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Patek Philippe: ogni tradizione ha un suo inizio

La Casa orologiera svizzera celebra i 25 anni di successo della sua distintiva campagna pubblicitaria “Generations”. Ecco com’è nata

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Ci sono pubblicità, pochissime a dire il vero, che hanno segnato la vita stessa di una marca e la maniera di guardare alla stessa, mostrando il “prodotto” sotto un punto di vista alternativo rispetto alla massa della comunicazione. Dal buco con la menta intorno delle Polo, al Just do it di Nike, fino al Think different di Apple, la comunicazione, a tutti i livelli ha contribuito in maniera determinante a posizionare, anche a livello emozionale, determinati prodotti presso un pubblico più o meno grande.

Lo sa bene Patek Philippe che, nel ‘96 ha dato vita alla sua campagna Générations, forse la più longeva tra quelle legate alle lancette, di certo una delle più efficaci. Parte del merito di questo successo si deve a Jasmina Steele, ora direttore delle comunicazioni di Patek Philippe, entrata in azienda proprio nel gennaio del ‘96: uno dei suoi primi progetti fu quello di trovare una nuova agenzia pubblicitaria. La Casa ginevrina voleva qualcosa che rompesse con il marketing incentrato sulle celebrità e sul prodotto, che all’epoca (ma in fondo ancora oggi) dominavano la pubblicità degli orologi di lusso. Dopo aver confrontato i progetti delle più importanti agenzie pubblicitarie europee, fu scelta la Leagas Delaney, con sede a Londra.

L’idea vincente si dovette a Tim Delaney: «Come agenzia crediamo nella ricerca», ha raccontato, «e per Patek fin dall’inizio ci concentrammo su interviste individuali con persone, spesso di alto livello, che non erano legate a marchi di orologi particolari. Capimmo, mostrando immagini di celebrità e famosi proprietari dei loro orologi, che i potenziali clienti rispondevano quasi sempre in modo negativo alla vista di quelle foto, perché a loro non interessava prendere a prestito il plauso degli altri. La gente voleva che si parlasse della loro storia».

È allora, mentre torna in aereo dalla filiale di San Francisco, che Tim ha l’idea: «Ogni tradizione ha un suo inizio». Un approccio dinamico, volto verso l’avvenire, in cui il cliente Patek Philippe si sente emotivamente coinvolto. Quindi, sotto l’egida del «Begin your own tradition» iniziava così una comunicativa che dura fino ai nostri giorni. L’idea che sta alla base della campagna Générations è che il legame tra chi possiede un Patek Philippe e il suo orologio è tanto forte che, acquistandolo o indossandolo, non può fare a meno di pensare alle generazioni passate o future. Per illustrare questo concetto, la campagna si basa su fotografie che evocano il rapporto privilegiato tra padre e figlio, o madre e figlia, da un punto di vista del tutto nuovo.

«Abbiamo infranto qualche regola», sottolinea Delaney, «specialmente quella secondo la quale gli oggetti di lusso devono essere ambientati in modo un po’ freddo e stereotipato. Le persone che si possono permettere un Patek Philippe generalmente fanno parte di una clientela agiata, ma noi le abbiamo presentate come sono nella realtà, con i loro sentimenti e le loro emozioni. Si tratta di un approccio inedito all’universo dei prodotti di altissima gamma». Nel corso dei primi dieci anni la campagna è stata realizzata in bianco e nero con 18 soggetti maschili e otto femminili. Nel 2006 arriva però una svolta: per la prima volta sul polso delle persone fotografate “arriva” l’orologio, non solo quindi nelle didascalie in basso o ai lati.

Lo scatto più famoso arriva dal fotografo e regista Peter Lindbergh: l’obiettivo della campagna era creare un senso di giovinezza e vitalità e aggiungere energia alla ref. 5712 Nautilus utilizzato nelle riprese. Per Delaney, uno dei momenti critici degli scatti è stato quando il protagonista, il “padre”, ha indossato dei grandi occhiali da sole scuri, andando ad amplificare l’atmosfera sportiva creata dal Riva sul quale stava viaggiando assieme al figlio. La filosofia si evolve e diventa appassionante: non si guarda soltanto alle relazioni che si hanno all’interno della famiglia, ma anche a quelle che si desidera creare. È questo senso di disconnessione, di aspirazione o desiderio, che rende potente la pubblicità.

Passa qualche anno e nel 2019 i riflettori vengono puntati sulla “Paternità moderna”. Il primo intervento significativo è il nuovo soggetto della campagna Uomo, che presenta la Ref. 5905 Cronografo con Calendario Annuale. L’obiettivo è il nuovo approccio alla genitorialità dell’uomo moderno che, rispetto alle generazioni precedenti, trascorre più tempo con i figli ed esprime più facilmente le proprie emozioni. La campagna si rivolge a una fascia di età più giovane, dai 35 ai 45 anni. A differenza delle ambientazioni precedenti, il nuovo visual, firmato dal celebre fotografo inglese Samuel Bradley, i concentra sul rapporto padre-figlio in un contesto più privato, intimo e rilassato. L’impatto emozionale forte deriva dal fatto che il protagonista è fotografato con i propri figli. E per la prima volta, in base ai mercati, si può scegliere con uno oppure due figli, per dare maggiore risalto alla nuova generazione. In questa maniera, la frase un po’ provocatoria «Le cose che si amano non si posseggono mai completamente. Semplicemente si custodiscono. E si tramandano» viene a rafforzare il messaggio visivo, sottolineando al tempo stesso il carattere della marca, esclusivo e senza tempo.

Cosa possiamo aspettarci al capolinea dei 25 anni? Non lo sappiamo, ma di una cosa siamo sicuri: i Patek Philippe verranno tramandati dal genitore alla sua discendenza, e la comunicazione ginevrina continuerà a essere accanto ai suoi clienti, mai esclusiva, sempre inclusiva. Un risultato che pochi, forse nessuno, è mai riuscito a raggiungere.

Credits Images:

Uno dei primi scatti di Générations , risalente al 1997 e realizzato dal fotografo Marden Smith