude il senso di Roi Group, realtà fondata da Mancini che si è affermata come un punto di riferimento nel panorama italiano della formazione. Nato con Performance Strategies, marchio specializzato in eventi di formazione nelle aree strategiche del business, e sviluppatosi poi con i brand Life Strategies e la casa editrice Roi Edizioni, il gruppo punta oggi a diventare un ecosistema della conoscenza, affiancando aziende assetate di sapere, in cerca di ispirazione o di un evento motivazionale per i propri manager. Incontriamo Mancini a poche settimane dal Leadership Day del 15 ottobre con il coach Julio Velasco, primo evento in presenza dallo scoppio della pandemia, al quale seguirà il Marketing Forum del 18 e 19 novembre, di cui Business People sarà media partner.

Come avete vissuto questo periodo lontano dal palco?
L’abbiamo passato a studiare. È stato un anno e mezzo complesso, e lo è tuttora. Per questo abbiamo cercato di attuare un’introspezione imprenditoriale, ripensando l’azienda: durante il lockdown abbiamo prodotto ben 72 documenti di sintesi, perché ogni giorno, con il mio team, rimettevamo in discussione il nostro modello. Ci interessava capire più di ogni altra cosa come si sarebbe modificata l’experience da un tipo di evento dal vivo fortemente esperienziale, capace di attivare tutti e cinque i sensi, a uno (digitale, ndr) dove se ne stimolavano solo due.

Effettivamente la “macchina” di Performance Strategies non si mai è fermata in questi mesi.
Vero. L’ultimo appuntamento in presenza è stato quello del 14 febbraio 2020, che il caso ha voluto fosse sempre con Velasco, e ripartire il 15 ottobre sarà una grande emozione, ma è un anno e mezzo che organizziamo appuntamenti digitali. Migliaia di persone avevano aderito ai nostri eventi nel 2020 e dovevamo offrigli un’esperienza di livello. Non volevamo scendere a compromessi, affidandoci a soluzioni temporanee di videoconferenza, dove il fattore distrazione è elevato. Per questo abbiamo investito su una piattaforma della Silicon Valley, impegnativa dal punto di vista economico, ma molto performante sul fronte dell’esperienza di utilizzo. Siamo stati ripagati dalla soddisfazione del pubblico.

Dopo anni di crescita, il Covid ha frenato il settore degli eventi. Da questa battuta d’arresto, cosa si può imparare?
A novembre 2018, sul palco del Leadership Forum, un anno e mezzo prima della pandemia, Nassim Nicholas Taleb rifletteva sull’importanza di non essere resilienti ma “antifragili”, un termine poco noto ai tempi. L’antifragile prende un colpo, lo subisce, ma non ritorna come prima: migliora. Questo perché utilizza l’elemento di contrasto come un punto di forza. Ecco: questa crisi non sarà sprecata se ne usciremo più forti e trasformati. Spesso sento dire «speriamo che tutto torni come prima», ma questa crisi ha modificato le nostre abitudini e non esserne consapevoli è un errore. Noi, ad esempio, abbiamo creato il neologismo di on live per indicare il mix tra l’esperienza dal vivo e online. L’online non è nemico del live e viceversa. Il digitale rappresenta un potenziamento e il pubblico dei Millennial sarà sempre più sensibile a questa modalità rispetto a quella dell’evento in presenza, bisognerà tenere conto di questa diversificazione. Non si può più pensare che ci si possa reggere su una sola gamba e questo penso valga per tutti i settori come, ad esempio i ristoranti: prima solo alcuni si affidavano al delivery, oggi è una pratica diffusa e non si tornerà indietro.

Quest’anno celebrate i dieci anni di attività di Performance Strategies. Come arrivate a questo traguardo?
È un anniversario che segna un nuovo inizio, perché abbiamo tanti progetti in cantiere, ma è un traguardo dell’intero gruppo. Se nel 2011 siamo partiti con Performance Strategies, volendo portare in Italia il gotha della formazione e della crescita professionale, negli anni abbiamo ingrandito la nostra visione nel 2016 con Life Strategies e, nel 2017, abbiamo creato la casa editrice Roi Edizioni, che tra l’altro questo mese pubblicherà il suo centesimo libro in soli quattro anni. È una grande soddisfazione aver creato quello che per noi era chiaro fin dall’inizio: l’ecosistema della formazione. Però, come affermato da Fabio Capello a un nostro evento, «quando vinci, metti la coppa in soffitta e lascia spazio per quella nuova». Siamo pronti per i prossimi obiettivi.

In questi dieci anni il target dei vostri eventi è cambiato?
Totalmente. I nostri eventi di formazione erano più legati alle soft skill e coinvolgevano tanti manager, ma anche numerosi professionisti che decidevano di investire nella propria crescita personale. In seguito, ci siamo rivolti sempre di più alle imprese e, dal 2019 in poi, il nostro è un target corporate. Aiutiamo le organizzazioni a ispirare i loro manager, i loro quadri e i dipendenti, ma affianchiamo le aziende anche nella comunicazione e nel prospecting, aiutandole a raggiungere nuovi potenziali clienti. Oggi la scelta di relatori che soddisfano specifici bisogni di alta formazione fa sì che i target siano sempre più verticali: al Marketing Forum partecipano Cmo e Marketing Manager, al Sales Forum responsabili commerciali ed Executive Manager, mentre tutti i quadri, i C-Level e i top manager assistono all’evento di punta della nostra azienda, il Leadership Forum, che quest’anno debutterà l’1 e il 2 dicembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano.

Cosa cerca chi partecipa a un vostro evento?
Se 20 anni fa la difficoltà era quella di recuperare le informazioni, oggi ne siamo sommersi e occorre qualcuno in grado di selezionarle. Il valore aggiunto è qui: nella selezione di contenuti di qualità. Vale per un editore di una rivista e vale anche per chi, come noi, si occupa di costruire format di alta formazione manageriale. In questi anni abbiamo portato in Italia le menti più brillanti del pianeta sui temi che possono in qualche modo incrementare il business ed è quello che cercano i top manager che partecipano ai nostri eventi. Poi, appuntamenti come il Leadership Forum rappresentano anche momenti di grande ispirazione per chi è in cerca di nuovi modelli di pensiero.

Se oltre il 90% dei partecipanti si dichiara soddisfatto oltre le aspettative, cosa lasciano a lei gli eventi conclusi?
Ogni volta torno a casa migliore, perché vivo un mix di arricchimento professionale, networking ed emozione; ricevo un’energia capace di trasformare idee in progetti… Ma ogni appuntamento concluso mi lascia anche la voglia di fare meglio la prossima volta. Il mio team, durante l’evento, gira con un taccuino in tasca e ognuno sa che dovrà scrivere tre cose: quello che ha funzionato maggiormente, ciò che ha funzionato meno e nuove idee che spesso nascono vivendo l’evento. La settimana successiva ci riuniamo per analizzare questi feedback e tirare fuori nuove proposte che rappresentano il motore del nostro lavoro.

Quali momenti dei Forum del passato ricorda con maggior piacere?
Sono così tanti! Potrei ricordare gli eventi dei primi due anni, quando abbiamo portato per la prima volta in Italia i padri fondatori del coaching come Tim Gallagher e John Whitmore. Penso anche al 2015 quando un Daniel Goleman in gran forma condusse un’intera giornata di formazione, cosa abbastanza atipica per lui, abituato a brevi speech… Ma ricordo anche momenti più leggeri, come nel 2019 quando per un evento in tema abbiamo invitato uno dei maggiori esperti di talento, Claudio Cecchetto, e il suo speech si è concluso con me e lui sul palco a ballare il Gioca Jouer! accompagnati da mille persone in sala!

Se potesse scegliere una personalità della storia da invitare sul vostro palco, chi sceglierebbe e perché?
Non ho dubbi: Leonardo da Vinci. Per la varietà dei suoi studi e la vastità dei campi esplorati. Lui è stato davvero il Genio. Ha messo insieme tantissimi insegnamenti e concetti che troviamo oggi nei libri di management, come quel think outside the box, il pensiero laterale, o la Strategia Oceano Blu. Nel 2014 siamo riusciti a portare sul nostro palco Michael J. Gelb, uno dei suoi massimi conoscitori e autore di Pensare come Leonardo. I sette princìpi del genio.

Il prossimo ospite, invece?
Parto sempre dai risultati e oggi Netflix è indubbiamente una delle aziende che ha cambiato le nostre abitudini. Come casa editrice abbiamo avuto modo di pubblicare il libro del suo co-fondatore e primo Ceo Mark Randolph, Non funzionerà mai, che poi è la frase che l’imprenditore sentiva dalla moglie e dagli amici quando parlava di questa idea. Ecco, mi piacerebbe invitare Randolph sul palco.

Infine, una provocazione: perché le aziende dovrebbero continuare a investire in formazione?
Rispondo così: qualche giorno fa il mio iPhone mi ha chiesto un aggiornamento. Non c’era un problema, avevo semplicemente la possibilità di fare un upgrade del telefono. Nel settore automobilistico, invece, capita che i produttori – di fronte a un malfunzionamento – attuino il famoso “richiamo”. Ecco, quando le nozioni che abbiamo imparato diventano obsolete, dovremmo fermarci ma, a differenza dei motori, non c’è una spia che si accende per avvisarci. Noi ci occupiamo di questi upgrade. Per farlo occorre grande consapevolezza da parte delle aziende, soprattutto quando le cose funzionano, perché non si possono risolvere problemi nuovi, utilizzando strumenti vecchi.


Intervista pubblicata sul numero di Business People di ottobre 2021