DEI Lighthouse Programme: 5 fattori per diffondere l’inclusione in azienda

Gli investimenti a favore della DE&I nel 2026 arriveranno a superare i 15 miliardi di dollari. Ma, anche se non mancano gli effetti positivi, bisognerà attendere ancora diverso tempo per raggiungere il risultato finale

DEI Lighthouse Programme© iStockPhoto

Le parole non bastano più. È tempo di passare dalle parole ai fatti e di misurare concretamente quanto le politiche di inclusione predisposte dalle aziende per annientare i pregiudizi impattino sul mondo del lavoro. L’obiettivo è ambizioso, anche per la difficoltà nella raccolta dei dati. La novità è che adesso si può contare su uno strumento in più – il DEI Lighthouse Programme –  destinato a diventare un vero e proprio paradigma per chi vuole capire quanto le sue politiche sulla diversity, equity e inclusion siano davvero efficaci.

Come funziona il DEI Lighthouse Programme

Il nome del programma, la dice lunga sugli obiettivi che si propone: lighthouse. Come un faro nella notte, aiuta i naviganti a raggiungere la terraferma in sicurezza, così il DEI Lighthouse Programme vuole aiutare a identificare che cosa funziona e perché nel dare vita a una realtà aziendale più libera dei preconcetti e dai pregiudizi. L’ambizione del programma è fornire, alla dirigenza e ai capi del personale, strumenti efficaci ed esempi virtuosi che possano aiutare a costruire un organico aziendale dove inclusione e completamento siano le parole chiave. Certo, a parole sembra facile, la pratica è più complessa. Ma, come si sa, l’unione fa la forza e, etniche nell’ambito del World Economic Forum, è stata istituita la Global Party Alliance, alla quale partecipano 24 grandi realtà imprenditoriali a livello globale, specializzate in diversi settori, ma con un obiettivo comune: fare in modo che nelle aziende cadano tutti i muri possibili legati al pregiudizio.

A tirare le fila è McKinsey & Company, che ha anche stilato il primo report sullo stato dell’arte per quanto riguarda la Diversity, Equity & Inclusion la livello globale, evidenziando a che punto siamo e in che direzione si debba operare per migliorare.

Wordkay Diversity, Equity & Inclusion

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Perché gli investimenti nella Diversity, Equity & Inclusion non funzionano (ancora)

La brutta notizia è che, nonostante gli sforzi messi in campo, la strada è ancora lunga. Ma la volontà c’è, eccome. Nel solo 2020 sono stati spesi a livello mondiale 7,5 miliardi di dollari per investire nella DE&I. Questa cifra supererà i 15 miliardi nel 2026. Ma, allora, cosa non funziona? La risposta è complessa e parte dal fatto che spesso si va avanti in ordine sparso, complice anche una buona dose di ingenuità e il fatto che, purtroppo, alcune diversità sono più semplici di altre da affrontare. O, quanto meno, vengono considerate più prioritarie.

Certo, secondo i calcoli fatti su compagnie inglesi e americane, conviene armarci di tutta la pazienza possibile, perché gli executive team impiegheranno circa 29 anni per colmare il gender gap e almeno 24 anni per raggiungere la parità fra differenze etniche. Per uguaglianze razziali e quelle riguardanti l’identità sessuale, i tempi si allungano addirittura. Dati alla mano, i progressi della DE&I a livello globale sono lenti. Basti pensare che dal 2016 al 2022 la percentuale di donne nei ruoli di alta dirigenza è salita appena dal 33,3% al 36,9%. E parliamo di uno dei temi più sensibili e sotto gli occhi di tutti. Verrebbe quasi da citare il titolo di un celebre romanzo degli anni 50 e ammettere che, per vedere un mercato del lavoro più giusto e meno in balia di pregiudizi e preconcetti si dovrà attendere da qui all’eternità. Eppure, non bisogna demordere, perché i risultati aumentano di anno in anno e, soprattutto, si moltiplicano gli strumenti e soprattutto aumentano gli effetti positivi sulle dinamiche aziendali.

5 fattori che contribuiscono a diffondere la DE&I in azienda

Il DEI Lighthouse Programme, in particolare, ha identificato cinque fattori che, indipendentemente dall’azienda che li ha implementati, hanno portato risultati tangibili in termini di impatti che siano quantificabili, ma soprattutto che durino sul lungo termine. Una vera e propria “ricetta dell’inclusione”, validata fra 15 delle aziende più importanti al mondo, diverse fra loro per settore di competenza, organico totale, target di riferimento e differenza da correggere.

  1. Il primo passo, secondo il Lighthouse Programme, è capire se nella propria azienda ci siano problemi a livello di inclusione e da che cosa siano dettati. Sembra un assunto quasi banale, ma proprio perché la Diversity, Equity & Inclusion si esprime su più direttrici è importante capire se ce sia una su cui siamo più carenti. Per superare questo step, una buona soluzione è quella di andare direttamente alla fonte, ossia ai propri dipendenti, sottoponendo loro sondaggi per capire se ci sia un problema e da che cosa sia causato. E, nel malaugurato caso in cui i problemi siano più di uno, prendere coscienza del fatto che non si possono affrontare tutti in un’unica soluzione, ma che bisogna dare la precedenza a quelli che vengono giudicati i più impattanti.
  2. Il secondo passaggio consiste nell’avere ben chiaro dove si vuole arrivare. Porsi degli obiettivi che possano essere misurabili e di cui si possano comunicare i risultati conseguiti è fondamentale non solo per il raggiungimento dei propri fini, ma anche per dare la giusta carica al team e creare un clima di sostegno al cambiamento. Per capire realmente dove si possa arrivare, è necessario comprendere dapprima quale sia l’entità del problema e, in secondo luogo, quanto la propria realtà aziendale impiegherà per essere sensibilizzata a una sollecitazione del genere.
  3. Il terzo punto si può riassumere così: l’esempio viene dall’alto. Avere una dirigenza fortemente motivata a fare di questa sfida una priorità aziendale, la movimentazione delle risorse adeguate a partire dalla loro incorporazione nei piani trimestrali e nella pianificazione annuale di un’azienda. Non si parla solo di denaro, ma anche del tempo e delle figure professionali che possono guidare in modo virtuoso questo processo, attingendo non solo dall’organico aziendale, ma, se la situazione lo richiede, anche da risorse esterne. Proprio perché l’esempio viene dall’alto, bisogna che le alte cariche aziendali si prendano le proprie responsabilità. Il Ceo e gli alti dirigenti, oltre a gestire il budget, devono farsi portavoce di questo cambiamento, perché così si incoraggiano i dipendenti a seguire il loro esempio.
  4. Il quarto passo da compiere consiste nello sviluppare soluzioni che vadano alla radice del problema. Facendo un esempio pratico, se si investe sul coaching per risolvere la diversity dovuta al gender, poi si dovrà controllare che questa misura abbia realmente sradicato di pregiudizi che possono verificarsi nelle assunzioni o in altre scelte che possono svantaggiare determinate categorie. Il vero cambiamento, infatti, è quello che si estende alla mentalità di tutti i dipendenti, che vanno equipaggiati e incoraggiati a tal proposito.
  5. In ultimo, la parte più difficile: misurare i progressi fatti, partendo dagli obiettivi che ci si era prefissati, senza desistere se i risultati non dovessero essere all’altezza delle aspettative. Coltivare e favorire la diversità e l’inclusione è un processo che richiede tempo e costanza. Inoltre, misurare i risultati è la migliore cartina di tornasole per capire se si stia sbagliando qualcosa o quali siano i passaggi su cui bisogna ancora lavorare. Insomma, con i cari, vecchi kpi non si sbaglia mai.

Questo articolo è tratto dallo speciale Diversity, Equity & Inclusion di Business People di giugno 2023, scarica il numero o abbonati qui

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