Non è un bel quadro quello che emerge dall’ultimo rapporto Istat sulla situazione del Paese, caratterizzata da segni “meno” anche quando a prima vista sembrano “più”. Meno disoccupazione, oggi all’10,6%, ma a ben guardare è un dato che va considerato sullo sfondo di un altro, cioè che sempre meno persone cercano lavoro attivamente, e comunque resta ben al di sopra del 6,3% del 2008. Più assunzioni. Sì, ma il 64% del totale ha un contratto part time che non ha scelto. La qualità delle mansioni e delle retribuzioni poi è in costante calo, tale da generare il fenomeno del mismatch, quando cioè il mercato del lavoro non è in grado di assorbire professionisti qualificati. Non stupisce quindi, che negli ultimi dieci anni siano circa 420 mila gli italiani che hanno scelto di lasciare la Penisola. Di questi, circa la metà è costituita da giovani dai 20 ai 34 anni, di cui quasi due su tre sono in possesso di un livello di istruzione medio-alto.
L’Italia va male anche se confrontata con i Paesi dell’Ocse: nel Talent Attractiveness Indicator, elaborato confrontando i 35 Stati membri sulla base di parametri quali opportunità professionali, retribuzione, prospettive future, inclusività, qualità della vita e così via, lo Stivale non eccelle affatto. Siamo terzultimi nell’ottica della qualità delle opportunità offerte secondo l’opinione di lavoratori qualificati e penultimi nella stima degli imprenditori. Un dato che peggiora ulteriormente indicizzando la classifica per il parametro “tasse e reddito”, che vede l’Italia addirittura in ultima posizione nella percezione dei lavoratori qualificati. C’è da stupirsi se i cosiddetti cervelli cerchino altrove un modo per fa fruttare i propri talenti e soprattutto l’investimento in anni di studio e impegno? Non si tratta solo di capitale umano che non viene adeguatamente utilizzato, ma di risorse economiche importanti: ricercatori che scopriranno farmaci salvavita, scienziati che inventeranno nuovi materiali, educatori in grado di diffondere conoscenze superiori alle nuove generazioni, che produrranno reddito e opportunità di sviluppo industriale in un Paese che non sarà il nostro. Ci costa quasi l’1% del Pil, che il ministro Tria, durante un intervento presso la Luiss Business School del 16 luglio scorso, ha stimato in 14 miliardi di euro l’anno.
LA STRADA VERSO CASA
Per cercare di tappare almeno in parte questa falla indecorosa, e creare le condizioni affinché i nostri migliori talenti scelgano di rientrare in Italia, il pubblico ha fatto la sua parte con il DDL Bilancio 2017, garantendo un trattamento fiscale privilegiato ai docenti universitari, ai ricercatori e in generale ai professionisti che scelgano di tornare, andando a lavorare per un’azienda o un’università italiana. Ma non basta. Il rapporto PWC Talenti italiani all’estero: perché tanti partono e pochi ritornano mette il dito sulle piaghe dell’occupazione nel nostro Paese: contesto professionale non adeguato, retribuzioni basse, difficoltà di carriera, clientelismi e poca meritocrazia, instabilità economica. Condizioni che sono anche percepite come stabili, tanto che il 60% degli intervistati non ha mai provato a cercare lavoro in Italia da quando è all’estero. Modificare tale percezione diventa fondamentale per riconquistare la fiducia persa. In questo scenario si inserisce Talents in Motion, iniziativa presentata l’8 luglio scorso a Palazzo Giureconsulti a Milano, caratterizzata da una doppia finalità, per i partner (cioè le aziende) e per i talenti che la congiuntura economica e professionale ha spinto oltreconfine. Il progetto è promosso dal Forum per la Meritocrazia ed è partner di Linkedin, ma l’idea è di Patrizia Fontana (oggi Presidente di Talents in Motion), una lunga carriera alle spalle come head hunter, che da tempo accarezzava una visione, quella di ridare all’Italia la centralità progettuale e immaginativa che da sempre il nostro Paese ha rappresentato in Europa e nel mondo. Non solo un popolo di poeti, santi e navigatori, ma soprattutto un popolo di cervelli. Talents in Motion, però non punta solo a riprendersi i talenti in fuga, quanto ad attrarre professionisti brillanti da qualunque Paese del mondo.
DUE BINARI, UNA DESTINAZIONE
Talents in Motion gode del coinvolgimento attivo di realtà produttive e poli formativi d’eccellenza, come l’Università di Milano-Bicocca, Department of Biotechnologies and Biosciences, aziende leader nei rispettivi settori, come Sutter, Nexi, Avio, Heinken, Unicredit, Snam, e molte altre. Attualmente sono 40 i partner che hanno aderito al progetto, ma l’obiettivo è arrivare a 200. Dal canto loro, le aziende che hanno sposato il progetto si impegnano in un ciclo di attività impostato su una durata annuale, che punta a rinfrescare il work appeal del nostro Paese. Un vero e proprio Think-Tank che si riunirà periodicamente per discutere di temi specifici, che verranno articolati in una proposta di legge da sottoporre alle Istituzioni: Tax, Semplification, New Deal, per attirare nuovi talenti ma anche trattenere quelli che abbiamo; Competence shortage, Workforce Ageing and Future Jobs, per implementare la formazione e il capitale umano italiano o straniero che sia, in una visione prospettica; Custom CIAb incontri sui nuovi scenari in cui si gioca la battaglia della competitività e della qualità, sui nuovi trend e sulle skill richieste da un mercato del lavoro in rapida evoluzione. Alle tavole rotonde seguiranno gli incontri con i rappresentanti delle istituzioni per individuare le politiche di sostegno alla riqualificazione del mercato del lavoro. Una volta l’anno, inoltre, il Forum sarà il luogo di convergenza delle esperienze aziendali, professionali, accademiche per tirare le fila del lavoro svolto, verificarne l’efficacia in termini di visibilità del progetto, modifica della percezione del lavoro in Italia a livello globale, e dell’influenza presso le Istituzioni nel promuovere le iniziative e generare politiche adeguate.
D’altra parte, in Talents in Motion i professionisti potranno trovare un interlocutore con cui dialogare, che mette a disposizione contatti, risorse, progetti cui aderire e, naturalmente, posizioni interessanti dal punto di vista lavorativo. Cuore del progetto è, infatti, un hub digitale, che verrà ulteriormente implementato grazie alla partnership con LinkedIn, con una pagina dedicata. Il funzionamento non è dissimile ad altre piattaforme digitali che incrociano domanda e offerta di lavoro: a breve, sul sito Talentsinmotion.org, verrà attivata la possibilità per i professionisti di inserire un curriculum dettagliato, ed eventualmente consultare una rosa di posizioni già in attesa del cervello ideale. La differenza sta nell’affidabilità e nella qualità delle proposte. Lavoratori che hanno lasciato il Paese avranno una possibilità concreta di rientrare, fatto tutt’altro che utopico dato che dal rapporto PWC sopracitato è emerso che il 74% degli expats valuterebbe l’idea, a patto che vengano soddisfatte condizioni lavorative almeno non peggiorative rispetto a quelle di cui godono all’estero.
Articolo pubblicato sul numero di Business People, settembre 2019
© Riproduzione riservata