Se per gli imprenditori d’Europa la mancanza di skill dei lavoratori e la Brexit sono due delle sfide principali del 2020, per quelli italiani non sono fonte di grande preoccupazione. È quanto emerge dall’indagine annuale che Eurochambres, associazione europea di Camere di commercio e Industria, ha condotto su oltre 53mila industriali. Nel dettaglio, il 37,47% degli intervistati ha dichiarato di temere la mancanza di competenze dei lavoratori: ebbene, in Italia questa percentuale si è fermata all’11,8%. Si tratta del dato più basso in assoluto. Per quanto riguarda l’impatto della Brexit, si tratta di una sfida per il 16,35% degli impresari europei contro l’1% di quelli italiani: in questo caso dietro di noi c’è solo l’Ungheria. I nostri connazionali non temono particolarmente nemmeno la domanda straniera: se la media europea è del 17,03%, quella italiana è del 9,8% (siamo al terzultimo posto). E che dire del tasso di cambio? Anche in questo caso siamo ultimi in Eu.
Secondo molti esperti, soprattutto sottovalutare l’impatto della Brexit e la mancanza di competenze dei lavoratori è un grosso errore. Infatti, l’export tricolore in Gran Bretagna vale più di 27 miliardi di dollari. Non solo. Il surplus commerciale, ossia la differenza fra quello che si esporta e quello che si importa, con Londra è molto alto, pari a circa 14 miliardi di dollari. E che dire della formazione dei dipendenti? Le ricerche dicono che si tratta di un problema sempre più impattante.
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