L’indipendenza passa dalla conoscenza

L’educazione finanziaria è l’arma principale contro la violenza economica, per questo a Torino Giulia Grignani e Marta Andrate hanno fondato la onlus Kermasofia

Kermasofia: L'indipendenza passa dalla conoscenzaLe fondatrici di Kermasofia: Giulia Grignani (a sinistra) e Marta Andrate (a destra)

È una violenza sottile, spesso taciuta perché non viene percepita come tale, dal momento che non lascia segni visibili. Retaggio di una cultura e di una società che (piaccia o no) non esistono più, alcune delle consuetudini di un tempo che fu sono però ancora oggi dure a morire. Si tratta della “violenza economica”, e altro non è che un aspetto della più ampia violenza sulle donne e sulle categorie fragili in generale. A Torino è bastato cominciare a parlarne e a promuovere iniziative di educazione finanziaria e prevenzione alla violenza economica, perché in poco tempo si manifestasse l’interesse ad approfondire la propria consapevolezza finanziaria, arrivando a coinvolgere 180 persone durante il primo anno di attività. Lo raccontano Giulia Grignani e Marta Andrate, due consulenti finanziarie che nell’ambito della loro professione si sono prima imbattute nell’ignoranza generalizzata su questo tema, e poi si sono accorte che questa mancanza di conoscenza su argomenti finanziari colpisce innanzitutto le persone più vulnerabili, che diventano così maggiormente dipendenti dal controllo altrui.

Nasce da qui, dalla constatazione di questa grande esigenza a cui dare risposta, l’intuizione di Kermasofia, la start up costituita nel 2023 sotto forma di impresa sociale da Giulia (che ne è la Ceo) e Marta, insieme ad altre due professioniste (una project manager e una media manager). Il nome è già un programma e si ispira al greco antico. «È l’unione tra kerma – la monetina – e sofia – la conoscenza, perché il nostro impegno è quello di diffondere l’educazione finanziaria alle persone che ne hanno più bisogno, come strumento di empowerment, emancipazione e maggiore autonomia» spiega Giulia Grignani. Che specifica che cosa si intenda quando si parla di violenza economica: «Qualsiasi forma di controllo nella gestione del denaro da parte di un’altra persona, e nella stragrande maggioranza dei casi è un uomo a perpetrarla nei confronti di una donna».

D’altronde, ci sono i numeri a dirlo. «In Italia», continua Grignani, «abbiamo il 45% di non occupazione femminile in età lavorativa, comprendendo in questa percentuale sia le disoccupate che le donne che hanno rinunciato a cercare un lavoro. Il livello di de-bancarizzazione femminile è pari al 37%, significa che più di una donna su tre non è intestataria di un conto corrente personale». Non è finita: «L’Italia è il penultimo Paese Ocse per livello di cultura finanziaria e solo una donna su quattro è alfabetizzata dal punto di vista finanziario». E qui, secondo le fondatrici di Kermasofia, sta uno dei punti della questione. «Il conto corrente è uno strumento di indipendenza», incalza la nostra interlocutrice Grignani, «e senza un lavoro è difficile avere una fonte di reddito che lo possa incrementare. Se è vero che la maggioranza delle persone che fanno la spesa alimentare sono donne, significa che quattro volte su dieci queste, per farlo, devono chiedere i soldi al marito o al compagno. E significa che gli devono chiedere anche qualcosa in più per andare dal parrucchiere, acquistare un nuovo paio di scarpe, fare un regalo a un’amica…». Una richiesta di permesso tanto persistente quanto necessario, e per questo fortemente umiliante; una richiesta di permesso che si rende spesso inevitabile, dal momento che «in Italia una donna guadagna in media il 31% in meno di un uomo», rileva Grignani.

«L’ignoranza sulle materie finanziarie è un prerequisito della violenza economica», commenta Marta Andrate, «basti pensare a quante donne si auto-escludono da questi temi pensando di non essere abbastanza istruite a riguardo, e che tanto se ne è sempre occupato il marito o il compagno. C’è un eccesso di timore nel confrontarsi con il denaro, che ancora viene percepito come qualcosa di sporco. Per questo è fondamentale portare avanti un’azione preventiva, ed è quello che stiamo facendo allargando la nostra rete anche a livello regionale e coinvolgendo enti del Terzo Settore e professionisti di varie categorie». D’altronde, fa notare Marta Andrate, «se vale il principio che non occorre affidarsi al fai-da-te su temi fondamentali come la salute, lo stesso discorso deve valere anche per la gestione dei soldi, che sono un aspetto essenziale della vita quotidiana».

Tra gli obiettivi futuri di Kermasofia, c’è quello di coinvolgere il mondo delle scuole perché – continua Andrate – «l’educazione finanziaria non è materia scolastica, ma si possono ugualmente attivare progetti dedicati a riguardo». Certo, «servirebbero risorse regionali o nazionali stanziate per questa finalità», ed è proprio per questo che si parla «di un nuovo approccio culturale che deve essere portato avanti». Quel che fa Kermasofia è innanzitutto organizzare corsi di formazione con un linguaggio semplice e comprensibile a tutte e tutti, proprio per rendere accessibili i temi finanziari. «Non parliamo e tanto meno proponiamo prodotti commerciali, non è questo l’obiettivo dell’educazione finanziaria», chiarisce Andrate, «che invece punta a fornire gli strumenti utili per poter prendere decisioni economiche e valutare con più cognizione di causa le proposte di natura finanziaria che vengono sottoposte».

Ma un altro impegno di Kermasofia è quello di abbattere i muri di diffidenza e di paura che possono allontanare le persone dalla gestione del denaro, e da qui prestare il fianco a situazioni di violenza economica. «Ci siamo rese conto», aggiunge Grignani, «che in Italia esistono ancora numerose distorsioni sulla concezione del denaro, che ancora viene percepito come un fattore negativo che genera ansia nel momento in cui si pensa alla sua gestione. Dal punto di vista dell’approccio culturale, siamo impegnate a spiegare che il denaro è semplicemente uno strumento per raggiungere un obiettivo, e qui il tema del potere in termini positivi è fondamentale. Perché promuovere l’empowerment, e in particolare l’empowerment femminile, significa favorire l’autodeterminazione e l’indipendenza delle donne, che ha come requisito imprescindibile una propria autonomia economica, evitando qualsiasi tipo di controllo».


Articolo pubblicato su Business People di settembre 2024. Scarica il numero o abbonati qui

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