Connettiti con noi

Lavoro

Lavoro del futuro: le imprese italiane non sono ancora pronte

Secondo un’indagine di Boston Consulting Group, in Italia l’impatto sociale delle aziende e l’offerta di valore per i dipendenti, non sono ancora considerate delle priorità

architecture-alternativo
Image by rawpixel.com

Il lavoro si sta profondamente trasformando e con esso, i lavoratori. Ma quanto siamo pronti a cogliere questo cambiamento? È questa la domanda al centro della ricerca di BCG “The Employer’s Report Card on the Future of Work” , realizzata attraverso le interviste ai dirigenti di circa 350 aziende in 47 Paesi nel mondo (tra cui l’Italia), che complessivamente impiegano oltre 6 milioni di persone. L’indagine ha raccolto i punti di vista dei leader nel mondo sull’importanza di 12 dimensioni chiave per lo sviluppo del lavoro verso i modelli del futuro e sui progressi compiuti dalle aziende rispetto a questi indicatori.

L’analisi rileva come molte aziende globali risultino in ritardo su dimensioni orientate alla persona: solo il 9% può considerarsi all’avanguardia nella leadership generativa e la percentuale scende addirittura al 5% per quanto riguarda la ricerca di talenti nuovi e tra loro differenti. Anche laddove sono stati registrati più progressi, in particolare nell’attenzione alla cultura aziendali e ai nuovi modelli di lavoro, la maggior parte delle aziende sono ancora nelle prime fasi introduttive di nuovi modelli o di test di una o alcune delle dimensioni citate. La corsa delle aziende verso i modelli di lavoro del futuro, ha quindi bisogno di un passaggio concreto all’azione e che le aziende a livello globale non investono in egual misura nelle diverse categorie.

Guardando all’Italia, per quanto in linea con i dati globali, emergono notevoli differenze in alcune aree specifiche. Il nostro Paese è, ad esempio, in anticipo in dimensioni come l’apprendimento continuo, l’area tech e la leadership generativa, ma è indietro per quanto riguarda le relazioni con il cliente, lo sviluppo di un’offerta di valore per il dipendente e leadership sociale.
Anche le priorità differiscono a livello globale: per l’Italia spiccano le nuove modalità di organizzazione del lavoro, l’apprendimento continuo e l’impatto sociale, mentre c’è minore attenzione per l’organizzazione orientata allo sviluppo dei nuovi talenti.
Priorità comune tanto all’Italia quanto al resto dei Paesi dell’indagine, è invece lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi di lavoro sia riguardanti i lavoratori desk-based che i deskless, in modo da ottimizzare la produttività e rispondere alle necessità dei dipendenti.

grafico-bcg1

I tre principali problemi da affrontare

All’interno del quadro complessivo, è possibile individuare tre principali problemi a livello globale: uno relativo alla tendenza che le aziende hanno a concentrarsi maggiormente sui dipendenti in ufficio che possono lavorare da remoto, rispetto ai deskless, ossia coloro che non possono farlo per la natura stessa del lavoro (come i lavoratori delle fabbriche, negozi, hotel, ristoranti, ospedali) e che costituiscono più di tre quarti della forza lavoro globale. In generale, le iniziative incentrate sui lavoratori “senza scrivania” sono in netto ritardo: il 38% delle aziende non sta ancora implementando orari flessibili o benefit differenziati per i lavoratori deskless e il 37% di questi ultimi rischia di lasciare il lavoro per mancanza di flessibilità, limitate opportunità di avanzamento di carriera e problemi legati alla retribuzione. Per il 30% dei dirigenti intervistati, il principale ostacolo alla flessibilità è il potenziale impatto negativo di questa sulla cultura aziendale, in particolare riguardo il senso di inclusione e di appartenenza all’azienda da parte dei dipendenti. Eppure, i lavoratori non sono dello stesso parere. Come chiaramente emerge dalla ricerca: il 52% dei dipendenti intervistati dichiara di aver maturato un miglior senso di appartenenza all’azienda in contesti ibridi e remoti.

grafico-Bcg2

Il secondo problema riguarda il fatto che, seppur il 93% dei dirigenti intervistati abbia riconosciuto la necessità di leader forti, le aziende non stanno facendo abbastanza. Solo il 20% degli intervistati ritiene che il cambiamento culturale e lo sviluppo di una leadership capace di ispirare a un modello di lavoro flessibile e agile sia una priorità aziendale, e solo il 15% ha dichiarato che la riqualificazione dei manager in tal senso sia considerato prioritario. La percentuale scende all’8% per quanto riguarda l’ampliamento del sostegno alla prima linea.

Il terzo problema, infine, riguarda il ruolo del Ceo: il successo delle iniziative legate al cambiamento e alla trasformazione del lavoro è strettamente correlato all’attenzione degli amministratori delegati, ma molti temi chiave non sono ancora presenti nelle loro agende. Ad esempio, nonostante la leadership generativa sia considerata una dimensione importante dal 93% dei dirigenti italiani, solo il 19% ritiene che questa rientri tra le priorità del ceo. Un gap altrettanto ampio è stato riscontrato per l’apprendimento costante (92% vs 11%) e per i modelli di lavoro nuovi e diversificati (91% vs 7%).

I tre temi chiave su cui le aziende oggi non possono più permettersi di mancare sono quindi un’adeguata attenzione da parte dei vertici rispetto ai temi trasformativi dell’organizzazione, il sostegno alla leadership e lo sviluppo di iniziative incentrate sui lavoratori deskless.

 

Image by rawpixel.com