Cda sotto esame

Ecco le pagelle delle società quotate in borsa: perché una buona governance serve per centrare gli obiettivi, aiutare l’impresa e uscire dalla crisi

Pagelle per i top manager italiani: tutti promossi o quasi. I primi della classe? Sono quelli di Intesa Sanpaolo: la squadra guidata da Corrado Passera riesce a far funzionare il consiglio di amministrazione meglio di quanto sappiano fare tutte le altre grandi aziende italiane. Voto? Sette e mezzo. Peccato infatti che ci siano alcuni consiglieri con troppe cariche: un errore da matita rossa, secondo le regole della buona governance, altrimenti sarebbe un dieci e lode. A stilare la classifica è uno studio del Politecnico di Milano e di Universoft in collaborazione con Key2People Governance: sotto esame sono finite 290 società quotate alla Borsa di Milano. Obiettivo: eleggere i più bravi. Voto massimo: 10. La prima della classe fra le Blue Chip, Intesa Sanpaolo si ferma a 7,7, seguita da Snam Rete Gas al secondo posto con (7,6), poi a ruota Alleanza (7,5) ed Enel (7,4). I vertici hanno dovuto superare una serie di prove, sette per l’esattezza, che riguardano la composizione e il funzionamento del Cda, la remunerazione dei suoi membri, ma anche la tutela degli azionisti e la gestione del rischio aziendale. Nessuna lode per quest’anno: si scopre infatti che anche i migliori capitani d’azienda possono migliorare. L’amministratore delegato di Snam Carlo Malacarne, per esempio, guida con agilità il suo gruppetto di otto, ma alle riunioni non ci sono sempre tutti e mancano quelle dedicate ai consiglieri indipendenti. Dettagli, non c’è dubbio, per un gruppo che produce un utile netto di quasi 600 milioni di euro. Ma la commissione d’esame tiene conto di tutto. Alleanza, per fare un altro esempio, non fornisce informazioni adeguate sulla presenza dei consiglieri ai comitati, mentre in Enel, per finire, non è possibile esprimere il voto a distanza.Vanno peggio le società a minore capitalizzazione: più della metà di quelle quotate nel segmento Star della Borsa di Milano è sotto il 6. Promosse a pieni voti, invece, il gruppo industriale Ansaldo, poi Bolzoni (carrelli elevatori) seguita dal fashion group Aeffe. Chiude il quartetto di testa Elica (cappe da cucina). E per tutte una nota sul registro: alle riunioni di consiglio non sempre c’è piena affluenza e, soprattutto, mancano i momenti di confronto fra i membri indipendenti. Centrare gli obiettivi«Troppo spesso, in Italia, la corporate governance è vista come un apparato di norme e vincoli da rispettare e non come un’opportunità per crescere e creare valore: ci sono ancora molte reticenze davanti alla necessità di una maggiore trasparenza» afferma Maurizia Iachino Leto di Priolo, partner di Key2People e direttore delle attività di governance. Dare i voti al governo delle aziende è una pratica molto diffusa all’estero, mentre da noi rappresenta una novità. Ma l’obiettivo non è fare la lista dei buoni e dei cattivi. Al contrario: il Corporate governance index permette alle aziende di capire dove sono posizionate e come possono migliorare la loro gestione. Insomma: uno stimolo a imitare le best practice e uno strumento per allineare l’organizzazione interna agli obiettivi di lungo termine dell’impresa. Ma non solo: rating alla mano, gli investitori dispongono anche di nuove informazioni per valutare l’allocazione delle loro risorse.«La crisi attuale ha avuto molte cause» prosegue Maurizia Iachino «alcune legate alla mancanza di chiarezza di governo, altre alla remunerazione del top management. I banchieri americani, per esempio, erano incentivati a prendere rischi: percepivano bonus e stock option che, per come erano strutturate, li spingevano a gonfiare i risultati a breve termine, adottare politiche di credito spericolate e creare prodotti finanziari sofisticati ma slegati da qualsiasi valore reale». È per questo che oggi la scommessa di recuperare fiducia passa anche per la governance perchè la «sicurezza che un’impresa sia ben guidata, rispetti le regole, adotti comportamenti corretti e renda trasparenti le sue decisioni, può sostenere l’imprenditorialità necessaria alla crescita economica». I board più costosi

Ma quanto costa mantenere un Consiglio d’amministrazione? Quello della Fiat è il più caro: più di 15 milioni di euro l’anno. Molto o poco? In proporzione al suo fatturato non è neppure lo 0,3 per mille. Il board di Pirelli vale invece 12 milioni di euro, ovvero l’1,8 per mille delle vendite, mentre gli amministratori di Atlantia si portano a casa quasi 11 milioni ogni anno, il 3 per mille dei ricavi. Questo e altro emerge da ReDi, il database con la remunerazione di direttori e consiglieri delle imprese quotate, realizzato da Politecnico, Universoft e Key2People. Fra la top ten delle società che meglio retribuiscono i loro consiglieri troviamo poi Telecom, Cementir, Mediaset, Saras, Luxottica, Italmobiliare e infine Indesit. Tuttavia, sedere nel board non sempre è sinonimo di superstipendio. Anzi. In Italia capita spesso che un consigliere indipendente non arrivi ai 20 mila euro l’anno. Cosa impensabile invece a Londra o Berlino. In generale, far funzionare l’intera macchina del vertice costa in Italia 2 milioni di euro l’anno: molto meno, in rapporto alla dimensione aziendale, di quanto avviene in media nelle aziende inglesi o tedesche. In ogni caso, il peso dei supermanger sul bilancio della loro azienda non arriva al 4 per mille del fatturato e al 3 per cento del margine operativo (Ebitda). In Italia sedere nel Cda di un’azienda significa guadagnare mediamente 250 mila euro l’anno. Forse i manager farebbero meglio ad andare a Londra: chi ha tra i 45 e i 55 anni può guadagnare fino a 670 mila euro, mentre i consiglieri over 65 percepiscono in media 175 mila euro. Le donne? Sono solo il 5% e vengono retribuite meno degli uomini. Ma questo non fa più notizia. Nella busta paga, fatta quasi esclusivamente di emolumenti (non ci sono infatti benefit, bonus o altri compensi) avere una laurea pesa poco o nulla: i top manager che si sono fermati alla licenza superiore guadagnano in media più di 250mila euro, tanto quanto i loro pari livello che hanno invece trascorso la vita sui banchi di business school e facoltà di economia (260 mila) e più degli “avvocati” (167 mila).

Qualche numero

2 milioni di euro

Costo medio annuo di un cda in Italia

250 mila euro

Guadagno medio annuo di un consigliere in Italia

670 mila euro

Guadagno medio annuo di un consigliere 45- 55enne in Uk

175 mila euro

Guadagno medio annuo di un consigliere over 65 in Uk

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