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Evadere dall’evasione fiscale si può

Le stime cambiano, il risultato no: l’Italia è il Paese con il più alto sommerso dell’Unione europea. Eppure, oggi l’evoluzione tecnologica consentirebbe già un controllo puntuale del comportamento dei singoli contribuenti. Vi sveliamo perché la politica non sembra realmente interessata a risolvere il problema

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L’Italia è il Paese europeo dove si evade di più, ma la politica ha la possibilità di imbracciare una super arma per sconfiggere questo malcostume. Bisogna capire, però, se vuole sul serio combatterlo. Dalla lotta all’evasione fiscale si potrebbero recuperare i miliardi necessari per mettere in sicurezza i conti pubblici e attuare politiche economiche senza alzare tasse e introdurre balzelli di vario tipo. Ma è una soluzione che non piace a tutti.

Lo scorso maggio, ad esempio, 60 economisti hanno scritto una lettera aperta per dire no all’irresponsabilità fiscale e capire quale strada intendesse percorrere l’allora governo giallo verde, «se aumentare la pressione fiscale, rischiare una crisi finanziaria o, infine, impegnarsi in una seria revisione della spesa pubblica e delle promesse elettorali. Nella lettera non veniva menzionato però il contrasto all’evasione, un tema caro ai grillini e un po’ meno, per la verità, ai leghisti. La risposta ai dubbi posti dai luminari comunque non è mai arrivata, anche perché nel frattempo il governo Conte I (M5S e Lega) è caduto spalancando le porte all’esecutivo Conte II, nato dal patto tra M5S e Pd, che include invece nei 26 punti programmatici proprio il rafforzamento della lotta agli evasori. Già, per farsi un’idea del fenomeno, basti pensare che in Europa il denaro sottratto al Fisco arriva a una cifra monstre di 825 miliardi di euro (i dati si riferiscono al 2015 – 2016) e che il nostro Paese, stando alle stime circolate in una recente relazione presentata dal gruppo socialista al Parlamento europeo, si piazza in testa alla graduatoria con poco meno 191 miliardi di euro evasi, davanti a Germania (125 miliardi) e Francia (118 miliardi). L’Italia è in vetta anche nella classifica dell’evasione fiscale pro-capite: 3.156 euro per abitante lungo la Penisola, rispetto ai 3.027 euro dei danesi e ai 2.676 euro dei lussemburghesi. Per la verità gira anche un’altra stima ufficiale, governativa, sull’entità dell’evasione in Italia. Ed è più contenuta. Prendendo in considerazione poco meno del 90% delle tasse soggette a evasione, secondo il Mef sarebbero poco più di 107 i miliardi di euro evasi in Italia nel 2016, cioè 84 miliardi in meno rispetto alla stima del rapporto dei socialisti al Parlamento europeo. Come si spiega la differenza? Lo studio presentato a Bruxelles, che comprende gli ultimi dati resi disponibili da Eurostat e dalle autorità fiscali dell’UE al 2015 e al 2016, si basa sull’evasione media dell’Iva nei Paesi Ue secondo Eurostat, sull’economia sommersa secondo il Fondo Monetario Internazionale e su uno studio accademico sull’argomento dell’economista Konrad Raczkowski (ex vice ministro delle Finanze della Polonia). I calcoli della commissione degli esperti del Tesoro, che ogni anno redigono la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, non prendono in considerazione invece le attività illegali. La commissione ritiene, infatti, che all’evasione connessa a questo tipo di attività non corrisponda un tax gap effettivo e che sia «ragionevole presumere che il contrasto dell’attività illegale faccia sparire per la più parte, e non emergere, l’attività stessa».

Pur essendo elevata a livello nazionale, la tendenza a nascondere i soldi al Fisco non è omogenea lungo tutta la Penisola. Considerando le 20 Regioni, ad esempio, un’analisi di Confcommercio di due anni fa, intitolata Le determinanti dell’evasione fiscale, un’analisi regionale, vede al primo posto il Mezzogiorno, con un tasso di evasione fiscale, calcolato in percentuale del valore aggiunto, che arriva al 19,5% rispetto al 12,1% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, e al 14,8% del Centro. La media italiana è del 14,5%. La maglia nera, in particolare, va a tre regioni: la Calabria, con un tasso di economia non osservata (evasione più sommerso totale) del 21,2%, seguita dalla Campania con il 20,6% e dalla Sicilia con il 19,5%. Il più virtuoso è, invece, il Trentino, dove la cosiddetta Non Observed Economy pesa solo l’11,3%. Quindi? Se tutte le Regioni si allineassero a questa media, l’Italia potrebbe recuperare 42,8 miliardi da emersione ed evasione fiscale nel medio periodo, concludono gli esperti dell’associazione dei commercianti, che individuano tre fattori che favoriscono l’evasione (deterrenza, senso civico e semplificazione) e uno (pressione fiscale più bassa) che potrebbe spingere invece a comportamenti più virtuosi.

Ma torniamo allo strumento tecnologico in grado di stanare gli evasori che non a caso è stato subito ribattezzato dalla stampa “Evasometro”. L’operazione, destinata alle persone fisiche, ricalca a grandi linee quanto già avvenuto con le società lo scorso anno. Dopo Ferragosto, infatti, sono iniziate le simulazioni del “Grande fratello” anche sui conti correnti degli italiani. È una fase sperimentale avviata dall’Agenzia delle Entrate che, come anticipato la scorsa estate dal quotidiano il Messaggero, sotto il profilo tecnico si è avvalsa di un software messo a punto per incrociare i dati contenuti nei conti correnti (saldo e movimenti) con quelli delle dichiarazioni dei redditi. In altre parole, il Fisco sarà in grado di “spiare” nelle nostre tasche e vedere se i conti non tornano. Ma sta comunque al governo decidere come e soprattutto quando partire, fissando i paletti e tarando i filtri. Al momento, l’allarme rosso dovrebbe scattare quando l’algoritmo del Fisco scopre uno scostamento del 20-25% tra quanto risulta nelle dichiarazioni (meno alcune spese già conosciute) e quanto scritto nel saldo di fine anno del conto corrente, come differenza tra entrate e uscite. Per definire il “rischio evasione” l’Agenzia delle Entrate controllerà, in particolare, cinque numeri: le giacenze medie sul conto corrente, i flussi in entrata e in uscita mensili, i saldi iniziali e quelli finali dell’anno. Non allarmatevi, però: l’elenco dei soggetti a rischio, secondo le indiscrezioni pubblicate dal Sole 24 Ore lo scorso settembre, dovrebbe aggirarsi nell’ordine di un migliaio, una cifra molto simile al primo elenco delle società nel 2018. Il Fisco, insomma, si concentrerà in un primo momento solo sugli evasori totali o para-totali. Lo scorso anno, ad esempio, l’indagine sulle società ha fatto emergere quei casi limite in cui la dichiarazione dei redditi o Iva era stata omessa o presentava cifre irrisorie rispetto alle ingenti movimentazioni sui conti per quel periodo d’imposta. Chi sarà chiamato dall’Agenzia delle Entrate a rendere conto degli scostamenti, dovrà portare ovviamente carte e giustificativi: l’Evasometro dovrà, infatti, valutare e incrociare anche altri dati per capire se nello stesso periodo un contribuente ha ricevuto un’eredità o venduto un immobile. Lo strumento a disposizione dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate guarda all’indietro, fino al 2014: nella banca dati di Sogei (società IT del Mef), che si interfaccia con quelle delle banche, sono presenti tutte le informazioni per ricostruire la posizione finanziaria degli italiani fino a quella data. Ma anche in questo caso, la scelta di andare a indagare sul passato dei contribuenti è tutta della politica. Staremo a vedere.

Articolo pubblicato su Business People, ottobre 2019

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