Dalla smart city allo smart country

Oltre 90 miliardi di euro. Tanto si risparmierebbe ogni anno se il nostro paese mettesse in pratica le linee guida dell’agenda digitale. E il Pil potrebbe aumentare del 10% entro il 2030. A guidare il cambiamento deve essere una cabina di regia centrale sulla base delle best practice locali. Ecco l’Italia che potrebbe essere. Grazie a internet e alle nuove tecnologie

Nel centro di Sant Cugat, piccolo Comune della Catalogna a circa 30 chilometri da Barcellona, i bidoni della spazzatura non sono quasi mai stracolmi. Merito di alcuni sensori elettronici che, non appena i contenitori si riempiono, segnalano all’azienda dei rifiuti la necessità di svuotarli, inviando un messaggio a un sistema centrale computerizzato. E così, in questa municipalità della Spagna, i camion dell’immondizia difficilmente girano a vuoto e svolgono sempre in maniera efficiente il loro servizio, che è un pilastro fondamentale del decoro urbano. Investendo in alcune applicazioni tecnologiche come quella appena descritta, Sant Cugat oggi si sta trasformando in una smart city, cioè in una città intelligente dove la qualità della vita è in crescita e rappresenta l’obiettivo numero uno delle autorità. L’esperienza del Comune catalano non è però un caso isolato visto che, in tutta Europa e in tutto il mondo, oggi ci sono migliaia di piccoli e grandi centri urbani, da New York a Singapore, passando per Vienna o Amsterdam, che stanno tentando di diventare smart. Ogni città ha messo in cantiere diversi progetti, che però hanno un denominatore comune: l’utilizzo delle nuove tecnologie per accrescere l’efficienza dei servizi pubblici, favorire gli spostamenti dei cittadini, ridurre l’inquinamento e rendere più gradevole e salubre l’ambiente urbano. Sistemi computerizzati per il controllo del traffico o per la gestione dell’illuminazione, enti pubblici che usano Internet per dialogare con gli utenti o servizi di telesorveglianza per accrescere la sicurezza: sono queste soltanto alcune delle innovazioni con cui molti centri urbani del pianeta oggi vogliono diventare intelligenti. «Il concetto di smart city si è sviluppato in concomitanza con due fenomeni», spiega Claudio Forghieri, direttore scientifico di Smart City Exhibition, una manifestazione che si svolge ogni anno alla fiera di Bologna e che è interamente dedicata alle città intelligenti. Il primo fenomeno, secondo Forghieri, è l’avvento dell’era di Internet e delle comunicazioni mobili, che oggi permettono a miliardi di persone in tutto il pianeta di scambiarsi con facilità un’enorme mole di dati e di informazioni. Il secondo fenomeno è lo sviluppo della sensoristica, cioè l’insieme di tecnologie (come quelle usate per la gestione dei rifiuti a Sant Cugat) che consentono di rilevare dati sull’ambiente circostante, per esempio sull’inquinamento e sul traffico, condividendoli poi con l’intera comunità cittadina, attraverso gli smartphone o i tablet. Grazie a questo mix di fattori, la vita di alcuni centri urbani sta vivendo (o ha, nella maggior parte dei casi, l’occasione di vivere) una vera e propria rivoluzione che rappresenta anche un volano per fa ripartire la crescita economica e per aprire le porte a una nuova stagione di benessere. Investendo nello sviluppo delle smart city circa 50 miliardi di euro da qui al 2030, per esempio, in Italia si otterrebbe una crescita del Pil di circa il 10%, per un valore complessivo attorno ai 160 miliardi.

LE CITTÀ PIÙ SMART D’EUROPA

  1. Lussemburgo(Lussemburgo)

  2. Aarhus (Danimarca)

  3. Turku (Finlandia)

  4. Aalborg (Danimarca)

  5. Odense (Danimarca)

  6. Tampere(Finlandia)

  7. Oulu (Finlandia)

  8. Eindhoven(Olanda)

  9. Linz(Austria)

  10. Salisburgo(Austria)

Fonte: www.smart-cities.eu Vienna University

A dirlo è uno studio realizzato lo scorso anno per conto della multinazionale tedesca Abb dal gruppo di consulenza The European House-Ambrosetti, che ha lanciato anche un invito alle autorità del nostro Paese: bisogna «creare una governance nazionale di tutti i temi smart», in modo da indirizzare l’azione e comporre i diversi interessi trasversali presenti nel Sistema Italia e capaci di dare un contributo su questo fronte. Ci vuole, insomma, una vera e propria cabina di regia a Roma che si ponga un obiettivo ben più ambizioso della semplice creazione di qualche città intelligente sul territorio della Penisola. La sfida principale consiste probabilmente nel riuscire a trasformare tutta l’Italia in un vero e proprio “smart country”, cioè in un Paese in grado di puntare sull’innovazione in molti settori dell’economia e della vita sociale. La comunità cittadina, intesa come l’insieme di tutti i residenti in un determinato centro urbano, rischia dunque di rivelarsi un ambito un po’ troppo limitato per mettere in atto questo tipo di programmi. Del resto, non va dimenticato che, ogni giorno, i capoluoghi di regione o di provincia italiani sono affollati di gente che vive altrove e che si sposta verso la metropoli per i più svariati motivi, personali o di lavoro, usufruendo di molti servizi che invece ai residenti interessano poco. A Milano, per esempio, ci sono i pendolari che arrivano dall’hinterland, a Bologna quelli provenienti dalla provincia emiliana, mentre Roma è popolata giornalmente di turisti che giungono da tutta Italia e da ogni angolo del mondo intero. Di conseguenza, per creare una società e un’economia più smart, bisogna seguire preferibilmente un approccio globale.

La pensa così anche Donatella Sciuto, professore ordinario di Architettura dei calcolatori e dei sistemi operativi al Politecnico di Milano e pro-rettrice dell’ateneo, che sottolinea come questo obiettivo di coordinamento delle politiche per l’innovazione «sia alla base anche dell’Agenda Digitale, di cui lo sviluppo delle città intelligenti rappresenta uno dei pilastri fondamentali». L’Agenda Digitale (Adi), per chi ancora non la conoscesse, è un insieme di misure e di obiettivi approvati nella scorsa legislatura dal governo Monti (con il Decreto Crescita 2.0) per avviare un processo di grande sviluppo e ammodernamento dell’economia, della società e della pubblica amministrazione italiane, puntando proprio sulle nuove tecnologie. Oltre alla creazione delle smart city, per esempio, tra i target fissati dall’Adi ci sono anche lo sviluppo delle transazioni elettroniche e del commercio via Internet (e-commerce), il rafforzamento dei servizi on line o digitali della pubblica amministrazione (e-government), gli incentivi alla ricerca nel settore dell’information e communication technology (Ict) oltre all’accrescimento delle competenze informatiche dei cittadini. Si tratta di sei linee di azione che, se perseguite con convinzione e con successo, dovrebbero trasformare l’Italia in una nazione davvero smart, con molti benefici per la crescita economica del Paese. A misurare il potenziale impatto sul Pil nazionale di queste politiche (per le quali sono stati stanziati 3,5 miliardi di euro di investimenti nel 2013) ci hanno già pensato diversi istituti di ricerca, tra cui l’Osservatorio sull’Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano che, qualche mese fa, ha snocciolato cifre e dati ben precisi.

(SI VEDA L’APPROFONDIMENTO: QUANTO IL PAESE POTREBBE RISPARMIARE)

L’utilizzo massiccio dei pagamenti elettronici, per esempio, darebbe un colpo all’evasione fiscale, portando nelle casse dello stato 35 miliardi di euro in più all’anno. Altri 25 miliardi circa di maggior valore per l’economia sarebbero invece generati dall’aumento della produttività del lavoro nelle imprese e negli enti statali. Quest’ultimo risultato si otterrebbe soprattutto se la pubblica amministrazione venisse digitalizzata e cominciasse a usare internet su larga scala, per dialogare con i cittadini, per erogare i propri servizi e per modernizzare le proprie procedure. Anche il portafoglio dei consumatori, però, ne trarrebbe grande vantaggio: l’istituto di ricerca I-Com, per esempio, ha stimato attorno ai quattro miliardi di euro i risparmi di spesa potenziali che gli italiani otterrebbero con la digitalizzazione di tutti i servizi pubblici, dalla sanità all’istruzione fino alla sicurezza e alla giustizia. Secondo gli studiosi del Politecnico, invece, lo sviluppo del commercio elettronico consentirebbe alle famiglie di comprare molti beni e servizi a prezzi inferiori, per un totale di tre miliardi di euro all’anno (con un risparmio medio di 1.500 euro per ogni nucleo familiare). Sommati alle altre voci di risparmio si tratta di oltre 90 miliardi di euro. Numeri incoraggianti, che dovrebbero spingere le autorità del nostro Paese a mettere in cantiere al più presto l’Agenda Digitale, vista la situazione difficilissima in cui si trova oggi l’economia della Penisola. Purtroppo, però, va ricordato che l’Italia presenTa dei ritardi strutturali sul fronte dell’innovazione che non sarà facile colmare in breve tempo. Nel nostro Paese, per esempio, la quota di abitazioni collegate a Internet è ancora inferiore alla media europea (67% contro 76%) e la velocità delle connessioni alla rete era pari nel 2010 a soli 22.675 Kbit al secondo, che corrisponde un quarto o a un quinto rispetto a quella che si registra in altre nazioni del Vecchio continente. Per questo, secondo Sciuto, sul fronte della smart economy la realtà italiana è un po’ a macchia di leopardo. «In alcune città, ci sono esperienze interessanti e d’avanguardia, messe in cantiere dagli enti locali, che si accompagnano però a forti ritardi in altre aree geografiche», dice la professoressa del Politecnico. Ora, la speranza è che in questa legislatura si apra una fase nuova anche se, purtroppo, ci sono delle avvisaglie non particolarmente confortanti. Riguardo al tema delle smart city, per esempio, secondo Forghieri non è stato ancora individuato un ministro del governo Letta che svolga il ruolo di referente per chi vuole avanzare proposte e lanciare idee su questo fronte. È una lacuna un po’ strana visto che, nella squadra dell’esecutivo, c’è anche Graziano del Rio, attuale ministro per gli Affari regionali, sindaco di Reggio Emilia ed ex presidente dell’Anci (associazione nazionale comuni italiani). Proprio sotto la guida di Del Rio, lo scorso anno l’Anci ha creato un osservatorio sulle smart city, che sta lavorando da mesi a pieno regime.

I PARAMETRI DELLO SVILUPPO. SEI MODI DI DIRE….

… SMART EconomyProduttività del lavoro, tasso di imprenditorialità, flessibilità del mercato delle professioni…SMART EnvironmentSalvaguardia dell’ambiente, tasso di inquinamento ridotto, attrattività delle condizioni naturali…SMART GovernanceQualità dei servizi pubblici e sociali, tasso di trasparenza del governo, partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche …SMART LivingSicurezza dei cittadini, qualità dei servizi sanitari, qualità dell’edilizia residenziale, attrattività turistica, sostegno all’istruzione e alla cultura …SMART MobilityAccessibilità della città dall’estero, sistema di trasporti efficiente e sostenibile, disponibilità di infrastrutture di Information e communication technology (Ict)…SMART People Tasso di partecipazione della popolazione alla vita pubblica, livello di istruzione, di creatività e di qualificazione professionale, comunità multietnica, cosmopolitismo

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