«Una manovra a tenaglia durata anni e finita con una piroetta mortale». È quanto portato avanti da alcuni membri della famiglia Burani, in particolare da Walter e Giovanni Burani, condannati lo scorso febbraio a sei anni di carcere per bancarotta fraudolenta aggravata (il pm ne aveva chiesti nove) nell’ambito del crac di Mariella Burani Fashion Group. A scriverlo il giudice Piero Gamacchio, presidente della terza sezione del Tribunale di Milano, nelle motivazioni della sentenza. In qualità di «socio unico del gruppo» i Burani avrebbero infatti raccontato «frottole al mercato con comunicazioni sociali» valorizzando il prezzo in Borsa affinché non scendesse di valore. Un «quadro di frode veramente molto articolato e profondo» cominciato nel 2007 e finita solo con l’Opa parziale. In mezzo una serie di azioni che hanno configurato un rapporto anomale con il mercato fatto di «alterazione del quadro informativo offerto» anche «in occasione di alcune significative operazioni straordinarie, come, l’acquisto carta contro carta di Mandarina Duck, nella quale era sottaciuta l’esistenza di opzioni put a favore degli acquirenti di azioni Antichi Pellettieri».
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