Spending review: la zona grigia dei giornali di partito

Testate finanziate dallo Stato con 330 milioni di euro, dal 1993 al 2003. Quando i confini tra finanziamenti di partito e costi indiretti della politica si sovrappongono

Il rapporto della commissione spending review di Carlo Cottarelli ha messo in evidenza come 25 testate abbiano ricevuto 330 milioni di soldi statali nel periodo tra il 1993 e il 2012. Secondo le stime, come riportato in un articolo di Sergio Rizzo, su CorriereEconomia di oggi, nel 2003 altri 90 milioni di contributi sono finiti nelle tasche di sei stazioni radio: più di 37 milioni di euro a Radio Radicale, 26 a Ecoradio, a Città futura circa 17, 5 milioni e mezzo invece a Veneto Uno, 3 milioni e 600 mila a Galileo e un milione e 300 a Onda Verde.

Questi dati, secondo il rapporto stilato dal gruppo di lavoro coordinato da Massimo Bordignon, sarebbero alcune delle numerose voci di quello che, secondo Rizzo, rappresentano «il più imponente sistema di finanziamento pubblico dei partiti» in Occidente. Una “zona grigia”, in cui i finanziamenti di movimenti politici si confonderebbero con costi indiretti della politica.

Il regime di ambiguità sarebbe stato favorito da un decreto legge del governo Monti (2012) che assegnava ai giornali un contributo in base alle tirature. Infatti l’indagine di revisione di spesa, attesta il rendimento di giornali di partito intorno al 90% rispetto al 22% di giornali come la Repubblica e Corriere della Sera.

«È una situazione anomala nel contesto internazionale», riferisce Cottarelli, nella quale si riscontrano altre sovrapposizioni fumose tra politica e interessi di altro genere. Ciò accade in «aree che raggiungono dimensioni rilevanti, generando una spesa strutturale probabilmente superiore alla portata dei finanziamenti diretti dei partiti», aggiungono Paolo Balduzzi, Marco Gambaro e Riccardo Puglisi, autori del rapporto. Sotto accusa le strutture di governo (centrali e periferiche), in cui dove le risorse pubbliche sarebbero usate in modo improprio in base agli interessi dei politici, e le società ed enti pubblici il cui numero supera quota 8 mila.

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