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Gusto

Il trionfo delle bollicine

Vini limpidi e cristallini, perfetti per l’estate. Grazie anche al mix ineguagliabile di sperimentazione e libertà che li caratterizza e ben si sposa con il clima vacanziero

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Bollicine ed estate sono un binomio che si sposa talmente bene che sembra superfluo ribadirlo. Sarà che il perlage delicato ci carezza il naso come solo certe brezze estive (sia in mare che in montagna) sanno fare, sarà che il caldo ci impone un cambio di attenzioni a quanto abbiamo nei bicchieri ma sarà anche perchè è una tipologia dove i produttori osano e sperimentano molto di più che altrove, offrendo prodotti sempre d’avanguardia piacevoli e che fanno venire la voglia di essere assaggiati. Una bollicina in cui si riflette come in uno specchio ogni elemento del lavoro dell’uomo e della natura. E in cui ogni consumatore può specchiarsi e perdersi felicemente, facendosi guidare dai propri sensi: e in questo un grande spumante è forse davvero il vino con il linguaggio più universale che esista. Perdonateci se in alcuni casi siamo stati troppo categorici nel descrivere stili e abbinamenti: sappiamo che la bollicina è un magico mondo che permette a tutti di sperimentare in libertà, ma qualche suggerimento non guasta mai.

PROSECCO MAGIC MOMENT

Centinaia di milioni di bottiglie esportate nel mondo parlano chiaro, il Prosecco, specialmente nelle sue accezioni più importanti, ovvero doc e docg di Valdobbiadene e Asolo, ha finito per conquistare i palati di ogni continente. Certo, il fattore prezzo ha giocato la sua parte, ma è anche vero che raramente si era visto un tale incrocio di imprenditoria vispa e attenta, capacità di leggere il proprio territorio e unità di intenti da parte di produttori di vino italiani. E anche quando uniti non sono, finiscono per concorrere alla causa nella maniera più disparata. Ad esempio prendiamo il grande lavoro di un’azienda storica e grande come Carpenè Malvolti, capace di ripercorrere i 150 anni d’Italia con la sua ultima Cuvèe Storica ottenuta non solo da uve glera (ovvero“prosecco”) ma anche boschiso, rivera e altre. Forse non tutti sanno che tra i “mille” Garibaldini c’era anche Antonio, un antenato della famiglia Carpenè che di ritorno a Conegliano fonda nel 1868 la storica azienda che applica il metodo di spumantizzazione charmat alla produzione locale, realizzando il prototipo del più grande successo mondiale degli ultimi anni ovvero il moderno Prosecco. Eh sì, perchè oggi il prosecco è pulizia, rigore, immediatezza, dolcezza senza esagerare e un vino limpido e cristallino mentre storicamente in zona non solo si consumava (e in parte lo si fa tuttora) moltissimo prosecco fermo (ovvero senza bollicine) ma anche molto prosecco non filtrato e anche rifermentato in bottiglia con i lieviti e altri componenti in sospensione a dare un prodotto torbido e cangiante con ancora il sedimento sul fondo della bottiglia che spesso va addirittura agitato per essere goduto al meglio! Oggi esiste una categoria di Prosecco autodenominatasi “colfòndo” dove produttori come Zanotto (che ha presentato da poco anche un Prosecco “fermo” dal nome “Doschei”), Casa Belfi (tra i più estremi in fatto di torbidità e corpo) e Casa Coste Piane (tra gli antesignani della rinascita della tipologia) offrono vini di carattere e che riservano molte sorprese a chi pensa che lo stereotipo del Prosecco “pera-mela-fiori” al naso e leggermente dolce in bocca sia sempre valido. Se questi produttori colfòndo sono molto piccoli come dimensioni, non lo è un’azienda come Cuzziol che opera come distributore di vini da tutto il mondo e che ha creato un’azienda apposita per produrre Prosecco di qualità da uve dai vigneti di Soligo, Conegliano e San Pietro di Feletto, ovvero BiancaVigna. Da ricordare come vino a tutto pasto il Biancavigna Prosecco millesimato brut 2009 con un naso gessoso e di pesca bianca, lime e pompelmo, con struttura in bocca che lo rende simile ad un metodo classico e finale deciso di ribes bianco e uvaspina, appena amarognolo o la versione Extra Dry (con maggior residuo zuccherino), più floreale dalla bocca impalpabile e soffice con una vinositá impressionante e molto agrumato, ottimo anche come aperitivo.

TRENTODOC

Una zona invece che rappresenta la storia delle nostre bollicine, in particolare metodo classico (ovvero con rifermentazione in bottiglia, il metodo usato per produrre da sempre lo Champagne e gli spumanti più fini ed eleganti del mondo) è quella del Trentodoc dove l’antesignano Ferrari insieme alle storiche cantine cooperative Cavit e Mezzacorona hanno saputo fare da apripista per molte realtà giovani ed estremamente interessanti che si sono affacciate recentemente alla ribalta. Per esplorare la zona ci lasciamo guidare da Roberto Anesi, sommelier ambasciatore del Trentodoc nel mondo e conosciamo così Pisoni (solitamente più nota per la produzione di Grappa) a Pergolese (Tn) nell’incantevole valle dei Laghi, zona di Nosiola e di Vino Santo del Trentino del quale Pisoni è uno dei pochi produttori. Capaci di realizzare un Brut molto fruttato e floreale, un rosè davvero piacevole per la sua immediatezza ed una riserva extra brut con permanenza sei lieviti superiore ai 48 mesi che merita davvero l’assaggio per la sua personalità. Ottimo an che il rapporto qualità prezzo che rende tutta la linea Pisoni davvero appetibile in carta vini… Altro nome da segnalare è Pedrotti (a Nomi) collocata in una suggestiva grotta che fu rifugio durante la grande guerra, davvero bella da visitare. Le due sorelle Donatella e Chiara conducono con grande passione ed impegno un’attività che storicamente ha sempre fatto vini ma che con l’arrivo delle ragazze ha puntato esclusivamente sul Trentodoc. Ottimo il prodotto base, anche se chiamarlo così è forse sminuirlo, un brut millesimato che fa almeno 48 mesi lui lieviti ed un rosè entrato in commercio da un anno solamente. Segnatevi però la Riserva 12 come prodotto più interessante: dodici anni sui lieviti, complessità intrigante e grande morbidezza in bocca con perlage finissimo. Ultima ma non ultima realtà da scoprire è Revì ad Aldeno con produzione di poco superiore alle 12 mila bottiglie. Revì si distingue perchè veramente un’azienda “di montagna” con pochi compromessi: vini sempre asciutti e di carattere che mettono in risalto sapidità e freschezza. Brut e Rosè estremamente validi ma soprattutto il nuovo arrivato Dosaggio Zero con residuo zuccherino di 0.00 gr/l (che si traduce in una sensazione di secchezza quasi tagliente) davvero da provare. Spumantizzato in Trentino con Pinot nero del luogo e un 30% di Chardonnay proveniente addirittura dal Chianti Classico (Dudda, Greve in Chianti) è molto particolare il rosè di Castello di Querceto, denominato Francois 2eme con un naso in cui spicca il pinot nero con rimandi fragoleggianti e piccanti quasi di zenzero, anche melograno e ribes, un filo di mandorla e floreale rosa, in bocca escono anche note di chinotto e pompelmo rosa per un vino piacevole e dissetante, d’impatto trentino e grazia chiantigiana.

CHAMPAGNE, COME REINVENTARSI OGNI ANNO (E OGNI ESTATE)

Oggi la Champagne (intesa come denominazione territoriale) è quella che oggi il più alto grado di specializzazione e l’unica che riesce allo stesso tempo a mostrarsi sempre coerente con se stessa e vicina ai gusti tipicamente mutevoli dei consumatori. Ne abbiamo parlato con Jean-Pierre Willemsen, selezionatore e importatore di Champagne con FcF “fier ce fît” (“Orgoglioso che sia fatto così”) trovandoci d’accordo sul fatto che «il marketing moderno del vino è quello di costruire un prodotto che risponda ai gusti del consumatore in base a una segmentazione per età, per luogo di residenza, per paese, per reddito, per gusti più o meno dolce/secco, con sapori più pronunciati di piante o fiori o frutti… perdendo totalmente le caratteristiche del “vero territorio” di provenienza». Questa strada è stata battuta in maniera massiccia dalle Grandi Maison di Champagne, lasciando spazio a piccoli produttori (in gergo RM ovvero recoltant manipulant) che si sono al contrario specializzati nel marketing di territorio molto specifico dando voci a singoli paesi o singoli vigneti all’interno della macro- regione Champagne. Per i marchi più conosciuti dello Champagne il marketing esalta di più le caratteristiche di élite, di festa, di ricchezza, di packaging (pensiamo alla recente operazione Moet et Chandon con lo Champagne specifico per essere gustato “on the rocks” servito solo nei locali da ballo più di moda), dando risalto allo stile costante della qualità dei vini. I vini delle grandi maison sono un risultato enologico in quanto l’uva proviene da tanti diversi terroir della Champagne ed esaltano lo stile enologico dello Chef de Cave (l’enologo), mentre i piccoli vignerons ricercano il meglio del meglio dal loro terroir (il terreno e il clima dove hanno i propri vigneti) affinando il loro stile e cercando la perfezione. Se volete averne degli esempi tra i nomi “nuovi” che vi consigliamo di scoprire dalla Valle della Marne (la zona più produttiva con molto Pinot Meunier e prodotti immediati e facili) Didier – Ducos Fils, dalla Cotes des Blancs (la zona dello chardonnay più fine e floreale) Grongnet e dalla Montagna di Reims (la zona con i vini più strutturati a base Pinot Nero) Hervieux – Dumez, tutti importati con lungimiranza da Fierce de Fit. Il fascino dello Champagne cattura anche una categoria intermedia di produttori come l’Ing. Andrea Costa che oltre alle tenute in Toscana, Alto Adige e Barolo ha rilevato un vigneto in Champagne per produrre la linea “Philippe Costa”. Dei quattro champagne prodotti ci ha colpito in particolare il Première Cru brut Blanc de Blancs “Un peu de folie” da sole uve Chardonnay provenienti dalla famosa Cote des blancs, affinato per ben cinque anni in bottiglia. Regala un giallo paglierino freschissimo e un naso verdolino di lime, sambuco e pompelmo, sullo sfondo note salmastre e quasi mentolate, stuzzicante per una bella bevuta di soddisfazione e piacere. Parlando di grandi maison, si rimane quasi a bocca aperta per alcune iniziative destinati a nicchie molto particolari come quella cui si rivolge Perrier Jouët con l’operazione messa a punto con l’artista Daniel Arsham visionario e poliedrico artista americano. Daniel ha realizzato un dittico in resina destinato ad accogliere due magnum di Cuvée Belle Epoque 1998, dittico scomponibile in due parti, delle quali una che rimane ovviamente all’acquirente mentre l’altra viene lasciata in eredità a un parente o a una persona importante e custodita per 100 anni in una cella dedicata proprio nelle cantine della Maison: una bella sfida di longevità e lungimiranza per le generazioni future…

BOLLICINE IN TAVOLA

Alcune proposte più “leggere” o medie di corpo come alcuni Prosecco o Trentodoc si prestano molto bene ad aperitivi, specie a base di pesce affumicato o comunque con una certa base aromatica. Altre bollicine, più vinose e corpose come qualche prodotto Franciacorta o Trentodoc millesimato sono interessanti per abbinamenti più arditi su carni bianche anche salsate nonchè selvaggina di piuma. Alcuni spumanti, soprattutto rosè dal corpo importante, hanno struttura superiore e fungono quasi da vino rosso leggero. Le bollicine demi/sec o dolci sono un’ottima scelta per fine pasto sui dolci in genere, meglio se con crema e con una certa grassezza, se poi è presente anche frutta, obbligatorio pensare alle bollicine rosate di un un demisec della Franciacorta o Trentodoc costosi e raramente all’altezza.