L’arcobaleno al dito

Meno banali dei diamanti, più costose di una Ferrari. Le gemme colorate come la tormalina stanno vivendo la loro prima giovinezza. Ecco perché

Secondo un’antica leggenda egizia la tormalina, prima di diventare una gemma famosa, era una pietruzza qualunque, che però un giorno salì su un arcobaleno che dal centro della terra la portò al sole. Nel viaggio ne assorbì i colori e finì per diventare la gemma dai colori misti. Di pietre come la tormalina se ne trovano tante: a poche decine di euro nel mercatino sotto casa, come a cifre da Ferrari Testarossa alle aste più prestigiose al mondo. Ecco: quello che sta succedendo nel mercato delle gemme preziose è la crescita di popolarità e, quindi, di prezzo, delle pietre “alternative”, quelle che non t’aspetti.Un raro esemplare di Tormalina “Paraiba” da 29,79 carati (un carato equivale a 0,2 grammi) accerchiato da una quarantina di diamanti da 4,25 carati l’uno e montato su un anello, è stato venduto in Italia a 130 mila euro. Dell’acquirente si sa che molto probabilmente è una donna in carriera del nord Italia di mezza età, che si è voluta fare un regalo per celebrare il suo status. Secondo il Club degli orafi, l’associazione che raggruppa i commercianti di oro e preziosi più rappresentativi del mercato, la compravendita delle gemme rare non conosce crisi. In Italia questo settore vale 50 milioni di euro: una bella cifra se si considera che da noi non si vendono che qualche centinaia di pietre all’anno per prezzi unitari che vanno dai 100 mila euro in su. E ciò che conta è che questa è una nicchia che non è stata neanche sfiorata dalla crisi dei consumi dell’ultimo biennio. «Fino agli anni ‘80», spiega Alessandra Ceccuzzi, erede di terza generazione della Dino Ceccuzzi, il marchio di una storica gioielleria italiana di Busto Arsizio in provincia di Varese, “la domanda di gioielli esclusivi era pressoché dominata dall’interesse per le pietre preziose tradizionali, e cioè diamanti rigorosamente incolori, rubini, smeraldi e zaffiri. Negli ultimi anni si è diffusa tra i gioiellieri italiani una cultura più approfondita delle gemme e il mercato ha cominciato a capire che le pietre preziose non erano soltanto quelle tradizionali, ma anche certe qualità di pietre colorate come tormalina, tanzanite e alessandrite, e i diamanti colorati detti “fancy”, che a seconda del taglio, della dimensione, della trasparenza, e della rarità possono valere più di un diamante».Un contributo di rilievo alla diffusione in Italia della cultura delle gemme, è arrivato proprio dal padre della Ceccuzzi, Bruno, che nella seconda metà degli anni ‘70, assieme a un altro esponente della gioielleria di alta gamma, Gianmaria Buccellati e in collaborazione con alcuni docenti di geologia della Università statale di Milano, ha fondato l’istituto gemmologico italiano. Da allora l’istituto ha “promosso” 500 gemmologi in Italia, gli unici che hanno le qualifiche necessarie per certificare le gemme e sanno maneggiare le attrezzature ottiche del settore.Solo però da qualche anno si sta muovendo un gruppo di gioiellieri esperti impegnati a promuovere la cultura delle gemme colorate. Il loro compito è quello di spiegare che ci sono tormaline e tormaline. Ci sono quelle del mercatino e ci sono quelle che per rarità, grandezza e purezza raggiungono livelli estetici sbalorditivi, da superare un “normale” diamante. E che i tempi stanno cambiando lo dimostra anche l’attenzione alle pietre colorate di marchi più popolari come Pomellato e Breil: la prima le usa già da anni per impreziosire i suoi prodotti, la seconda invece si è orientata verso le gemme più di recente.Nel mercato delle semipreziose (agata, topazio, occhio di tigre o corniola) opera invece un altro storico marchio milanese, anch’esso giunto alla terza generazione: la boutique Pellini, che ha impreziosito per anni le passerelle di Fendi, Lacroix, Mugler e Gigli. In questo caso però il gioiello assume il suo valore non tanto per il tipo di materia prima utilizzata, quanto per l’originalità della lavorazione di ciascun elemento che lo compongono, sia esso il metallo, la pietra o la resina. Donatella Pellini manager e creativa dell’azienda, arriva addirittura a “farcire” o “impreziosire” pezzi di resina con pagliuzze d’oro, semi, polveri, materiali cangianti, fotografie, immagini di dipinti famosi.

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