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Gusto

La terza via dei vini

Si può essere originali e puntare comunque alla qualità. Così, se non volete bere né bianchi né rossi, andate sui rosati. Ecco quali

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Il paradosso dei vini rosati, perfetti per l’estate, per le serate all’aperto, è che sono in crescita nelle preferenze dei consumatori più esperti. Quindi, per spacciarvi per degli intenditori, seguite le nostre dritte stagionali.Intanto bisogna dire che, quando si parla di rosati, la regione dalla quale non si può prescindere è la Puglia e, soprattutto, il Salento terra del Negroamaro che se la gioca con il Nero di Troia (altro vitigno storico pugliese, detto anche Uva di Canosa o di Barletta) nella sfida a produrre i migliori rosati della regione. Zona Salento, propaggine pugliese della corrazzata Antinori, è Tormaresca, bellissima da visitare nonostante sia una costruzione recente, non stona nel paesaggio rurale classico salentino.È il colore che più seduce nel Calafuria Igt Salento 2009 di Tormaresca (100% Negroamaro dalla provincia di Brindisi, con fermentazione lentissima a 18° per mantenere gli aromi floreali e delicati), un colore non pieno e imponente ma anzi tendente all’arancio. Che compare al naso e in bocca sotto forma di note appunto agrumate leggere, poi floreale di rosa e cenno speziato di pepe.Ci spostiamo nel barlettano, dove incontriamo Cantine Carpentiere, che produce un grande Castel del Monte Doc Rosato Prima Luce, oppure il piccolo grande fenomeno nato sulla rete, quel Melograno Rosato Daunia Igt della Tenuta La Marchesa (a Lucera) rivelazione della manifestazione enoica “Radici” nell’edizione 2009, che è diventato un piccolo caso commerciale di successo senza alcuna menzione nelle guide del vino più quotate. Luciano Pignataro de Il Mattino e massimo esperto del Meridione vinicolo lo descrive così: «brillante, vivo, dal naso esuberante di fragole, lampone. In bocca acidità vibrante, tosta, ottima sapidità, lungo e intenso», un vino che mette davvero l’acquolina in bocca e difatti viene consigliato sul coniglio alla cacciatora, ma anche solo per sottolineare un tramonto al largo delle splendide coste pugliesi…Anche la Sicilia, in quanto a rosati, non scherza. Ci facciamo guidare da Mauro Mattei, sommelier del ristorante stellato La Gazza Ladra di Modica (chef Accursio Capraro) che ci indica subito il rosato di Planeta 2009, «veramente un vino per l’estate, prezzo competitivo, tappo stelvin e bevibilità paurosa». Ma siamo alla ricerca di qualcosa di più particolare e riusciamo a farci dare anche il nome di due “chicche” come il Rosato 2009 di Bonavita (Doc Faro, Messina), purtroppo esaurito e disponibile solo in qualche locale, e il particolarissimo “Vinudilice”, che merita di essere raccontato. Nasce da un vigneto sull’Etna posto a 1300 metri di altezza, che si raggiunge salendo dal versante nord, tra Randazzo e l’agro di Bronte. Il vigneto ha circa 10 mila ceppi per ettaro (molto denso quindi) e vi si trovano piantate varietà note come il carricante (bianco) e l’alicante (rosso), e altre meno conosciute come la minnella o la coda di volpe (entrambe bianche). Si raccoglie quasi tutto insieme e il risultato molto ancestrale è ovviamente un rosato che Mattei descrive come «sottile, affusolato, con un’acidità verde che taglia in due la lingua, rafforzata com’è dal tannino presente. Un ricordo vagamente ossidativo, già percepito al naso, ritorna in bocca con estrema piacevolezza. Una nota silvestre amalgama la struttura del vino evocando il bosco di lecci da cui prende il nome». Certamente non per tutti, ma capace di evocare un territorio affascinante come il vulcano in pochi sorsi… Anche in Toscana è da segnalare un grande ritorno dell’attenzione verso questi vini, principalmente a base Sangiovese sia a Montalcino (dopo che persino Biondi Santi ha cominciato a imbottigliare un imponente e costoso rosato). In Maremma e nel Chianti Classico, accanto a rosati ormai storici come quello del Castello di Ama, si sono affiancati quelli validissimi di Rocca di Montegrossi e di Castello di Brolio (rilanciato come “Albia” due anni fa).Novità particolare a Greve in Chianti (Firenze) con Castello di Vicchiomaggio che ha presentato un inedito Rosè alla Provenzale a partire da uve Cabernet Sauvignon con naso di fiori di campo, lamponi freschi, note dolci e delicate; in bocca è corposo ma non troppo, accarezza il palato senza stancare, non chiude dolce come vuole la moda ma rilancia con sapidità e gusto niente male. Splendido sullo spiedino di fegato con bei rimandi sapidi sul grasso e armoniosi fruttati sull’amarognolo tipico di questo piatto.Spostiamoci sulla costa meridionale toscana, zona nuovissima: a Massa Marittima troviamo il Rosato di Massavecchia che di rosato ha solo il nome perché in realtà dovremmo parlare di chiaretto, un colore che contraddistingueva fino al secolo scorso i vini rossi di Bordeaux. Sia nel prezzo che nella struttura lo si capisce praticamente da subito, con un piglio in bocca tannico (ovvero che asciuga moltissimo, tipico di rossi importanti) impressionante e piacevolissimo, un finale fruttato pieno e maturo e un naso mai troppo eclatante ma completo: insomma praticamente un vino rosso con tutti i pregi e nessuno dei difetti di eccesso di ruvidità e di alcol che in genere ne fanno calare il consumo con la stagione calda. Da uve Merlot 65%, Malvasia Nera 30%, Aleatico 5%, tre vitigni dal grande potere aromatico (dall’Aleatico si ricava anche un grandissimo passito sull’Isola d’Elba e nella Toscana sudoccidentale) che non si nascondono per niente in questo vino.Anche se pensiamo più spesso al Sud per i rosati, il Nord Italia ha in serbo moltissime sorprese. Ormai assodata l’ottima qualità dei Bardolino (dalle campagne del Veronese) e dei Garda Classico “Chiaretto”, restano ancora da riscoprire le piacevolezze di cui sono capaci le bollicine italiche alla prova del rosa, per esempio l’ormai classico (presentato nel lontano 1993) rosato millesimato di casa Ferrari, ovvero il Perlè Rosè affinato per cinque anni, ricercato come profumi con le sue note di cumino e rosa che si innestano su un corredo agrumato e di fragola di bosco esemplare per croccantezza e vitalità.In Franciacorta i nomi sarebbero tanti ma per provare qualcosa di nuovo e diverso, cercate l’unico rosato davvero “biologico”, ovvero quello di Barone Pizzini Brut Rosé, con 80% Pinot Nero e 20% Chardonnay, mai scontato e sempre dotato di una vena di freschezza e vitalità impressionanti. Per trovare qualcosa di ancora più particolare, rotta per il Friuli Venezia Giulia, letteralmente invaso durante Vinitaly, ad assaggiare il “Rosander” di Cormons (Gorizia), uno spumante rosato da uve Pinot Grigio vinificate appunto “in rosso”. Bottiglia particolare e accattivante ma soprattutto è un vino capace di accompagnare tutto il pasto cominciando da un’insalata di fragole e kiwi condite con aceto di lamponi, seguita magari da un brodetto di pesce dell’Adriatico e da frutta di stagione ai ferri con un finale di frutta esotica marinata: mette fame solo a pensarci, vero?