Ocse, troppa tecnologia a scuola danneggia l’apprendimento

L’indagine Pisa 2012 rivela come le nuove tecnologie, da sole, non migliorino le competenze degli studenti: fondamentale la formazione degli insegnanti

L’Ocse lancia l’allarme: è sbagliato dare troppa fiducia al contributo di computer e Rete all’istruzione e, anzi, troppa tecnologia danneggia l’apprendimento. Lo dimostrano i dati dell’indagine Pisa 2012, che hanno rilevato come investire nelle nuove tecnologie nelle scuole senza puntare altrettanto e di più sui metodi “tradizionali” non ha contribuito a migliorare le competenze degli studenti.

IL DIVARIO RESTA. L’indagine si è basata su quei Paesi che più di altri hanno puntato all’Itc per innovare la scuola, quali ad esempio i Paesi Nordici, l’Australia e la Gran Bretagna. I test sulle competenze di lettura, matematiche e scientifiche degli studenti non hanno mostrato alcun miglioramento dopo l’introduzione dei mezzi informatici nelle classi, e non hanno avuto risvolti positivi in termini di contenimento e superamento del divario sociale. Un divario che è qualitativo: quantitativamente, infatti, può dirsi superato, dato che il 96% dei quindicenni del mondo ha accesso a un computer.

IN ITALIA. La situazione è tale anche in Italia, dove il 99% degli adolescenti ha almeno un pc in casa (contro una media Ocse del 96%), e passa su Internet più di un’ora e mezza al giorno. Meno, comunque, della media Ue, che per gli adolescenti si attesta sui 104 minuti. È al di sotto della media anche la quantità di “internet-dipendenti” tra i ragazzi italiani: passano più di sei ore in Rete il 5,7% dei quindicenni, decisamente meno del 7,2% segnato dalla media Ocse. Per quel che riguarda l’utilizzo della tecnologia a scuola, l’Italia resta indietro rispetto all’Europa: negli istituti italiani c’è solo un computer ogni quattro studenti, e solo il 66,8% degli alunni vi ha accesso (media Ocse 72%).

QUALE USO. Non che l’Itc abbia di per sé un’influenza sempre negativa, ma i buoni risultati si ottengono con un uso oculato e moderato della Rete. Gli studi evidenziano, infatti, che a ottenere benefici dall’utilizzo delle nuove tecnologie sono quegli studenti che ne fanno un uso limitato e di supporto alle attività di studio tradizionali: in tale caso, infatti, i loro risultati scolastici migliorano rispetto a coloro che non le utilizzano. L’uso deve però essere limitato: se, infatti, tali risorse sono impiegate per più di una-due volte a settimana, le prestazioni dell’alunno calano.

IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI. Non trascurabile è, inoltre, l’effetto distraente che la tecnologia ha sugli studenti, che spesso vedono utilizzare nelle classi strumenti nuovi impiegati con modalità di insegnamento ormai datate. Gli insegnanti non sembrano infatti ancora adeguatamente formati per diventare capaci di utilizzare l’Itc per arricchire il loro lavoro. A fare la differenza nell’acquisizione di competenze nell’era della Rete è infatti ancora il cosiddetto human engagement, la “vecchia” relazione umana tra docente e alunno, che la tecnologia dovrebbe valorizzare, non sostituire.

INVESTIRE IN FORMAZIONE. Gli studenti sembrano aver già acquisito da soli le chiavi per accedere al Web; quello che manca è la capacità di rendere la navigazione in Rete utile e proficua, in grado di migliorare le loro competenze di lettura digitale per esercitare il proprio senso critico e l’attitudine ad ottenere informazioni. A questo può porrei rimedio solo la scuola, che però si mostra ancora impreparata allo scopo. Fondamentale è quindi investire sulla formazione dei docenti, perché possano trarre vantaggio dal potenziale tecnologico e utilizzarlo per sviluppare l’intelligenze e le abilità degli studenti.

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