Nasce Polifab, a Milano l’officina delle nanotecnologie

Creata dal Politecnico di Milano, vanta una camera bianca da 400 mq e una strumentazione da 8 milioni di euro. Il target: ricercatori e aziende

Ancora una volta, la Lombardia si distingue per essere una Regione al passo coi tempi (e con il mercato). All’interno del Politecnico di Milano è stato ufficialmente inaugurato il Polifab: una sorta di officina del XXI secolo, destinata a diventare il regno dei balocchi per chiunque sia appassionato di nanoelettronica, fotonica, nanomagnetismo, spintronica, elettronica organica. In questo futuristico laboratorio studiosi, ricercatori e imprese potranno infatti condurre studi di frontiera di micro e nanoelettronica, realizzare microsistemi hardware e testarli. La struttura è dotata di un’avveniristica camera bianca da 400 mq, a bassissima concentrazione di particelle dell’atmosfera. Molto ricca anche la strumentazione, ereditata dai laboratori dismessi Pirelli Labs, dal valore di 8 milioni di euro.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA. “Oggi, il 90% delle start up è concentrata sui software. Il ricercatore che sviluppa un progetto deve aspettare che qualcuno, all’esterno, costruisca il suo prototipo, non può agire direttamente”, spiega Lucio Pinto, presidente di Fondazione Cife che ha contribuito alla nascita di Polifab. “Un laboratorio come questo, con una camera bianca, permette invece di fare technology transfer direttamente, senza più aspettare”. Il Polifab sarebbe già operativo: tra i progetti avviati, biosensori per la diagnostica in medicina, nuove componenti per il fotovoltaico, memorie magnetiche e circuiti neuromorfi.

UNA PALESTRA PER RICERCATORI E IDEE. “È una palestra per i ricercatori, ma non solo”, aggiunge Andrea Lacaita, direttore del nuovo centro. “Qui è possibile testare se le idee hanno le gambe per diventare prodotti e muovere i primi passi. Gli strumenti di cui disponiamo, infatti, permettono di fare non solo prototipi di dispositivi, ma anche pre-serie di livello industriale. Si va ben oltre la proof of concept: si può arrivare alla soglia dell’industrializzazione. Si lavora su scala micro, ma si può arrivare fino a una risoluzione di 20 nanometri”.

INVESTIMENTO DA 10 MILIONI. Per realizzare Polifab, l’Ateneo milanese ha investito di 2 milioni di euro, che si aggiungono agli 8 milioni del valore dell’attrezzatura. “Mettere in piedi oggi, in un contesto di finanziamento pubblico alla ricerca molto contenuto, una cleanroom di questo tipo richiede coraggio, perché il suo mantenimento è oneroso”, continua Lacaita, “ma già i primi risultati ci dicono che il tessuto industriale è reattivo. Conoscevamo i rischi fin dall’inizio, ma conosciamo anche la creatività e le competenze dei ricercatori coinvolti, in grado di trovare i canali europei di finanziamento, molto selettivi”.

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