Il solito Tar stoppa il Tap: questo Paese è condannato

Bloccato l'espianto degli ulivi per pericoli di «danni urgenti». Il tribunale si esprimerà il 18 aprile, ma la figuraccia definitiva è dietro l'angolo

C’è una grande opera internazionale come il Tap e c’è una piccola comunità che protesta. La conosciamo ormai fin troppo bene la sindrome Nimby, not in my backyard. C’è la politica che fa la solita figuraccia, rimangiandosi impegni e promesse per andare dietro al consenso popolare immediato. E poi ci sono loro, i giudici del Tar, che intervengono bloccando tutto prima ancora di aver analizzato nel merito la pratica.

Il presidente del Tar del Lazio, infatti, ha accolto con decreto l’istanza della Regione Puglia per l’annullamento, previa sospensione, delle note del Ministero dell’Ambiente con le quali si autorizzava l’espianto di 70 ulivi nell’area del cantiere di Melendugno. Piante che saranno rimesse al loro posto dopo che il tubo sarà interrato. Piuttosto che alleviare la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia, è meglio fermare tutto in attesa dell’istanza cautelare del 19 aprile.

Intanto, si registrano nuovi danneggiamenti in località San Basilio, a San Foca di Melendugno. La recinzione del lotto è stata divelta probabilmente dalle frange più estreme degli attivisti che si oppongono alla realizzazione dell’opera, mentre le strade di accesso al cantiere sono state bloccate. Eppure l’opera ha superato tutti i controlli ambientali e, anzi, era stata applaudita al momento del suo annuncio. Nel frattempo, gli ulivi già espiantati restano lì, senza poter essere messi a dimora.

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