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Gusto

Vino, una Sicilia tutta da scoprire

La riscoperta dei vitigni autoctoni ha reso l’isola una terra da esplorare, al di là delle solite denominazioni ormai affermate

La Sicilia del vino sta vivendo una seconda giovinezza d’impressionante vitalità e successo commerciale, basati su un lungo e serio lavoro di riscoperta delle proprie radici enoiche, che risalgono ai tempi della Magna Grecia. Radici fatte da centinaia di vitigni autoctoni il cui potenziale deve essere ancora del tutto esplorato, così come devono essere ancora esplorate molte sue contrade e denominazioni, che oggi cominciano a produrre a livelli altissimi, come già hanno dimostrato le attuali leader per risonanza mediatica e attenzione della critica: la zona dell’Etna (grazie al Nerello Mascalese) e di Vittoria (grazie al Frappato).

Oltre a questi due focus che calamitano l’interesse degli appassionati, ce ne sono altri che rappresentano una Sicilia alternativa del vino tutta da scoprire. Un ideale viaggio dovrebbe cominciare proprio laddove si sbarca sull’isola la maggior parte delle volte, ovvero da Messina. Qui incontriamo subito la doc Faro, che ha un’estensione molto rilevante, dato che si allunga verso Sud fino quasi alle pendici dell’Etna e alla provincia di Catania, con panorami mozzafiato vista stretto e a strapiombo sul mare. Poco a Nord di Messina troviamo Le Casematte, il sogno enoico che il commercialista Gianfranco Sabbatino ha condiviso con il difensore della Juventus Andrea Barzagli, appassionato di viti e vini. Quest’azienda, piccola e coraggiosa incarna la “filosofia del fare” che contraddistingue i suoi fondatori, contraddistinta da concretezza, ma anche eleganza rurale, con vini precisi e sapidi, dove il frutto non è mai fine a se stesso, ma messo a bilanciare una freschezza sorprendente per la latitudine. Merito della posizione dei vigneti, in altitudine e con una pendenza rilevantissima, esposta a una ventilazione costante. Il loro Casematte Faro si è aggiudicato i Tre Bicchieri del Gambero Rosso con la 2014, un vino ricco di visciole, menta, spunti speziati finissimi e una lunghezza al palato notevole.

Sempre in zona, sul fronte dei piccoli produttori bio, sono sempre illuminanti gli assaggi dei vini di Bonavita – il cui Faro 2014 si rivela fresco, croccante e tesissimo, complice anche l’annata di grande equilibrio – e conferma ogni volta la sua qualità ed eleganza la Romanée Conti del Sud Italia (come ebbe a dire Luigi Veronelli), ovvero il Faro Palari, che ogni anno si ritrova al vertice della graduatoria dei vini italiani più premiati: balsamico, fine, ricco eppure fine tra frutta di bosco, cardamomo, liquirizia e agrumi appena spruzzati di tocchi di ebanisteria delle barrique. Sempre in zona, troviamo Enza La Fauci e il suo Oblì, che unisce Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera, e Nero D’Avola in un vino sapido e fresco (grazie al Nerello) che non rinuncia al frutto rabbioso del Nero d’Avola accompagnato dalla speziatura della Nocera.

In campo bianco, la nuova moda imperante, che speriamo non si riveli appunto solo una moda, ma una realtà produttiva stabile, è il Grillo, antica uva cardine del Marsala, che oggi in versione bianco secco da tavola sta riscuotendo un successo incredibile. Merito del suo carattere particolare, delle sue note iodate e gessose e di un fruttato delicato che ne rende l’aroma molto sfaccettato, permettendo di giocare un ruolo importante a note balsamiche e floreali. Tra i migliori esempi in Sicilia Occidentale il Bianco Maggiore di Rallo, azienda storica, dal 1860 produttrice di Marsala per la casa Savoia, di proprietà della famiglia Vesco dagli anni ‘90, quando cominciò la riconversione completa in biologico di vigneto e cantina. Proprio la zona di Marsala rappresenta per i suoi vini bianchi secchi non fortificati una delle nuove roccaforti produttive di qualità dell’isola, grazie alla presenza di molti piccoli artigiani dai nettari magnifici. Per esempio, quelli di Nino Barraco, che coraggiosamente porta avanti la sua bandiera di vini personali e di spessore, come dimostra il sorprendente Vignammare, il solido Grillo ancestrale e la recente versione del vitigno riscoperto Perricone, un rosso di zona già portato in auge da De Bartoli, i patriarchi del Marsala moderno. Poco più giù, a Cammarata (Ag), crescono invece le uve di Perricone di Feudo Montoni, dove Fabio Sireci porta avanti con la sua famiglia una storia che ha quasi 700 anni: furono gli aragonesi a costruire il baglio che ancora oggi costituisce il cuore dell’azienda. Il loro Vigna del Core nasce in altura (600 metri sul livello del mare) e ha profumi intensi di mirtillo, prugna e tante spezie, con note di cacao e torrefazione, e spunti balsamici, pur rimanendo inconfondibilmente siciliano nell’animo.

Tornando in zona Marsala, da registrare il recente e bellissimo exploit di Assuli con il rosso Nero d’Avola Lorlando da Mazara del Vallo, una riserva dai grandi profumi di frutta rossa e nera matura, che non rinuncia a freschezza e slancio. Registriamo anche il debutto in alta società per il bianco di Favignana di Firriato, La Muciara 2014, le cui uve di Grillo, Zibibbo e Catarratto crescono in un panorama da sogno su una delle isole più belle del mondo.

Sempre in tema Grillo e vini bianchi, l’Alègre di Barone Sergio a Pachino (provincia di Siracusa, zona storica dei pomodori omonimi, ma anche patria ancestrale del Nero d’Avola) mostra come quest’uva possa farsi tropicale nel frutto, ma mantenere un rigore nordico in freschezza e sapidità di fondo. Caratteristiche che troviamo anche nel sorprendente Contrasto del bianco 2013 della “biofattoria” Augustali, di proprietà di Vincenzo Bambina, quotatissimo enologo impegnato anche sul fronte etneo: un Vermentino-Catarratto che apre il discorso sull’entroterra palermitano, altra zona “calda” nella nuova mappa della Sicilia del vino. Proprio qui troviamo alcuni dei vigneti migliori di Baglio di Pianetto, filari da cui nasce lo Shymer (Syrah e Merlot) che, con l’annata 2013, pare essere arrivato a una maturità espressiva capace di andare oltre il semplice frutto, rilanciando nell’equilibrio e nella complessità del sorso. Quindi, dal mare alla collina fino all’entroterra, avete di che viaggiare (e assaggiare) in Sicilia da qui alla prossima estate!

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