Valentina Maio, miss nel pallone

A tu per tu con il presidente della Virtus Lanciano, approdata – con successo – nel mondo del calcio quasi per caso

Classe 1983 e regina del­la Serie B. Valentina Maio, approdata nell’universo del calcio giovanissima e “quasi per caso” nel 2008, ha dimostrato sul campo, è proprio il caso di dirlo, le proprie capacità guidan­do la storica squadra abruzzese della Vir­tus Lanciano prima alla salvezza in Pri­ma Divisione e poi dritta in serie B al ter­mine della stagione 2011/12. Un per­corso non banale, effettuato a tempo re­cord, ancor di più se si pensa che la so­cietà veniva da un doppio default (il primo nel 1992, con la squadra re­trocessa tra i dilettanti e la suc­cessiva mancata iscrizione al campionato di competen­za, il secondo nel 2008). L’avventura dei Maio nel team ha avu­to un inizio bur­rascoso: la fa­miglia abruz­zese, attiva nello smaltimento dei rifiuti, ha rileva­to la squadra sull’orlo del fallimento il 16 maggio del 2008. A Valentina è stata af­fidata la presidenza, al fratello Gugliel­mo il ruolo di vicepresidente. Nel giro di poche settimane la nuova gestione rie­sce ad assicurare il posto, a rischio, del­la Virtus Lanciano nel calcio professioni­stico, grazie al ripescaggio di luglio con cui la squadra si garantì la possibilità di continuare a giocare nella terza serie na­zionale. Tempo un altro anno e Valenti­na Maio sposa l’attaccante della Virtus Lanciano, Manuel Turchi, da cui ha avu­to due figli ed è in attesa del terzo. In­somma una vera impresa di famiglia che oggi impiega una trentina di persone. Con successo.

Si sarebbe aspettata un futuro simile?Non proprio. La mia famiglia ha inizia­to quest’avventura, non facile, quasi ca­sualmente; all’inizio è stato spiazzante. Ho dovuto imparare a conoscere un uni­verso a sé per regole, dinamiche e crite­ri di business. E, ancora oggi, continuo ad apprendere, giorno per giorno. Biso­gna cercare di sapere tutto quello che succede in campo e fuori; e tenersi ag­giornati anche sulle altre società. Ci ispi­riamo come modello di amministrazio­ne a squadre che si sono distinte per ri­gore e competenza, anche se la nostra è una società familiare. Lavoro con mio fratello Guglielmo e le decisioni le pren­diamo assieme. Ci avvaliamo di collabo­ratori storici e possiamo fare affidamento su un direttore sportivo molto competen­te, Luca Leone. Quest’anno, poi, abbia­mo avuto la felice intuizione e la fortuna di scegliere un allenatore come Marco Baroni: una persona intelligente che ha portato un approccio ancora più scienti­fico alla preparazione. Insomma entusia­smo e voglia di migliorare non mancano.

Ci sono stati problemi legati al fatto di essere una presidente donna, la prima dopo Rossella Sensi (alla Roma) e, in at­tesa di Barbara Berlusconi (al Milan), ancora unica in un mondo piuttosto ma­schilista come quello del calcio? In realtà sono sempre stata accolta benis­simo, ovunque. Ho sempre vissuto il mio impegno da presidente molto tranquilla­mente e senza alcun timore nell’affron­tare le sfide, e qualche trappola, tipiche dell’universo calcistico.

E il fatto di presiedere una squadra in cui gioca suo marito?Eravamo già fidanzati prima di assumere la presidenza della società. La gestione della situazione, da fuori, può sembrare complessa, ma non è così. Il ruolo lavorativo e quello famigliare sono nettamente separati. Nella Virtus Lanciano io sono il presidente e lui un calciatore; in famiglia siamo semplicemente moglie e marito.

Cosa significa presiedere una squadra di calcio?Non è come gestire una qualsiasi altra società. Mi spiego: nella gestione aziendale del team lo stesso valore di un gio­catore può variare, anche in modo signi­ficativo. Già questo fattore, al di là delle specifiche dinamiche del calcio, che pre­senta la necessità di gestire anche aspetti emotivi, permette di comprendere quan­to sia complesso trasferire “di peso” le esperienze di conduzione aziendale nel­la gestione del club. I modelli vanno adattati con intelligenza e flessibilità.

Quali investimenti avete fatto per ripor­tare in auge la Virtus Lanciano? Si parla di budget da 5 milioni di euro …Non amo parlare di cifre pubblicamen­te. Di certo gli investimenti che il cal­cio professionistico richiede sono ingen­ti e la categoria nella quale siamo dalla scorsa stagione, dove vogliamo rimane­re, esige attenzione e rigore nell’ammi­nistrazione delle risorse, soprattutto per una società piccola come la nostra.

Siete riusciti a trasferire, con i dovuti adattamenti, la vostra esperienza azien­dale nella gestione del team, per esem­pio sfruttando merchandising e soluzio­ni commerciali come i club inglesi?Certamente negli ultimi due anni abbia­mo notevolmente sviluppato il merchan­dising della Virtus Lanciano, ma la men­talità e la realtà italiana sono molto di­stanti da quelle del Regno Unito. Si pen­si solo che sono ormai quattro anni che stiamo lavorando, step dopo step, a un progetto per la costruzione di un stadio di proprietà, come fatto dalla Juventus, anzi firmato dallo stesso architetto del­lo Juventus Stadium, ma l’iter operativo e burocratico è ancora piuttosto lungo.

Il progetto, piuttosto ambizioso per una città di 36 mila abitanti, vi vede come unici interlocutori?No, stiamo coinvolgendo altri partner, di livello nazionale e internazionale, che ci aiutino a definire la parte commerciale e social dell’operazione. L’idea è quella di sviluppare, all’interno dello stadio e del­le sue aree complementari, attività di co­municazione, di aggregazione e più in generale sociali.

Qual è il team cui s’ispira?Mi rispecchio nella Juventus, nella storia famigliare che lega gli Agnelli alla squa­dra, come mi auguro sia un domani per la mia famiglia e per la Virtus Lanciano, e ammiro il coraggio dimostrato da Andrea Agnelli nell’assumere decisioni difficili all’interno della società.

Significa quindi che vede indissolubil­mente legati anche la famiglia Maio alla Virtus Lanciano e che non farete spazio a nuovi azionisti?Per ora la società è a completa gestio­ne familiare. Il futuro è tutto da scoprire e molto dipenderà da dove ci troveremo da qui … a qualche anno.

Dopo aver raggiunto tanti traguardi vede la serie A a portata di mano?Non la nominiamo nemmeno. La serie A è un’altra dimensione; un orizzon­te lontano che non vogliamo neanche guardare. Siamo abituati a ragionare per obiettivi, concreti, a breve e medio termine: la permanenza in B è il nostro prossimo traguardo.

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