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Procreazione assistita, l’Ue boccia l’Italia

La Corte europea dei diritti umani si esprime contro la controversa legge 40: è incoerente e vìola il diritto al rispetto della vita privata e familiare

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«Cosi com’è formulata la legge 40 vìola il diritto al rispetto della vita privata e familiare». La Corte europea dei diritti umani si esprime, ancora una volta, contro la legge italiana che regola la procreazione assistita, la famigerata legge 40. Sotto accusa l’impossibilità, per le coppie italiane di accedere, anche se portatrici di malattie genetiche, alla diagnosi preimpianto degli embrioni.

Il verdetto, che diventerà definitivo entro tre mesi se nessuna delle parti farà ricorso alla Grande Camera, obbliga lo Stato italiano a versare 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali sostenute ad una coppia italiana: Rosetta Costa e Walter Pavan che nel 2006, in seguito alla nascita del loro primo figlio affetto da fibrosi cistica, scoprirono di essere entrambi portatori sani della malattia. Desiderando altri figli, i due (per i quali la probabilità di concepire un figlio malato è il 25%) avrebbero quindi voluto ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto. Ma, dato il divieto che vige nella legislazione italiana, decisero di ricorre contro lo Stato italiano davanti alla Corte europea.

Quindi la sentenza a favore della coppia pronunciato oggi dalla Corte europea dei diritti umani, che motiva la propria decisione sottolineando «l’incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni» in quanto allo stesso tempo un’altra legge dello Stato permette alle coppiedi accedere a un aborto terapeutico in caso che il feto risulti affetto da fibrosi cistica.

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