Case Green, per l’Italia servono 1.000 miliardi di euro

Un'analisi di Deloitte evidenzia come rendere green gli immobili italiani secondo le direttive UE costerà parecchio

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Adeguarsi alle direttive UE sulle case green non sarà facile e soprattutto economico, per l’Italia. Stando ad uno studio realizzato da Deloitte, per riqualificare il patrimonio immobiliare degli edifici italiani potrebbero servire investimenti che si avvicinano ai 1.000 miliardi di euro.

L’analisi presentata nel corso dell’evento “Greenhouse Legislation: black hole or pink future per il Real Estate italiano?”, previsto per oggi presso la sede di Deloitte a Milano, ha fatto emergere infatti come 8 edifici residenziali su 10 siano obsoleti e per rendere la direttiva europea potrebbero occorrere tra gli 800 e i 1.000 miliardi. Il parco immobiliare è costituito da più di 13 milioni di edifici, l’89% ad uso residenziale, ma di questi oltre l‘83% risulta costruito prima del 1990 e il 57% prima degli anni ’70.

L’obsolescenza è considerata la principale causa di inefficienza energetica ed è proprio per questo che la Commissione Europea ha promosso la direttiva “Energy Performance of Building Directive”.  «Rendere la direttiva europea Case Green un’opportunità di crescita per il Paese è possibile – è il parere di Claudio Scardovi, Partner Deloitte responsabile per M&A e Private Equity – Per farlo, però, serve una soluzione sistemica capace di indirizzare le criticità patrimoniali ed economiche che la direttiva potrebbe far ricadere sui cittadini e sul sistema bancario in assenza di una strategia coordinata. Serve, dunque, un piano programmatico che coinvolga developer e costruttori, investitori istituzionali e retail e il sistema bancario, con il contributo mirato dello Stato, a supporto del built environment del Paese e di un settore strategico per la competitività e per il benessere di tutta l’Italia».

La nuova legislazione entrerà in vigore il 28 maggio e stabilisce misure che i governi europei dovranno attuare per fare passi avanti per abbattere i consumi e le emissioni di CO2. L’obiettivo è sempre quello della neutralità climatica entro il 205o. Ogni Stato membro potrà declinare la normativa in maniera autonoma, ma almeno il 55% del calo dell’energia deve derivare dalla ristrutturazione degli edifici con classi energetiche meno efficienti. Un’operazione non semplice per l’Italia, dove gli immobili classe F e G sono oltre il 60% – contro il 45% della Germania, il 25% della Spagna e il 21% della Francia.

Fonte: Deloitte

«Il parco immobiliare residenziale italiano rappresenta circa il 55% della ricchezza complessiva delle famiglie Italiane – è il commento di Angela D’Amico, Real Estate Sector Leader di Deloitte Italia – Per questo, è necessaria una strategia per far sì che la direttiva non si trasformi in un buco nero, ma, al contrario, diventi un’opportunità. Si tratta di un processo lungo e articolato che chiama in causa tutti i soggetti in campo – famiglie, imprese, banche e investitori istituzionali – e che deve essere affrontato sotto il profilo tecnico, giuridico e finanziario insieme. L’adeguamento del patrimonio immobiliare alle previsioni della direttiva EPBD richiederà, infatti, soluzioni tecniche non solo per i singoli edifici, ma anche a livello infrastrutturale. Renderà necessarie soluzioni giuridiche sia per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, sia per quelli connessi alla proprietà che, in ambito residenziale, in Italia è tra le più frazionate in Europa. Necessiterà, infine, del supporto di nuovi strumenti finanziari che, tuttavia, non potranno prescindere dalle dinamiche di mercato, già influenzate da molti fattori, tra cui quelli demografici e di trasformazione della società. Su queste basi, ciò che si prospetta è una grande opportunità per la trasformazione immobiliare».

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