Divorzio? No, grazie. C’è la crisi

Per effetto della recessione, gli italiani cercano di evitare i costi di separazione. Oppure vanno all’estero

Anche l’istituzione del matrimonio risente gli effetti della crisi economica: ormai si taglia su tutto, persino sui divorzi e sulle separazioni. È quanto emerge dall’ultima ricerca Istat secondo la quale, per la prima volta dal 1995, il tasso delle rotture è sceso rispetto all’anno precedente. Nel 2012 le separazioni sono state 88.288, i divorzi 51.319: quasi 509 separazioni e 2.500 divorzi in meno rispetto al 2011. La recessione dunque consiglia di tenersi stretto il proprio partner o, se proprio non si può fare a meno, di lasciarsi all’estero. Là – pare – le spese sono inferiori tant’è vero che in Spagna nel 2012 sono state registrate proprio 500 separazioni italiane. Una cifra che, guarda caso, va a compensare il disavanzo segnalato dall’Istat. “La tendenza c’è, ma stiamo attenti”, conferma Linda Laura Sabbadini, direttore del Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell’Istat, “bisogna considerare la contrazione dei matrimoni in termini assoluti, il turismo divorziale e il periodo particolare che stiamo vivendo”. Quanto al resto dei dati Istat, la durata media di un matrimonio è 16 anni anche se crescono gli addii classificati come “veloci”, ossia dopo sette anni di unione (dal 4,5% al 9%). In aumento anche le separazioni di coppie nelle quali uno dei due coniugi ha oltre 60 anni. In media, un uomo divorzia a 47 anni, le donne a 44. I matrimoni religiosi dimostrano più tenuta di quelli civili.

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