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Lavoro

Hr e sostenibilità: dalla teoria ai fatti

Il momento è arrivato, nessuno può più sottrarsi alla costruzione di un mondo capace di non cadere negli stessi errori e rispettoso dell’ambiente. E se le imprese non potranno fare tutto da sole, di certo il cambiamento passa dall’adozione di pratiche concrete nella gestione delle risorse umane

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Ci troviamo in un periodo storico molto importante, gli Stati, le aziende e le persone, anche a causa della crisi generata dalla pandemia, sono sempre più consapevoli degli impatti provocati dal cambiamento climatico sul pianeta e dell’importanza di adottare comportamenti responsabili orientati allo sviluppo sostenibile. Si fa sempre più urgente la necessità di passare dalla teorizzazione degli interventi alla realizzazione di progetti concreti su cosa e come fare per affrontare le cause profonde degli shock ambientali, sociali, sanitari ed economici. Il concetto di sostenibilità è ormai consolidato nell’opinione pubblica, e nessuno può sottrarsi alla responsabilità di partecipare alla costruzione di un mondo migliore.

L’essenza della sostenibilità consiste nel ristabilire un rapporto tra le risorse disponibili e il livello di benessere che s’intende raggiungere. Ciò presuppone quantomeno un ripensamento dei consumi a favore di forme e modelli di economie green che, oltre a preoccuparsi degli utili, tengano conto anche degli effetti sull’ambiente, della sicurezza dei lavoratori, delle possibili disuguaglianze e dei benefici che derivano da un migliore utilizzo delle risorse. La necessità di dover difendere l’ambiente e il progresso richiede un approccio nuovo, volto a salvaguardare il mercato, incoraggiando le imprese a utilizzare al meglio le risorse disponibili al fine di innescare una maggiore efficienza produttiva. La concorrenza può e deve favorire il processo di transizione verso un modello di crescita sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico valorizzando le aziende più virtuose, cioè quelle che saranno in grado di adottare tecnologie efficienti e corrette pratiche nei confronti dei propri dipendenti, fornitori e nelle comunità in cui operano. È evidente che la transizione non potrà essere attuata dalle imprese in autonomia, se non saranno individuate misure normative e altre azioni necessarie per rimuovere gli ostacoli amministrativi e giuridici che si frappongono a un’economia sostenibile.

Per favorire lo sviluppo saranno necessarie soluzioni che consentano di affrontare sfide quali le questioni riguardanti le responsabilità, i diritti di proprietà legati all’economia della condivisione e dei servizi, la tutela e gestione delle informazioni. Una maggiore certezza giuridica sia per i produttori sia per i consumatori è fondamentale per rendere possibili tali cambiamenti. In tale percorso si evidenzia per le aziende anche la necessità di adottare “pratiche” di gestione delle risorse umane basate su responsabilità sociale e sostenibilità ambientale, e di sviluppare negli individui, con buoni esempi di governance, la sensibilità verso modelli di sviluppo sostenibile in grado di produrre cambiamenti nelle “routine” dei comportamenti organizzativi. Dove ciò è stato fatto si è assistito a una diminuzione degli incidenti sul lavoro e dell’assenteismo causato da malattie, ma anche allo sviluppo di un forte commitment, a una maggiore identificazione organizzativa e migliori performance.

Di fronte a tali sfide le funzioni delle Risorse Umane, nell’inserire i principi di sostenibilità nei confini organizzativi e soprattutto nei comportamenti quotidiani, assumono un ruolo di notevole importanza; focalizzare azioni finalizzate a migliorare le prestazioni ambientali e sociali, individuare e rispondere ai molti bisogni dei diversi stakeholder dentro e fuori l’organizzazione sono aspetti che sempre più caratterizzano l’agire delle imprese nei confronti delle comunità di riferimento. I cambiamenti che la sostenibilità introduce nell’organizzazione pongono alle direzioni HR la necessità di governare e gestire la transizione verso nuovi modelli di business che, oltre a attrarre e mantenere i talenti, devono garantire l’equilibrio tra obiettivi sociali, economici e ambientali nel breve e lungo periodo, attraverso la costruzione di un rinnovato e sempre più proattivo capitale umano. Il nuovo management si trova di fronte alla necessità di considerare in modo integrato valori, organizzazione, know how e business per delineare la migliore relazione tra le politiche di sostenibilità e il capitale umano con l’obiettivo di potenziarne la capacità di evoluzione e adattamento alle nuove sfide.

Le azioni di cui sopra possono essere realizzate a livello di persone, team, sistema organizzativo, e politiche del personale, ma il focus rimane proprio la capacità di incidere sull’individuo e favorire comportamenti virtuosi che permettano di lavorare in modo sostenibile, eco-friendly, in una logica di partnership e collaborazione fra le persone, con i clienti e fornitori, evitando effetti negativi per l’ambiente e le comunità di riferimento, disuguaglianze e danni reputazionali. Sostenibilità in azienda significa sviluppare l’attitudine alla collaborazione, avere il senso della squadra nel rispetto delle diverse culture e provenienze. Per molte aziende si tratta di divenire un modello nella propria catena del valore per etica, comportamenti virtuosi, impegno nel risparmio dell’energia e riutilizzo delle risorse, riciclo dei rifiuti, ricorso a fonti rinnovabili con l’obiettivo di influenzare positivamente gli altri con le proprie azioni. Sempre di più le aziende, che integrano le strategie di sostenibilità all’interno delle loro organizzazioni, adottano politiche e pratiche correlate al “successo sostenibile dell’impresa” da realizzare nel lungo periodo, non pressate dalle sole esigenze di massimizzazione del profitto per gli azionisti, dalla competizione globale e rapidità di esecuzione, ma basate sull’“ascolto degli stakeholdercompresi i dipendenti, come le migliori pratiche di governance suggeriscono.

Oltre a politiche mirate alla gestione e organizzazione del personale, un peso significativo è anche dato alle tante “micro-azioni” che possono contribuire a una vita lavorativa compatibile con il rispetto e la protezione dell’ambiente e la salute individuale e collettiva e a un sostegno sociale. La sostenibilità integrata nella governance e la verifica delle azioni implementative, come emerge dalla quarta edizione dell’Osservatorio Governance della sostenibilità, realizzato dal CSR Manager Network, esercita un ruolo sempre più importante per una percentuale sempre più alta di aziende quotate italiane. Non si tratta più di una sola dichiarazione d’intenti, ma di una necessità per lo sviluppo di cui sono evidenti i risultati, tali da rendere l’Italia, una best practice a livello Europeo. Le funzioni HR, della Sicurezza, della CSR e le altre posizioni dedicate a sviluppare la cultura della sostenibilità sono aree-chiave dell’impresa al fine di favorire comportamenti collaborativi e virtuosi in una logica di misurazione, valutazione e rendicontazione per una sempre maggiore trasparenza verso il mercato. Se normalmente quando si trattava della sostenibilità del personale, si faceva riferimento ad aspetti di compliance o di conformità e responsabilità sociale, sulla base delle norme, come per esempio la gestione di alcune prassi lavorative legate alle relazioni sindacali, al training, alla diversity o ai diritti del lavoro minorile, alla libertà d’associazione, a pratiche di sicurezza etc., in una nuova logica d’investimento sul capitale umano, le aziende più virtuose adottano processi strutturati e integrati per migliorare la performance sostenibile dell’organizzazione.

La “sostenibilità delle risorse umane”, come suggeriscono i più avanzati approcci di Sustainable Resourses Management (HRM), è sempre più da intendersi come lo sviluppo integrato di processi atti a sostenere nel tempo la comunicazione, la sicurezza, la salute, la formazione, la rigenerazione, la motivazione del personale e l’espressione piena e inclusiva delle qualità lavorative, professionali e umane. In particolare, il HRM, contribuisce a creare e/o rafforzare le competenze, la motivazione, i valori e la fiducia che sono necessari affinché l’impresa possa ottenere i risultati economici, sociali e ambientali desiderati. Se anche diverse ricerche effettuate sul tema della sostenibilità, evidenziano un sempre maggiore numero di persone per genere, età, livello d’istruzione (soprattutto donne e giovani e con istruzione medio alta), con una forte sensibilità a temi ambientali e sociali, il comportamento non sempre si traduce in pratica nel mondo del lavoro. Lo sviluppo di comportamenti virtuosi deve essere costruito in relazione all’azienda di riferimento e un ruolo fondamentale è esercitato dallo “stile di leadership dei responsabili”.

I cambiamenti sempre più rapidi e radicali nella tecnologia e le competenze necessarie a sfruttare al meglio le enormi opportunità che si presentano, insieme ai continui cambiamenti di sistema e di scenario che stiamo attraversando, contribuiscono a modificare radicalmente i ruoli e le competenze richieste alle aziende e ai loro manager soprattutto a quelli della C-Suite che rappresentano il livello più elevato di responsabilità decisionale. All’interno dell’organizzazione aziendale, i manager C-Level ricoprono un ruolo di enorme responsabilità e impatto, sono direttamente responsabili del lavoro svolto e dei risultati ottenuti dai colleghi e collaboratori. La loro funzione e i loro risultati sono legati a quelli di tutti componenti della divisione/area di cui sono a capo e la loro abilità si manifesta proprio nella capacità di coordinare e mettere in relazione i vari ruoli aziendali. Si tratta di un ruolo gestionale molto importante, il cui contenuto fondamentale è ricevere e trasmettere le giuste informazioni ai collaboratori e ai colleghi, favorendo allo stesso tempo uno scambio continuo e produttivo fra loro. Per un manager della C-Suite rispondere di un risultato non significa essere responsabili di ciò che si è fatto in prima persona, ma di ciò che si è stati capaci di far realizzare alle persone che compongono i team elaborando e implementando una strategia funzionale agli obiettivi aziendali, presenti e futuri.

Sostenibilità nell’ambito delle risorse umane significa, dunque, pensare a meccanismi d’incentivazione verso l’adozione di stili di leadership che sappiano valorizzare la collaborazione di tutte le persone verso la missione e visione dell’azienda, con un’adeguata attenzione alla ragione di esistere nel lungo periodo (purpose aziendale) e all’ecosistema interno ed esterno all’organizzazione. Alla luce degli effetti della pandemia e delle sempre più consolidate tendenze di smart working, la sostenibilità comporta anche una reinterpretazione delle classiche azioni organizzative del personale: dalle modalità per raggiungere il posto di lavoro, al disegno degli spazi lavorativi, al benessere e alle opere di sensibilizzazione del modo di agire delle persone. Ne sono impattati tutti i processi di gestione del personale: dalle assunzioni, dove l’immagine e lo “scopo” dell’azienda nel lungo periodo sono fondamentali per attrarre nuovi talenti, ai metodi di selezione che devono valorizzare le competenze, le diversity e rispondere dell’allineamento dei comportamenti agli obiettivi e i valori dell’azienda ma anche i sistemi di gestione, onboarding (on line e digitali), uscita, retirement e gestione delle prestazioni che dovranno sempre più spesso includere gli obiettivi di sostenibilità.

Compensi e premi possono e devono essere volti a riconoscere il contributo dei dipendenti alla creazione di un’azienda più sostenibile e permettere di verificare che siano stati raggiunti determinati obiettivi e standard. Non si tratta più di definire rendicontazioni interne ed esterne richieste dalla normativa, ma di condivisioni e aggiornamenti che devono tenere conto delle esigenze espresse dagli stakeholder e garantire la comparabilità degli indici e dei KPI con i settori di riferimento e di confronto. Il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dipenderà sempre di più dalla capacità delle aziende di saper interpretare e riconoscere nel medio-lungo termine il mix di competenze, di diversità, di engagement, di capitale sociale e intellettuale fondamentali per lo sviluppo durevole dell’azienda. Si tratta di un cambiamento, per nulla scontato, e anzi ancora da molti ignorato, i cui investimenti saranno sempre più visibili nei risultati e nella considerazione degli investitori e dei clienti.


*Senior Advisor Partner di Chaberton – Governance and Value Creation

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