Mancano i soldi, 11 milioni di italiani rinunciano a curarsi

Nel 2012 erano 9 milioni. Le categorie più penalizzate sono gli anziani e i Millennials

Nel 2016, 11 milioni di italiani sono stati costretti a rinunciare o posticipare le cure mediche, per mancanza di soldi. A sottolineare gli effetti della crisi economica sulla sanità è la ricerca del Censis commissionata dalla società privata Rbm Assicurazione Salute, presentata a Roma in occasione del sesto Welfare Day. Stando ai dati, a dover rinunciare alle cure sanitarie sarebbero soprattutto gli anziani (stimati in 2,4 milioni di unità) e i Millennials (2,2 milioni di persone), ossia le persone nate tra la metà degli anni 80 e i primi anni del 2000. Complessivamente, si tratterebbe di 2 milioni di italiani in più rispetto al 2012 (9mln). «È chiaro che il Sistema Sanitario deve fare i conti con la grave crisi economica che le famiglie stanno vivendo e che questa indagine Censis ci conferma la necessità di difendere l’aumento previsto del Fondo Sanitario per il 2017/18, che intendiamo utilizzare tra l’altro per sbloccare il turn over», commenta Beatrice Lorenzin, ministro della Sanità. «Deve essere chiaro a tutti che non si possono fare le nozze con i fichi secchi».

IL BOOM DEL TICKET. A incidere è anche l’aumento del ticket sanitario: il rincaro è tale che spesso il prezzo della prestazione privata equivale al costo del ticket, o comunque è di poco superiore, come segnala il 45,4% degli intervistati. La percentuale è superiore di 5,6 punti percentuali rispetto al 2013. Ma a spingere verso la sanità privata sarebbero anche altri due fattori: le interminabili liste di attesa e l’apertura delle strutture in orari più congeniali. Stando alla ricerca, nell’ultimo anno 7,1 milioni hanno fatto ricorso all’intramoenia e la ragione principale sarebbe stata proprio la lista di attesa (66,4%). Da qui, la crescita delle spese sanitarie private: dal 2013 al 2015 è cresciuta del +3,2% toccando quota 34,5 miliardi di euro, ossia il doppio dell’incremento, pari al +1,7%, registrato per la spesa complessiva per i consumi delle famiglie.

BOCCIATA LA QUALITÀ. Resta poi ancora aperto il problema della qualità del servizio sanitario. Solo per il 13,1% degli italiani sarebbe migliorata, mentre per il 45,1% la situazione nella propria regione sarebbe peggiorata: la percentuale schizza al 68,9% nel Mezzogiorno e al 56,1% al Centro, mentre scende al 41,3% al Nord-Ovest e al 32,8% al Nord-Est. Inoltre nel 2016 ben 5,4 milioni di italiani avrebbero seguito prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici che si sono rivelati inutili. Tuttavia la maggioranza (oltre il 51,3%) non è disposta a sanzionare i medici, nonostante il diritto a loro riconosciuto dalla legge. «Il decreto sull’appropriatezza incontra l’ostilità dei cittadini, che sostengono la piena autonomia decisionale del medico nello stabilire le terapie, anche come baluardo contro i tagli nel sistema pubblico», si legge nella ricerca del Censis.

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