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Lavoro

Al lavoro anche in ferie: 4 italiani su 10 si sentono obbligati a farlo

L’indagine di Randstad sul bilanciamento tra vita privata e professionale, che resta sbilanciata verso il lavoro. Per migliorare la produttività, le aziende valutino i dipendenti in base ai risultati

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Più che di work-life balance, il bilanciamento tra lavoro e vita privata, è tempo di parlare di work-life blend, ovvero di una fusione tra vita professionale e tempo libero. Oggi, secondo l’ultima indagine Randstad Workmonitor, il 71% dei lavoratori italiani risponde a telefonate, email e messaggi di lavoro anche fuori dell’orario di lavoro, al terzo posto in Europa, +6% rispetto alla media globale. E il 53% confessa di restare “connesso” per gestire attività di lavoro anche durante il periodo di ferie. Una pressione che viene dal datore di lavoro che, secondo il 59% dei dipendenti, si aspetta gestiscano questioni di lavoro anche fuori dall’orario d’ufficio. “Se l’abitudine di estendere attività d’ufficio oltre ai tradizionali confini è ormai diffusa, non è ancora altrettanto comune gestire questioni private durante l’orario di lavoro”, osserva Valentina Sangiorgi, Chief HR Officer di Randstad Italia, azienda specializzata nei servizi per le risorse umane, che ha condotto la propria indagine su un campione di 400 lavoratori di età compresa tra i 18 e 67 anni, che lavorano almeno 24 ore alla settimana. “La trasformazione in corso porta con sé opportunità, ma anche il rischio che i lavoratori si sentano stressati e sotto eccessiva pressione”, aggiunge Sangiorgi. “Le imprese devono impegnarsi a promuovere la stessa flessibilità da entrambi i lati, riuscendo a rispettare i tempi di ‘disconnessione’ e valutando i dipendenti in base ai risultati, per migliorare la produttività, anche grazie a motivazione e coinvolgimento”.

Perché gli italiani lavorano anche in vacanza

Oltre un lavoratore su due sceglie di gestire questioni di lavoro mentre è in vacanza perché vuole sentirsi coinvolto e restare aggiornato (53%, ben 10 punti sopra la media globale), soprattutto i maschi (56%, contro il 51% delle colleghe) con meno di 45 anni (58%, contro il 47% dei dipendenti senior). Quasi quattro su dieci, invece, si sentono obbligati a rispondere a richieste di lavoro quando sono in ferie (38%, +3% rispetto alla media globale), con una lieve distanza fra generi (36% donne e 40% uomini) e fasce anagrafiche (35% i senior e 40% gli under 45).

La decisione di restare disponibili al lavoro anche nel tempo libero non è sempre volontaria, ma spesso dettata dalla pressione del datore di lavoro. Oltre metà dei lavoratori italiani riferisce che le aziende si aspettano che i dipendenti siano disposti a lavorare oltre l’orario d’ufficio (59%, contro il 56% della media globale) e che siano disponibili a rispondere a messaggi di lavoro nel tempo libero (52%, contro il 45% della media degli altri paesi). Le aspettative aziendali sono più elevate sui lavoratori uomini (rispettivamente 63% e 58%, contro il 55% e il 47% delle colleghe) e sui lavoratori al di sotto dei 45 anni (il 65% è disponibile oltre l’orario e il 59% risponde nel tempo libero, contro il 52% e il 43% dei dipendenti senior).

Vita privata al lavoro? Italia sotto la media globale

Fra i lavoratori italiani cresce la propensione a gestire questioni private durante la giornata lavorativa, ma l’equilibrio con il tempo libero dedicato al lavoro è ancora lontano dall’essere raggiunto. Il 54% dei dipendenti si occupa di attività non lavorative durante l’orario d’ufficio, una percentuale in crescita del 21% rispetto al 2012, ma ancora distante ben 13 punti dalla media globalee che colloca l’Italia all’ultimo posto fra i 34 Paesi analizzati. Sono soprattutto le donne a portare avanti questa tendenza (56%) e gli under 45 (62%), mentre sono più restii a farlo gli uomini (52%) e i lavoratori senior (44%).

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