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Attualità

Cashback e Covid spingono gli italiani verso i pagamenti elettronici

Ben il 67% degli abitanti della penisola ha aumentato l’utilizzo di strumenti cashless negli ultimi mesi

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L’introduzione delle misure del Piano “Italia Cashless” e la pandemia Covid-19 hanno accelerato il trend di digitalizzazione dei pagamenti. Parla chiaro il Rapporto 2021 della Community Cashless Society, la piattaforma attivata da The European House – Ambrosetti nel 2015 che raccoglie alcuni tra i principali attori della filiera. Basti pensare che nel 2020 il valore delle transazioni con strumenti di pagamento cashless si ridurrà solo del 2% rispetto al -11,8% registrato nei consumi, con un tasso medio annuo di crescita che raggiungerà il +12,7% nel quinquennio 2021-2025 (a fronte del +10,1% del periodo 2015-2019).Un importante protagonista del cambiamento nelle abitudini di consumo è l’e-commerce – il cui valore è stimato in crescita del 12,1% nel 2020 e con prospettiva di superare i 100 miliardi di Euro nel 2025 (a fronte dei 35,6 miliardi di Euro del 2019) – che agisce da volano per i pagamenti cashless: infatti, se nel 2015 il valore del transato e-commerce era pari al 9,3% del valore delle transazioni con carte di pagamento elettroniche, tale quota raggiungerà il 24% nel 2025.

Dalla survey realizzata dalla Community Cashless Society, emerge inoltre che la percentuale di cittadini che preferirebbe utilizzare le carte o strumenti di pagamento cashless rispetto al contante è aumentata significativamente nell’ultimo anno, passando dal 59,7% nel 2020 al 75,5% nel 2021. Non solo. Il 67% degli italiani ha aumentato l’utilizzo di strumenti di pagamento cashless negli ultimi mesi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si osserva l’effetto più evidente tra i giovani, dove il 78,1% delle persone tra i 18-24 anni e il 73,7% dei cittadini tra i 25-30 anni dichiara di aver utilizzato maggiormente le carte o gli smartphone per i pagamenti. Merito anche del Cashback di Stato, (una delle misure chiave del Piano “Italia Cashless”): il 70% degli italiani dichiara di essere stato spinto a un utilizzo più frequente dei mezzi di pagamento elettronici e il 39% dichiara che ciò ha determinato anche un impatto sull’aumento dei propri consumi. Questi numeri evidenziano da un lato l’efficacia della misura nell’avvicinare i cittadini agli strumenti di pagamento cashless e, dall’altro lato, a sostenere la dinamica dei consumi in un periodo di crisi come quello che sta attraversando il Paese. Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, il Cashback di Stato attiva benefici che riguardano sia l’extra-gettito derivante dal supporto ai consumi, sia il recupero di sommerso e VAT gap che raggiungono i 9,2 miliardi di euro complessivi dalla sua introduzione fino al 2025. Tali benefici sono di tipo diretto dal 2020 al 2022 e di tipo indiretto – ovvero derivanti da comportamenti virtuosi abilitati dalla misura – negli anni successivi.

Le proposte d’azione per il 2021

L’attività della Community Cashless Society non si limita però a rilevare la situazione, ma va oltre propoendo delle “proposte d’azione” rigurdanti in particolare cinque ambiti: potenziare e monitorare il Piano “Italia Cashless”, rendere la P.A. cashless friendly, sostenere l’innovazione della filiera attraverso lo sviluppo del paradigma di open finance, potenziare i pagamenti cashless in ambiti che riguardano la quotidianità dei cittadini, come il trasporto pubblico locale e i fringe benefit, e promuovere una “cultura cashless” tra i cittadini.Tali proposte hanno l’obiettivo di integrare e potenziare il Piano “Italia Cashless”, anche alla luce delle evidenze dell’Osservatorio della Community che mostrano come il Paese abbia ancora molta strada da fae. L’Italia rimane, infatti, un’economia cash-based e tra le 35 peggiori economie al mondo per incidenza del contante su Pil (pari al 11,8%) nel Cash Intensity Index. Nel confronto internazionale, con un punteggio medio di 3,60 su 10 registrato nel Cashless Society Index, l’Italia resta ferma, per il quarto anno consecutivo, in 23° posizione su 28 Paesi Ue. Il divario dell’Italia dai best performer europei è riconducibile anche a una forte disomogeneità su base territoriale: il Regional Cashless Index vede confermarsi in prima posizione la Lombardia, con un divario che si riduce di 4 punti percentuali rispetto alla Basilicata, ultima a livello regionale. Si mantengono più marcati, invece, i divari tra le Città Metropolitane, misurate dal Metropolitan Cities Cashless Index: Milano, prima in classifica, ha un punteggio 2,5 volte superiore rispetto all’ultima (Bari).

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Photo by Clay Banks on Unsplash