Italia, Paese per (ma soprattutto di) vecchi. A cominciare dalle istituzioni universitarie. Stando infatti ai dati pubblicati dall’Annuario Scienza Tecnologia Società 2014 di Observa Science in Society, edito dal Mulino, solo un docente su otto ha meno di 40 anni (12,1%). Schiacciante il confronto con i principali Paesi Ue: in Francia i docenti sotto la quarantina sono almeno il doppio rispetto a quelli italiani (25,9%); in Gran Bretagna quasi il triplo (29,5%), mentre in Germania il gap è di quattro volte tanto (49,2). Scarsissima la presenza delle donne: comprendendo docenti e ricercatori, la quota non supera il 36,2% contro il 43,5% del Regno Unito, il 45,4% del Portogallo, il 54,7% della Lituania e il 58,7% della Lettonia.
Non va meglio sul fronte della ricerca: se si esclude il settore militare, l’investimento rispetto al Pil è di appena l’1,3%, ben sotto la media europea (1,9%) e dell’Ocse (2,4%). Sul fronte privato, l’azienda che investe di più in ricerca è sviluppo è la Fiat, con 2,175 milioni di euro. Ma è comunque poco se si pensa che la sua diretta concorrente, ossia Volkswagen, sborsa più del triplo.
E dire che in realtà i nostri ricercatori sono bravi: pur essendo il numero di quelli occupati (4,3 ogni mille occupati) di gran lunga inferiore rispetto ai colleghi europei (sette ogni mille occupati), l’Italia è ottava nel mondo per articoli pubblicati sulle principali riviste scientifiche e quarta per i progetti di ricerca finanziati dal “7° programma Quadro”.
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