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Auto: i trend del mercato flotte secondo Alphabet, Audi e Mercedes- Benz

Dopo anni di crescita record, nel 2020 il noleggio ha dovuto piegarsi alla pandemia. Ma non mancano segnali positivi da cui ripartire, come l’affermazione esponenziale delle vetture ibride

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Nel 2020 si è interrotta la serie di record che il noleggio aveva inanellato per sette anni consecutivi e aveva portato il totale delle immatricolazioni, nel 2019, fino a quota 530 mila. Piangere sul virus versato sarebbe inutile, così come lanciarsi in inutili proclami all’insegna dello slogan “andrà tutto bene”. Meglio, quindi, osservare con attenzione un recente sondaggio realizzato da Aniasa (l’Associazione nazionale dell’autonoleggio) intervistando un campione composto da 47 fleet e mobility manager di aziende di diverse dimensioni, con un parco totale di oltre 70 mila veicoli.

Nella Caporetto dei numeri emerge comunque un promettente segno positivo: le vetture ibride, nelle loro tre declinazioni, si stanno imponendo con un ritmo clamoroso. Un dato che la dice lunga è la sorte dei motori diesel, che cinque anni fa rappresentavano il 91% delle flotte a noleggio e nel 2020 si sono attestati, invece, al 56% pur restando i più richiesti dai driver che percorrono più di 20 mila chilometri l’anno. Nel frattempo, le ibride hanno scalato quota 18%. Solo una moda? «No», risponde Pietro Teofilatto, direttore dell’area Fisco ed Economia di Aniasa, «il salto è dovuto in parte agli incentivi previsti dal Dl dello scorso agosto ma soprattutto all’uscita di nuovi modelli più performanti».

Plug-in über alles, insomma, come conferma Gianfranco Martorelli, presidente dell’osservatorio sulla mobilità aziendale Top Thousand. «Tra i motivi che spingono i fleet manager a scegliere l’ibrido spiccano l’abbassamento delle emissioni medie di CO2, indicata dal 60% degli intervistati in un nostro recente studio, e la responsabilità sociale di impresa, segnalata dal 55%. Poi l’abbattimento dei consumi e, naturalmente, la tassazione agevolata dei fringe benefit, ritenuta decisiva dal 21% del campione». E le elettriche dure e pure? Molti addetti ai lavori le considerano ancora fuori dai giochi, perché sono penalizzate soprattutto dalla lentezza della diffusione delle colonnine di ricarica. Ma Andrea Castronovo, amministratore delegato di Alphabet, non è d’accordo. «Negli ultimi anni abbiamo notato da parte della nostra clientela un crescente interesse verso la mobilità elettrica», dice, «nonostante i numeri assoluti siano ancora relativamente limitati. Crediamo che questo indirizzo non si interromperà, anche se la pandemia potrebbe causare qualche cambiamento e rendere lo scenario meno prevedibile nel breve periodo. Una recente indagine dice che per un fleet manager su tre l’elettrificazione è destinata a subire un rallentamento, almeno inizialmente.

Ma secondo altri punti di vista la nuova normalità, con un massiccio ricorso allo smart working da parte di molte aziende, potrà dare un ulteriore impulso all’e-mobility, soprattutto nelle città». Quale sarà il futuro dell’elettrico? Chi vivrà vedrà, quello che è certo è che, indipendentemente dal tipo di motore, nemmeno la pandemia ha guarito la piaga dei furti d’auto. «Dopo un passaggio a vuoto nei mesi in cui tutto il Paese si è fermato, i ladri hanno ripreso velocità», dice Massimo Braga, vicedirettore generale di Lojack Italia, società parte del colosso CalAmp leader nei servizi telematici e nel recupero di veicoli rubati. «Nel mirino ci sono soprattutto i Suv, che vengono fatti sparire anche con muovi dispositivi hi tech che non lasciano tracce sul veicolo e consentono ai criminali di dileguarsi indisturbati in pochi secondi. Come difendersi? Noi consigliamo sistemi a radiofrequenza che non sono schermabili e sono in grado di superare anche barriere fisiche come container, parcheggi sotterranei e garage. Del rilevamento e del recupero si incarica un nostro team che collabora con le Forze dell’Ordine».

Un altro effetto collaterale della pandemia è stata una decisa accelerazione nel passaggio da parte degli automobilisti dal concetto di possesso a quello di utilizzo, tendenza che ha messo sulla rampa di lancio contratti individuali di noleggio a lungo termine destinati a professionisti, artigiani e privati. «È un orientamento del mercato che nasce dalla voglia dei clienti di semplificarsi la vita sotto il profilo della gestione dell’auto e di poter contare su costi prevedibili al 100%», dice Andrea Castronovo, «Il noleggio è una risposta per tutti? Probabilmente no, ma di certo lo è per una fetta crescente della popolazione. Nei prossimi mesi ci concentreremo sempre di più sui liberi professionisti e sulle pmi con offerte più flessibili, digitali e interattive, il tutto mantenendo il focus sul cliente e sulla qualità del servizio, grazie alla collaborazione con i nostri broker e la rete dei concessionari».

La personalizzazione sempre più spinta dei contratti è un dogma anche in casa Mercedes- Benz. «È indispensabile capire chi è il cliente, quanti chilometri fa, con quale frequenza vuole cambiare macchina e quale tipo di servizi desidera», dice Christian Catini, Corporate & Fleet Sales Manager. «È fondamentale un esame preventivo per capire le reali esigenze del nostro interlocutore e le sue aspettative. Tendenzialmente, comunque, un noleggio deve costare sempre più di un finanziamento. E se le tariffe sono vicine a quelle di un leasing c’è qualcosa che non va: nessuno regala niente a nessuno e più servizi metti nel contratto, come l’assicurazione, la Kasco, l’incendio e furto, la manutenzione e il bollo, più si alza il canone da pagare. È quindi indispensabile trovare un equilibrio. L’equilibrio di cui parla Catini è figlio di un fenomeno strisciante: l’irruzione nel mercato del noleggio dei privati fa gola e, di conseguenza, molti operatori propongono formule-civetta a prezzi molto interessanti che sul lungo periodo finirebbero per diventare insostenibili, quindi i canoni devono giocoforza aumentare. Un’equazione che, secondo il coro quasi unanime degli addetti ai lavori, significa che la propensione ai prezzi stracciati è una strategia vincente sul breve periodo, destinata però a infrangersi presto sugli scogli della sostenibilità dei conti.

Su un altro aspetto tutti gli interpellati sono perfettamente d’accordo: la qualità della consulenza degli esperti è un fattore decisivo per imporsi sulla concorrenza. A questo proposito Vincenzo Vavalà, direttore vendite di Audi, dice: «Posso raccontare una trattativa fatta di recente con un’azienda medio-piccola che ha aggiornato il suo parco auto. Analizzando gli utilizzi di ciascun dipendente, all’amministratore delegato è stata data in uso una e-tron, all’operation manager che fa molti chilometri girando per i cantieri una A6 Avant mild hybrid diesel, al financial manager che si muove sul percorso casa ufficio e ha una casa in montagna la Q5 plug-in. Per i funzionari la scelta più corretta è ricaduta sulla A4 Avant mild hybrid diesel. Un’analisi che ha tenuto conto dei consumi, del costo dei canoni, degli stili di vita, ma anche dei valori residui, che rimarranno elevati».

Articolo pubblicato su Business People, maggio 2021

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