Cacciatrici di paesaggi

Andare alla scoperta dei panorami immortalati nel corso dei secoli dai maestri più famosi nei loro ritratti: è la missione, tra natura, arte e cultura, di una fotografa e una geologa sulle orme di Monna Lisa

Non capita tutti i giorni di scoprire che una collina immersa nella valle dove si è cresciuti sia protagonista di uno dei più importanti quadri del Rinascimento italiano. Eppure è quel che è accaduto a Rosetta Borchia, pittrice ed esperta di paesaggi, che nel 2006 mentre scattava alcune fotografie si è accorta di qualcosa. E cioè che il Monte Fronzoso, nella Valle del Metauro tra Urbania e Sant’Angelo in Vado (provincia di Pesaro-Urbino), assomiglia molto alla collina ritratta sotto il mento di Federico da Montefeltro nel Dittico dei Duchi di Urbino. Insomma, ha realizzato che a fare da sfondo a una delle opere più famose di Piero della Francesca, ora esposta agli Uffizi di Firenze, c’è il territorio del Montefeltro. L’intuizione si è trasformata in certezza quando a suffragarla sono arrivati gli studi geomorfologici di Olivia Nesci, geologa dell’Università di Urbino. È stata lei la prima persona che Rosetta ha pensato di contattare non appena quel dubbio ha iniziato ad assillarla.Dieci anni dopo, grazie a queste due donne, sappiamo che sono sette le opere di Piero della Francesca con paesaggi del Montefeltro marchigiano e romagnolo; al Ritratto di Federico da Montefeltro si è aggiunto quello di Battista Sforza e i Trionfi, sempre nel Dittico dei Duchi di Urbino, quindi i quadri San Gerolamo e un devoto, La Resurrezione, Il Battesimo di Cristo e La Natività. Ma non è finita, perché Rosetta e Olivia – che si sono guadagnate l’appellativo di “cacciatrici di paesaggi” – nel 2007 hanno fatto un’altra scoperta ancor più clamorosa: si tratta della Gioconda di Leonardo, nel cui sfondo le due studiose hanno riconosciuto il territorio di Pennabilli nel Montefeltro riminese, con il Roccione, il Monte Costagrande, l’abitato e il ponte sul Marecchia. Tutti dettagli documentati nel libro Il Codice P, atlante illustrato del reale paesaggio della Gioconda, pubblicato nel 2012 (ed. Electra-Mondadori), dopo che nel 2008 avevano dato alle stampe Il paesaggio invisibile. La scoperta dei veri paesaggi di Piero della Francesca (Ed. Il Lavoro Editoriale).

Come è iniziata quest’avventura?Borchia: Circa dieci anni fa, mentre scattavo fotografie. Nel ritrarre i paesaggi della Valle del Metauro, ho notato che il Monte Fronzoso era davvero simile alla collina sotto al mento di Federico da Montefeltro e così ho approfondito l’argomento. Se fossi stata sola, non mi avrebbe creduto nessuno. Così ho contattato una persona autorevole, la mia amica geologa Olivia Nesci. Insieme abbiamo scoperto che altri elementi dello sfondo descrivevano quel territorio; le stesse barche a vela erano davvero presenti a Urbania, nonostante si trovi in collina, come confermato dalle carte consultate negli archivi. Abbiamo svolto un lavoro interdisciplinare mescolando cultura, arte e scienze della terra.

Qual è stato il contributo scientifico? Nesci: Mi occupo di tecniche di ricerca geomorfologiche da circa 30 anni, e il territorio del Montefeltro lo conosco bene. Siamo partite con lo stesso obiettivo: verificare la corrispondenza tra quadro e realtà. Ci siamo mosse su binari paralleli dovuti alla diversità delle materie coinvolte, ma siamo arrivate alle stesse conclusioni: quei paesaggi nei quadri di Piero della Francesca appartengono al Montefeltro. Abbiamo lavorato partendo dal presupposto che il paesaggio dei dipinti rinascimentali sia una fotografia di quello reale, e non un’invenzione degli artisti come molti storici hanno sostenuto. Utilizzando la tecnica geomorfologica dell’analisi a ritroso, ho messo le mie conoscenze al servizio dell’arte e della cultura, studiando i terreni di quella zona e i loro cambiamenti nei secoli.

Poi è arrivato l’exploit con la scoperta del paesaggio dietro alla GiocondaB: È stata la Gioconda a venirci incontro, noi non l’abbiamo cercata. Mentre eravamo in Valmarecchia, nella zona di Pennabilli, per effettuare ricerche sull’ultimo quadro di Piero della Francesca, mi sono girata verso il fiume Marecchia e la Carpegna e lì mi è venuta una seconda intuizione. Olivia ha subito capito a cosa stavo pensando, era lampante. Lì c’è un pezzo della Gioconda, il primo piano a destra con il ponte, due rupi e il fiume.

È stato un lavoro complesso quello fatto sull’opera di Leonardo. Perché? B: Leonardo ha voluto ritrarre un paesaggio talmente grande da doverlo comprimere in alcune parti, mentre altre sono rappresentate come una topografia. Dietro la Monna Lisa c’è l’intero Ducato di Urbino, ma nel primo piano sulla destra si nota la Valmarecchia nel territorio di Pennabilli. Le nostre ricerche si sono poi incontrate con quelle dello storico Roberto Zapperi, che ha individuato nella Gioconda la dama di Urbino Pacifica Brandani, amante di Giuliano de’ Medici di Firenze, al quale diede un figlio chiamato Ippolito. N: Mi ricordo ancora quel giorno in cui lassù, tra gli appennini riminesi, iniziammo a pensare a questa possibilità. Leonardo non è lineare nella pittura come Piero; era un geologo, conosceva bene le conformazioni morfologiche, utilizzava la tecnica della compressione diseguale lavorando anche in prospettiva. È stato un lavoro davvero faticoso anche se straordinario.

TRAMPOLINO TURISTICO

Dalle scoperte delle “cacciatrici di paesaggi” è nato un progetto di marketing turistico e territoriale, Montefeltro Vedute Rinascimentali, che ha trovato il sostegno delle Regioni Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Umbria. A coordinarlo c’è Davide Barbadoro. «È un progetto di rilevanza internazionale, dove per la prima volta le scienze della terra si mettono al servizio della storia dell’arte, valorizzando un territorio», spiega. «Ho cercato di trasformare queste scoperte in un’opportunità per il territorio, pensando a un turismo ricercato, di chi apprezza mettere i piedi dove dipingevano Piero della Francesca e Leonardo». Barbadoro si è occupato di formare 30 guide, implementare la piattaforma Web (montefeltroveduterinascimentali.eu), rapportarsi con il mondo accademico, istituzionale e dell’associazionismo e ora è concentrato sulla creazione di un’app, oltre che sull’iniziativa dei balconi rinascimentali, da realizzare nei punti di osservazione scelti dai pittori. Qualche mese fa il progetto è stato presentato all’Istituto di cultura francese di Firenze, alla presenza della direttrice, del console onorario di Francia a Firenze, Isabelle Mallez, e di Neville Rowley, esperto di Piero della Francesca e docente all’École du Louvre di Parigi.

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