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I big data vanno in Tv

Una parte sempre più consistente del business dei metadati, che entro il 2022 sfiorerà i 190 miliardi di dollari, sarà prodotta dal loro utilizzo nel mercato televisivo e pubblicitario. Ecco come ci si sta muovendo e in quale direzione

Sembra che ci sia un conflitto inevitabile nel mondo della televisione: da una parte c’è la tradizionale vocazione a offrire un servizio mainstream, dall’altra la necessità di intercettare e soddisfare gusti sempre più personali. È un tema dai confini nebulosi con spinte fortemente contrastanti. La televisione generalista infatti deve poter resistere al mondo digitale, deve sapere governare le nuove modalità di fruizione dei contenuti, ma soprattutto deve riuscire a convincere uno spettatore più selettivo, attento e con una pletora di opzioni a disposizione.

Gli esiti di questa metamorfosi non sono scontati. Questa volta però le strategie future non sono affidate a intuizioni manageriali o subordinate agli esiti di sperimentazioni, ma è la scienza a dare indicazioni precise: la scienza dei big data. Il termine big data è ormai di uso comune da qualche anno e l’impatto di questa innovazione ha assunto proporzioni rilevanti, basti pensare che Idc stima in quasi 190 miliardi di dollari il volume d’affari che il settore genererà entro il 2022. Più specificatamente, la dimensione degli analytics nel mondo televisivo, secondo le indicazioni di MarketsandMarkets, passerà da 1,9 miliardi di dollari del 2018 a 4,2 miliardi entro il 2023, con un tasso medio di crescita del 17,4%. Si tratta di un trend che ovviamente riguarda anche il nostro Paese. «Quello dei big data analytics è un mercato in grande espansione, che ha raggiunto un valore di 1,4 miliardi di euro in Italia nel 2018 (+26% rispetto all’anno precedente), in cui media e telco rappresentano il terso settore, con il 14% di quota di mercato, dopo le banche (28%) e l’industria (25%)», ci dice Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano.«La tecnologia oggi è di notevole interesse anche per i broadcaster televisivi, che hanno la possibilità, grazie anche al canale online e ai dispositivi intelligenti, di acquisire, elaborare, gestire una grande mole di dati per analizzare i gusti degli utenti, identificare pattern e correlazioni, lanciare campagne adv e servizi di marketing innovativi e mirati».

Il motivo di questa accelerazione è legato ai potenziali utilizzi che i big data possono offrire al comparto industriale, tra cui:

1. Comprendere ciò che il pubblico vuole.

I dati provenienti da valutazioni, ricerche, visualizzazione della cronologia, recensioni, posizione del dispositivo, durata delle visualizzazioni, oltre al sentiment sui social media, rappresentano un eccezionale strumento per comprendere i gusti dell’audience. I contenuti visivi sono infatti sempre più erogati da sistemi in grado di fornire questi dati, basti pensare alla fruizione on demand, ai live-streaming, alla payper- view e più in generale ai servizi in abbonamento. La conoscenza dei gusti degli utenti rappresenta un asset strategico per definire palinsesti e linee editoriali. Ad esempio, Netflix acquistò i diritti di House of Cards superando Hbo dopo aver verificato che il tema era molto apprezzato dai suoi abbonati. Lo stesso principio vale per YouTube, che in modo sistematico utilizza statistiche e dati di consumo per alimentare la visione di video sulla sua piattaforma.

2. Ottimizzazione della pianificazione dei contenuti su diverse piattaforme.

I dati stanno consentendo anche di accorciare il divario tra distributori e consumatori. In questo caso sono soprattutto le relazioni social a svolgere un ruolo primario, permettendo alle major di interagire con gli spettatori, alimentando relazioni cross-platform. Uno storico esempio è quello del blockbuster di Bollywood, Chennai Express, che nel 2013 riuscì a generare oltre un miliardo di impression su Twitter portato il film a superare il miliardo di dollari già nel primo weekend di programmazione. Un modello ampiamente utilizzato più di recente da Marvel Cinematic Universe con i film Avengers: Endgame e SpiderMan: Far From Home, soprattutto grazie ai contenuti speciali creati ad hoc per i social.

3. Aumentare la fidelizzazione.

Con la rapida evoluzione dei big data, è diventato facile per le aziende dei media progettare strategie su misura per attrarre e trattenere i propri consumatori. La maggior parte degli utenti oggi ricorre alle recensioni sui social media prima di visualizzare una determinata serie tv, film, reality show o programmi musicali. Grazie ai dati oggi è più semplice costruire pacchetti e/o offerte su misura, mettendo in evidenza i contenuti ritenuti più interessanti.

4. Trovare nuovi modelli di business e monetizzazione.

Gli analytics consentono alle aziende di identificare e sfruttare nuove fonti di guadagno. Ad esempio, The Weather Channel, con l’aiuto di Ibm, nel corso degli anni, ha utilizzato i dati a disposizione per conoscere il comportamento di acquisto degli utenti a seconda delle diverse condizioni metereologiche. Vendendo queste informazioni a terzi (compagnie assicurative, utilities, sanità) Twc oggi è in grado di generare metà dei suoi profitti dall’analisi dei big data.

5. Rendere la pubblicità sempre più mirata ed efficace.

Se la comprensione dei gusti e delle attitudini dei consumatori rappresentano un elemento sostanziale per la pianificazione dei contenuti media, analogamente i big data svolgono un ruolo essenziale anche nel settore dell’adv. Secondo Iab ogni anno vengono generati circa 2,5 quintilioni di byte a livello globale che consentono agli inserzionisti di realizzare campagne ancor più targhettizzate. L’era dell’audience-based advertising (pubblicità personalizzata sul cliente), è una realtà conclamata e lo dimostra il fatto che aziende come Fox, Nbc, Cbs, Vice, New York Times e Unilever da anni utilizzino strumenti evoluti come la piattaforma Moat, acquisita da Oracle nel 2017. Moat è in grado di analizzare in tempo reale le interazioni su diverse piattaforme fornendo un’analisi estremamente dettagliata dei comportamenti degli utenti usando oltre 50 metriche evolute. Un business, quello delle aziende “adtech”, che sta producendo interessanti verticalizzazioni, come dimostra il successo di YouAppi, società specializzata nell’analisi dei contenuti dai dispositivi mobili.

Sembra quindi imprescindibile raccogliere e gestire i dati per pianificare strategie editoriali, per orientare gli investimenti, per massimizzare la conoscenza dei propri utenti, per fornire servizi più precisi e personalizzati. Esempi interessanti si registrano anche in Italia, come dimostra la proficua collaborazione tra la multinazionale di business intelligence e analytics Sas e il canale di shopping entertainment Qvc. La caratteristica innovativa di Qvc non sta davanti alle telecamere, ma dietro gli schermi degli analisti-produttori, che in tempo reale confrontano grafici e dati sul comportamento in diretta dei consumatori. Il feedback continuo scrive in diretta il canovaccio della trasmissione e detta il ritmo della vendita. Le analisi della piattaforma di home shopping non vengono eseguite a campione: il software fornito da Sas ha dimostrato un’elevata velocità di apprendimento premettendo di raggiungere in tempi brevissimi i primi risultati concreti. Lo strumento non è solo in grado di affrontare la crescita dei dati di vendita e abilitare nuove analisi stocastiche, ma permette al gruppo Strategic and Planning di Qvc di supportare il business nelle scelte aziendali. Siamo all’inizio di una rivoluzione copernicana che sta già dando interessanti indicazioni al comparto industriale, ma lo scenario è in rapido divenire. L’intelligenza artificiale per esempio accelererà ulteriormente alcune analisi e qualcuno teme possa addirittura generare qualche effetto collaterale, come la possibilità di compromettere la creatività premiando solo i generi e i temi più redditizi. Netflix afferma che nulla può compromettere il giudizio umano e che questo giudizio è l’unica cosa che conta davvero. Speriamo sarà sempre cosi.

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